“Compromette il diritto del lavoratore e della sua famiglia ad un’esistenza libera e dignitosa“. Con questa motivazione il Tribunale di Milano Sezione Lavoro ha condannato BRT, di fatto, ad internalizzare un driver che, la stessa azienda, aveva tentato in ogni modo di non far lavorare.
Grazie alle cause intentate da USB, infatti, nei mesi scorsi erano già state emesse sentenze che accertavano la somministrazione illecita di manodopera da parte di BRT. Questa, infatti, operava mediante un collaudato sistema di appalti farlocchi: queste sentenze hanno costretto BRT ad assumere direttamente i lavoratori ricorrenti, oltre a riconoscere loro il pagamento di varie migliaia di euro come indennizzo (in un caso addirittura 111.000 – centoundicimila €).
BRT aveva quindi furbescamente trasferito questi lavoratori dalla normale sede di lavoro, Caorso (PC), a Bologna: a 150 km di distanza, demansionandoli e riducendo di fatto i loro salari.
Ora il Tribunale ha definitivamente messo a posto le cose riconoscendo che BRT, avendo tenuto una condotta vessatoria del diritto ad una vita dignitosa dei lavoratori, deve “adempiere agli ordini giudiziali“: è obbligata a garantire al driver in questione giusto livello di inquadramento, così come giuste dovranno essere mansioni, retribuzione, orario di lavoro, anzianità di servizio, allo stesso modo il Tribunale ha disposto il ritorno al lavoro nella sede originaria. Tornerà a lavorare a Caorso come corriere, con il riconoscimento di un’indennità economica di 2.094,09€ da giugno ad oggi.
USB ancora una volta ringrazia il lavoro competente e militante dell’ufficio legale del sindacato, il compagno avvocato Jacobo Sanchez Codoni e i suoi grandissimi colleghi dello Studio Prolabor.
USB lancerà, nelle prossime settimane, una campagna nazionale per l’internalizzazione di tutti gli oltre 20.000 addetti BRT in Italia, insieme ad un congruo pagamento del disagio da loro subito a causa del sistema marcio di appalti verificatosi nella filiera.
#SCHIAVIMAI
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