La “questione operaia” – o, più esattamente, del lavoro dipendente – era stata quasi rimossa dalla discussione politica. Spesso anche nei settori che si dicono “antagonisti”. E invece, nella realtà sociale e persino nei dati statistici più adulterati, resta questione centrale. Per dimensioni sociali, durezza dello scontro, ripercussioni sull’intero ordine politico-produttivo-sociale.
Non stupisce, dunque, che all’intervento operaio venga dedicata particolare attenzione da parte di chi lavora concretamente, ogni giorno, alla costruzione di un blocco sociale che possieda un orientamento politico chiaro, insieme realistico e rivoluzionario.
Radio Città Aperta ha realizzato un’intervista a Michele Franco, in vista della presentazione di Orme Rosse, foglio di orientamento della Rete dei Comunisti che verrà presentato martedì 27 giugno alle 18 a Roma, via Galilei 53.
Con noi al telefono abbiamo Michele Franco. Ciao Michele.
Ciao, buongiorno.
Una breve presentazione del nuovo numero di Orme Rosse, che vuole essere un vero e proprio strumento di collegamento, orientamento, intervento diretto nelle lotte operaie, nei conflitti nei posti di lavoro e nelle vertenze sociali del territorio. Quali sono i contenuti di questo numero?
Vi dico subito che se martedì c’è la presentazione a Roma mercoledì, ce n’è già un’altra in programma a Caserta nella sede della Rete dei Comunisti in via San Carlo. Orme Rosse, di cui ormai siamo al quarto numero – vorrei che questo fosse evidente agli attivisti, ai compagni che ci ascoltano o che lo leggono – non è un foglio che serve esclusivamente all’organizzazione dei soggetti sociali .. Per questo tipo di lavoro esistono già strutture sindacali, strutture sociali che fanno un egregio lavoro. Penso a tutta l’attività del sindacalismo conflittuale, della confederalità sociale. Quello che noi avanziamo con Orme Rosse è un ragionamento sul mondo del lavoro, sulla classe operaia, sul mondo dello sfruttamento plasmato sul territorio, su come si configura in Italia, in Europa, dunque su come sia possibile, per una forza dichiaratamente comunista, quale è la Rete dei Comunisti, avanzare una proposta di discussione e di organizzazione. Organizzazione, naturalmente, per quei soggetti che emergono dal conflitto sindacale, dal conflitto sociale e pongono anche il tema, oneroso, enorme, della trasformazione sociale, quindi anche dell’organizzazione dei comunisti. Questa è un po’ la scommessa che come Orme Rosse stiamo provando a fare. Noi guardiamo le vertenze, guardiamo le lotte ma cerchiamo anche di intravedere la possibilità di un pronunciamento in avanti, la possibilità di una soglia politica più avanzata di dibattito, di organizzazione, che vada oltre il terreno vertenziale, locale e in definitiva, il mero terreno sindacale.
Questa fase sembra caratterizzata dalla frammentazione dello stesso mondo dei lavoratori rispetto alla possibilità di difendersi dallo strapotere dei padroni, degli imprenditori, che hanno quasi la possibilità di fare quello che vogliono…
Certo… È chiaro che oggi il conflitto del mondo del lavoro, il conflitto sociale, è completamente espunto sia dall’agenda politica, sia dalla narrazione che fanno i media mainstream. Noi vogliamo, con il tentativo che stiamo facendo, da un lato supportare, dare forza, voce, alle vertenze sociali e sindacali, ma, nello stesso tempo, ci sforziamo di far avanzare queste stesse vertenze e, soprattutto, gli elementi politici che emergono da queste vertenze in direzione della costruzione di un blocco sociale e quindi in direzione di una possibile trasformazione dello stato di cose presenti, che poi è la vera ragione sociale dei comunisti. Oggi, se deve esistere una forza comunista organizzata, o trova radici, ispirazioni, nel mondo del lavoro, oppure… E quando dico il mondo del lavoro non mi riferisco esclusivamente alla grande fabbrica, ma all’intera gamma con cui oggi si configura la moderna filiera dello sfruttamento: dai magazzini della logistica ai supermercati, dal precariato diffuso al nuovo lavoro precario impoverito di tipo intellettuale. Ossia a tutte quelle forme che oggi vivono sulla propria pelle la ferocia della ristrutturazione capitalistica. In questo i comunisti possono trovare una loro ragione d’essere e quindi con Orme Rosse – un ulteriore strumento con cui si dota la Rete dei Comunisti, insieme al suo sito, insieme al quotidiano Contropiano – andiamo, diciamo così, a colmare un altro aspetto della battaglia politica a tutto tondo di un’organizzazione come la nostra.
Hai parlato della logistica e del rapporto che c’è col resto del mondo del lavoro; con questa solo con la produzione, ma con la circolazione del capitale. Quanto si può prevedere che pesi, a livello non soltanto locale questa componente?
E’ evidente che oggi la logistica – o meglio, l’intera filiera della logistica – assume un ruolo importante dentro l’attuale configurazione della produzione; perché le merci devono circolare, devono circolare velocemente. I magazzini e le aziende devono essere costantemente riforniti. Spesso agiscono con la tipologia del just in time, cioè con poche merci che arrivano velocemente, a seconda della richiesta del mercato, perché le aziende non possono accumulare molte scorte, molte merci, perché non se lo possono consentire. In questo tipo di comparto esiste uno sfruttamento che è quasi schiavistico. Si va dalle figure immigrate, impegnate prevalentemente nel Nord Italia, ai disoccupati sfruttati nel sud, come per esempio ci ha fatto scoprire recentemente la vicenda di Avellino, dove giovani locali vengono pagati 600-700 euro al mese per lavorare di notte, senza diritti, senza nessuna pretesa. Quindi, intervenire in questo circuito con lo sciopero, con i picchetti, cercando di strappare accordi che diano diritti, rappresentanza, dignità a questi lavoratori, significa da un lato fare un’egregia azione di tipo sindacale, ma, nello stesso tempo, significa mettere una zeppa in un meccanismo fondamentale per quella che anche altri compagni hanno definito “la moderna catena del valore”.
Bene Michele, noi ti ringraziamo. Ci vediamo martedì a Roma, mercoledì a Napoli.
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