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Processo Uva, si aggrava la posizione degli agenti

Tutto rinviato al 9 giugno. Il ‘vero’ processo Uva è cominciato alle 9 e 30 di questa mattina, con i poliziotti e i carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, abuso dei mezzi di contenzione, arresto illegale e abbandono d’incapace che hanno sfilato davanti al Gup del tribunale di Varese, Stefano Sala.
Una sostanziale novità: il pm Felice Isnardi – che ha sostituito il contestatissimo Agostino Abate – ha reso ancora più pesanti le posizioni degli uomini in divisa accusati dei fatti del 13 e 14 giugno 2008. «Le misure di rigore e di contenzione sono state applicate non solo nella caserma ma anche all’ospedale» ha detto il pm accogliendo, in sostanza, una nuova testimonianza emersa lo scorso mese di marzo nel corso di una puntata del programma di Raitre «Chi l’ha visto». Aveva raccontato una testimone: «C’erano guardie e carabinieri. Sono rimasti in quattro cinque, o sei. E lui continuava a urlare: “bastardi!”. Allora uno di quelli, carabiniere o poliziotto, questo non so, ha detto: “Basta adesso, finiamola!”. Poi si è rivolto a dei colleghi così: “Portiamolo di là e gli facciamo una menata di botte”. Loro hanno aperto una porta e poi hanno chiuso. All’uscita ho notato che lo sorreggevano bene. Io in quel momento ho guardato lui, e al naso aveva questa escoriazione. Ho sentito dire: “prendete la barella, che lo mettiamo sulla barella”. Infatti l’hanno messo la barella e poi hanno chiamato il dottore, che gli ha messo la flebo».
Tutto questo, a parere anche dell’accusa, sarebbe accaduto dentro l’ospedale di Varese, dopo le terribili ore passate nella caserma di via Saffi.
Sul fronte procedurale, da registrare un elemento che mette d’accordo sia la difesa di carabinieri e poliziotti sia la parte civile (la famiglia Uva): c’è bisogno di un rito immediato per questo processo. L’avvocato Fabio Sghembri sostiene che «un pestaggio non c’è mai stato», quindi gli imputati devono poter spiegare la loro versione dei fatti.
L’avvocato Fabio Anselmo, dal canto suo, dice che il processo è necessario farlo subito, «dopo sei anni di inerzia delle indagini».

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