Il 34enne Gregorio Durante è morto durante la notte di capodanno, mentre decine di milioni di persone stappavano bottiglie e brindavano al nuovo anno. Ma l’alba del 2012 il giovane non c’è arrivato a vederla, è morto in una cella del carcere di Trani. In isolamento.
Per i giornali un evento con cui riempire le altrimenti scarne pagine della prima edizione post-capodanno: alcuni hanno addirittura titolato che si era tolto la vita, facendo confusione con un altro detenuto che si è impiccato – almeno questa è la versione ufficiale – nel penitenziario di Torino la stessa notte.
Per le statistiche l’ultima vittima di carcere del 2011 (la numero 183) o la prima del 2012. Per la sua famiglia una tragedia inaspettata. «Me lo hanno ucciso, me lo hanno fatto morire in cella da solo come un cane. Quando siamo andati a trovarlo a Natale era su una sedia a rotelle, aveva gli occhi chiusi, non parlava e si faceva persino la pipì addosso, aveva ai polsi persino i segni delle corde con le quali veniva legato al letto e mi dicevamo invece che stava simulando». E’ lo sfogo della signora Ornella Chiffi, la madre di Gregorio Durante, il detenuto di 34 anni ‘trovato’ senza vita ieri mattina nel penitenziario di Trani. «Mio figlio sta male, non deve stare in carcere» aveva ripetuto la signora ai responsabili del carcere pugliese dove era stato rinchiuso il ragazzo originario di Nardò (provincia di Lecce). Anche gli altri familiari, che hanno presentato una denuncia alla Procura di Trani affinché aprisse una immediata inchiesta per omicidio colposo, lanciano accuse pesanti: «Gregorio aveva i postumi di un’encefalite virale – raccontano -. In più, dopo che era stato costretto a rimanere tre giorni in isolamento diurno con l’accusa di aver simulato una malattia, le sue condizioni erano peggiorate».
Lo scorso 4 dicembre Durante era stato trasferito d’urgenza nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Bisceglie per una crisi epilettica ed era stato tenuto sotto osservazione per 4 giorni. Rientrato in carcere era rimasto in isolamento, non si sa bene per quale motivo, se per la difficile convivenza con altri detenuti o perché punito perché accusato di aver simulato la malattia.
Oltre alla famiglia, anche l’Associazione Antigone chiede che venga fatta subito chiarezza. «Non sarebbe stato creduto e dunque punito per simulazione di malattia» commenta Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione. «Durante pare avesse gravi problemi di salute e la sua situazione era stata spiegata alle autorità penitenziarie ma per tutta risposta sembra fosse stato punito per aver simulato la malattia». «Delle due l’una – aggiunge Gonnella – se è vero che simulava allora non è vero che è morto per malattia. Ma se invece è morto per malattia si individuino le responsabilità di chi non gli ha creduto». «Il sovraffollamento – conclude Gonnella – non può essere una causa di giustificazione sempre valida anche quando muore una persona». Eh si, perché negli ultimi mesi ogni qualvolta un detenuto muore perché suicida o in conseguenza di malattie curabilissime i sindacati della Polizia Penitenziaria rigettano ogni responsabilità addossando ogni colpa al sovraffollamento. Un sovraffollamento che nel carcere di Trani ha raggiunto, dicono i dati, un livello inaccettabile: 439 detenuti per 233 posti. Un rapporto di due a uno, assai più grave di quello medio nazionale che parla si attesta su un
Ma che non può giustificare la scelta di punire con l’isolamento – una condizione che rende ancora più difficile monitorare la salute di un recluso e intervenire celermente in caso di necessità – chi sta veramente male.
Dopo le denunce dei familiari e il conseguente interessamento delle associazioni e di una parte della stampa, la magistratura ha deciso di aprire un’inchiesta, ipotizzando il reato di omicidio colposo. Se la morte del ragazzo poteva essere evitata lo stabilirà l’inchiesta del magistrato Luigi Scimè, sulla base dei risultati dell’autopsia. Intanto però nel registro degli indagati sono finiti almeno in dieci: in queste ore ufficiali della polizia giudiziaria stanno notificando una decina di informazioni di garanzia nei confronti del personale sanitario in servizio nel penitenziario nel periodo in cui è stato recluso l’uomo, del direttore dell’istituto e dei medici del reparto di Psichiatria dell’ospedale di Bisceglie dove il 34enne fu ricoverato e poi dimesso il 13 dicembre.
Gli inquirenti dovranno acquisire la cartella clinica dell’uomo e stabilire se, come sostiene la famiglia, le sue condizioni di salute non erano effettivamente compatibili con il regime carcerario rendendo necessario il trasferimento in una struttura sanitaria.
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