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La resistenza dei lavoratori di Gioia Tauro e il silenzio della stampa nazionale

Circa una settimana fa era stato sospeso il blocco di 5 giorni del porto di Gioia Tauro in vista della ripresa, il 13 marzo, della trattativa con la Mct, l’impresa terminalista che gestisce da decenni lo scalo.

Oggi la trattativa sulla pesante vicenda dei 400 portuali di Gioia Tauro licenziati dalla Medcenter è ripresa. E’ l’ennesima tappa di un braccio di ferro con l’azienda che, prima ancora che i sindacati, vede agire sulla questione dei reintegri autonomamente gli operai. Questi ultimi, infatti, stanno dando vita ad una nuova ‘autonomia operaia’, nata all’ombra delle delusioni subite nel corso degli anni dai sindacati a cui viene imputata una certa arrendevolezza rispetto ai diktat dell’azienda terminalista.

Uno degli argomenti che ritorna a più riprese nel corso delle conversazioni con chi lavora nel porto è quello della dignità del lavoro e del rispetto dei lavoratori e delle loro famiglie. Una dignità rivendicata a partire dal fatto che questi operai, entrati al porto da giovani, hanno negli anni lavorato con ritmi serrati e risultati da record, tanto da essere paragonati nei resoconti della stampa ai lavoratori cinesi.

L’altro termine è, invece, delusione per le aspettative di vita e di lavoro sfumate, per il dover vivere in balia delle onde. E l’altro ancora è rabbia per un sindacato che si voleva più combattivo e per il fatto che in questa lotta anche quando nella prima settimana di marzo ci sono stati ben 5 giorni di blocco del porto, con assemblee permanenti e picchetti ai cancelli, la loro storia, la cronaca dei fatti, ben coperta a livello locale, è stata quasi del tutto oscurata a livello nazionale, come se il caso Gioia Tauro non esistesse.

Eppure questi portuali, oggi non più giovani e segnati da un lavoro pesante che non tutti conoscono veramente, hanno fatto di tutto per non finire nel girone degli invisibili; si sono dati da fare, hanno cercato di sensibilizzare le realtà locali, diffuso volantini nei paesi, parlato con la gente, scritto comunicati, indetto conferenze stampa per informare.

Poi il sei marzo, anche grazie alla promessa della ripresa della trattativa di oggi, i circa 1200 portuali hanno ripreso a movimentare container, con la speranza che una parte dei loro compagni di lavoro licenziati potesse tornare al lavoro.

Dall’incontro di oggi in prefettura a Reggio non sanno cosa aspettarsi, vi è il timore che si tratti di un incontro in cui i sindacati si piegheranno per l’ennesima volta lasciando soli i lavoratori che da mesi vivono sospesi nel limbo della dimenticanza.

Tuttavia, nonostante tutto, rimane il fatto che in una delle zone del Sud da sempre sotto i riflettori molto più per la cronaca nera, questi lavoratori, a prescindere dall’invisibilizzazione decisa dagli organi di stampa a livello nazionale, hanno aggiunto qualcosa di importante alla voce ‘resistenza agli abusi di potere’.

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