La seconda ondata della pandemia si sta abbattendo con violenza con tutto il suo carico di sofferenza e incertezza sull’Italia. E nel bel mezzo della più grave emergenza sanitaria del secondo dopoguerra, si apre con mirabile tempismo la grande offensiva contro il lavoro.
Non bastava la pubblicazione della quasi 400 pagine della “nuova catechesi” della Confindustria targata Bonomi, contenente esplicite richieste di destrutturazione dei contratti, di mano libera sui finanziamenti, di scuola plasmata sui bisogni delle imprese.
Adesso anche dal Governo, attraverso il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, arrivano pessimi segnali proprio quando il Covid-19 imperversa più forte che mai lungo tutta la penisola: l’apertura alla revoca del blocco dei licenziamenti emesso a marzo scorso. E non bastano a cancellare un’uscita tanto improvvida e slegata dalla realtà, le vaghe parole dette da Gualtieri domenica.
Deve essere chiaro che lo sblocco dei licenziamenti da un lato porterebbe in poco tempo all’azzeramento dell’occupazione, specie nei settori fortemente colpiti dalla pandemia, come per puro esempio l’intero comparto turistico o il trasporto aereo già flagellati dall’espulsione di migliaia di precari e di lavoratori autonomi; dall’altra invece permetterebbe alle controparti datoriali di approfittare del miglior alibi del millennio per aprire un numero indefinito di procedure di licenziamento collettivo anche in quei settori che non hanno subito grandi danni o che non hanno mai smesso di produrre durante tutti gli ultimi mesi.
Qualsiasi esponente del Governo non può non sapere che tali procedure non richiedono il vincolo di un accordo ma, una volta giunte al temine del periodo di moratoria previsto, permettono l’invio delle lettere di licenziamento; quindi si tratterebbe del miglior strumento di pressione e ricatto nei confronti dei lavoratori per aggredire salari e diritti. La tentazione di fondo dell’Esecutivo sembra essere proprio quella di non opporsi alla possibile ecatombe per la classe lavoratrice, di far pagare a essa la crisi, alla faccia della tenuta sociale che dovrebbe essere uno dei più importanti obiettivi per un Paese nelle condizioni in cui si trova l’Italia.
Con altrettanto insopportabile tempismo, nel mezzo delle proteste abbastanza sottotono sollevate da Cgil, Cisl e Uil, spunta la proposta, fatta dagli stessi sindacati, di bloccare gli aumenti salariali nel rinnovo dei contratti, a partire da quello dei metalmeccanici pur di sventare tale pericolo, ovvero esattamente il terreno sul quale i padroni vogliono portare il confronto del tutto a loro favore.
L’onnipresente presidente Bonomi infatti rincara la dose chiedendo che il Sure, il fondo speciale finanziato dalla UE a sostegno dell’occupazione, non sia impiegato in sostegno al reddito ma investito in “politiche attive”, espressione tanto intrigante quanto assolutamente inutile da sempre, stante la ferma impermeabilità delle aziende private ad aderire a queste politiche. Un segnale che conferma che in questa guerra la nuova Confindustria non intende fare prigionieri.
Con la scelta di non bloccare i licenziamenti in un contesto di questa eccezionalità, questo governo si assume una grave responsabilità e va dalla parte sbagliata. Bisogna andare dalla parte opposta: non solo chiediamo che il blocco dei licenziamenti diventi uno strumento per l’intera crisi, ma rilanciamo le nostre proposte per tutelare il lavoro dando impulso agli investimenti pubblici attraverso la costruzione di strumenti che programmino l’intervento pubblico in economia, una sorta di nuova IRI, e il rafforzamento dei servizi e del welfare a partire dalla sanità.
USB reagirà con tutti gli strumenti e la forza necessari a questa sfida senza precedenti lanciata dalla Confindustria con l’avallo del Governo e l’ormai sempre più evidente subalternità di Cgil, Cisl e Uil.
Chiaro che se alla fine ci dovesse essere il via libera ai licenziamenti come prevedibile, allora non tollereremo il mantenimenti di vincoli e di leggi che pongano ostacoli alle lotte dei lavoratori, dei disoccupati, e di tutti coloro che vedranno messa in pericolo perfino la loro sussistenza, a partire dalle restrizioni al diritto di sciopero e di manifestazione.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa