In tema di processi contro le aziende che hanno esposto i propri lavoratori, per anni o addirittura decenni, all’amianto con conseguenze gravissime per la salute, si susseguono notizie positive e negative.
La prima, positiva, da Brescia, dove la Corte di Appello ha riconosciuto la malattia professionale per mesotelioma pleurico che causò la morte di un operaio tarantino, poi trasferitosi a Mantova. A renderlo noto è stato Luciano Carleo, presidente dell’associazione ‘Contramianto e altri rischi Onlus’, a cui la famiglia dell’operaio si era rivolta chiedendo sostegno per l’azione giudiziaria. «La decisione – osserva Carleo – afferma la correlazione tra patologia tumorale da esposizione all’amianto e le lavorazioni svolte a bordo di navi della Marina Militare nell’Arsenale di Taranto». L’operaio aveva lavorato per oltre un trentennio con una ditta dell’indotto Arsenale in manutenzioni navali militari venendo – secondo la sentenza d’appello – esposto all’amianto e contraendo un mesotelioma pleurico, che lo aveva portato alla morte nel 2007. Il primo grado il tribunale di Mantova non aveva accolto le richieste del lavoratore. «Una morte da amianto – aggiunge Carleo – finalmente riconosciuta e per la quale Contramianto, che ha assistito costantemente la famiglia, aveva chiesto giustizia anche nelle aule parlamentari». «Ci sono voluti quasi cinque anni – conclude il presidente di Contramianto – e tanta tenacia per ottenere giustizia per un diritto legittimo per chi ha contratto un tumore alla pleura lavorando a bordo di navi militari imbottite di amianto»
Di tenore assai diverso invece la vicenda che ha fatto scendere in piazza buona parte della popolazione di Casale, in Piemonte, e gli attivisti di numerose associazioni che da anni tentano di obbligare imprenditori spregiudicati e istituzioni a riconoscere la propria responsabilità in migliaia di casi di morte e malattie invalidanti. La Giunta Comunale di Casale Monferrato, dopo un lungo braccio di ferro con l’opposizione e parte dei propri cittadini, ha accettato il colpo di spugna sulle colpe della multinazionale Eternit in cambio della somma di 18 milioni di euro. Un risarcimento che appare ridicolo rispetto all’altissimo numero di decessi e infermità causati in decenni dalla colpevole esposizione alle fibre di amianto di migliaia di lavoratori e cittadini ignari dei rischi che correvano. Le ultime novità nell’articolo di Mauro Ravarino (Il Manifesto del 18 – 12 – 2011)
Il Comune di Monferrato rinuncia alle azioni legali contro Eternit
Una notte lunga e sofferta per un movimento che lotta da oltre trent’anni. Che si è sentito tradito dalla sua stessa città, ma non ha perso la sete di giustizia, dopo 1800 morti alle spalle: prima gli operai dalle tute sporche d’amianto poi tanta gente che in quella fabbrica della morte non ci aveva mai messo piede.
Il patto col diavolo alla fine c’è stato, il comune di Casale Monferrato (giunta di centrodestra) ha accettato l’offerta di 18,3 milioni di euro offerti dal magnate svizzero, Stephan Schmidheiny (uno degli imputati del processo di Torino), in cambio del ritiro della costituzione a parte civile e della rinuncia a qualsiasi azione legale futura.
Il via libera arriva alle 3.27, dopo un interminabile confronto in consiglio comunale: 19 voti favorevoli (Pdl e Lega) e 11 contrari, nessuno astenuto. Contrari Pd, Sel, Casale si cambia e Democratici per Casale. Pure l’Udc, che aveva chiesto la garanzia che la cifra d’indennizzo fosse vincolata alla ricerca contro il mesotelioma e alle bonifiche.
Qualche consigliere di maggioranza ha abbassato lo sguardo quando ha preso la parola Romana Blasotti Pavesi, 82 anni, cinque congiunti morti di mesotelioma, presidente dell’Afeva (Associazione familiari vittime amianto): «A febbraio saranno trent’anni da quando si ammalò mio marito. Sono sette che non piango più e faccio fatica a dormire ma voglio giustizia. L’offerta del signor Schmidheiny è stata una vigliaccata, una mossa subdola. Per lui, probabilmente, non c’è differenza tra una o 1800 vittime. Chi voterà sì risponderà alla sua coscienza, io, la mia, ce l’ho pulita».
I movimenti vanno e vengono, come le nuvole. Non quello contro l’Eternit. Nella notte più difficile da quarant’anni per Casale, hanno voluto esserci in tanti, cinquecento persone. Hanno portato le storiche bandiere italiane con la scritta Eternit giustizia , hanno resistito alle forze dell’ordine che volevano allontanarli e all’amministrazione che voleva silenziarli.
E hanno gridato «vergogna» e «complici». È alta la dignità di una protesta che prosegue ancora in queste ore (guardate il profilo su Facebook dedicato al processo Eternit). Tanta rabbia e lacrime in una giornata triste. Il Comune di Casale esce da questa vertenza, o future altre, contro Schmidheiny; resta nel maxi-processo (2889 le vittime all’inizio del dibattimento tra Casale, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli) solo contro il barone belga Louis de Cartier, che alla veneranda età di 90 anni non ha mai chiesto un risarcimento e probabilmente si sente più al riparo del 64enne svizzero.
«Abbiamo pensato all’interesse della città» ha sottolineato Giorgio Demezzi, il sindaco, che non cede di un millimetro: se Casale ha accettato i soldi Eternit è perché «deve avere un futuro diverso, deve puntare a una ripresa economica e sociale che offra una speranza ai nostri figli». «La gente ha urlato il proprio sdegno» racconta Bruno Pesce, di Afeva: «Il Comune si è tirato indietro con un passo che alleggerisce di fatto la posizione processuale di Schmidheiny. Non è una questione di soldi, ma di principio».
Nicola Pondrano, ex operaio Eternit e sindacalista Cgil, uno dei simboli di questa lotta, auspica sulla decisione un ricorso alla Corte dei Conti, perché la cifra non sarebbe congrua al reale danno e non sarebbe stata effettuata una consulenza tecnicoambientale. Diciotto milioni e 300 mila euro (la somma che la Bacon AG pagherà per conto dell’ex proprietario Eternit): «Meglio pochi, maledetti e subito ha scandito in aula una consigliera dai banchi di centrodestra piuttosto che aspettare i tre gradi di giudizio». Il Comune annuncia che saranno spesi per la bonifica, per la ricerca sul mesotelioma, per attirare investimenti. Una commissione «non politica» vigilerà sull’uso dei fondi. A giugno anche il Comune di Cavagnolo (provincia di Torino) aveva accettato, in gran segreto, la proposta dello svizzero in cambio di due milioni di euro.
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