A distanza di ormai 11 anni dalla morte di Marcello Lonzi all’interno del carcere livornese delle Sughere – era l’11 luglio del 2003 – il giudice per le indagini preliminari Beatrice Dani ha respinto nei giorni scorsi la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura e ha imposto la realizzazione di nuove indagini sull’accaduto.
Il caso più volte è stato tentato di archiviare come “morte naturale” del detenuto. Una spiegazione frettolosa alla quale la madre di Marcello Lonzi, Maria Ciuffi, non ha mai voluto credere puntando il dito contro il medico legale Alessandro Bassi Luciani che effettuò l’autopsia e i due medici della casa circondariale di Livorno, Gaspare Orlando e Enrico Martellini.
La madre di Lonzi, rappresentata dall’avvocato Erminia Donnarumma, ipotizza che la morte del figlio possa essere stata determinata “anche dalle errate, imperite o addirittura omesse manovre di soccorso e rianimazione” messe in atto dai due medici “il cui operato sarebbe poi stato coperto dal parziale accertamento del professor Luciani in sede autoptica”. Il dispositivo del gip riconosce quanto Maria Ciuffi aveva già denunciato con un esposto ai carabinieri di Pisa il 3 maggio del 2013, mettendo in dubbio i risultati delle inchieste archiviate nel 2004 e poi di nuovo nel 2010, che parlavano di una morte causata da infarto, versione però smentita dalle condizioni in cui era la salma del trentenne presentava al momento dell’autopsia: mandibola fratturata, due buchi in testa, il polso sinistro fratturato, due denti spaccati, otto costole rotte, ecchimosi ed escoriazioni ovunque. Dopo la prima archiviazione nel 2006 Maria Ciuffi ottenne, grazie ad una tenace battaglia, la riesumazione della salma del figlio e la riapertura dell’inchiesta. Ma nel 2010 il procedimento aperto nei confronti del compagno di cella di Lonzi, Gabriele Ghelardini, e dei due agenti di polizia penitenziaria Alfonso Scuotto e Nicola Giudice, si chiuse con l’accoglimento da parte del gip Merani della richiesta di archiviazione avanzata dal pm Antonio Giaconi.
Ora però il gip Beatrice Dani parla di “innumerevoli omissioni” che avrebbero reso “estremamente difficile o impedito la ricerca della verità” e ipotizza il reato di concorso in omicidio colposo. I due medici vengono accusati da Maria Ciuffi di “falso e di false informazioni al pm“, in quanto le manovre rianimatorie “o non sono mai avvenute o si sono svolte in via totalmente approssimativa”. Resta inoltre ancora da stabilire, a undici anni di distanza dagli avanti, l’ora esatta del decesso, mai chiarita dai medici nel corso delle indagini. Secondo la versione ufficiale il giovane sarebbe deceduto alle 19.50 dell’11 luglio del 2003, mentre secondo i periti nominati dalla madre Ciuffi la vittima avrebbe spirato alle 17.10.
Il giudice per le indagini preliminari, respingendo la richiesta di archiviazione avanzata lo scorso marzo dal pm Antonio Di Bugno, ha dato ora sei mesi di tempo agli inquirenti per capire se ci siano state ‘imperizie’ durante le operazioni di soccorso.
Lonzi entrò nel carcere livornese il 1° marzo del 2003 per scontare 9 mesi di carcere per ‘tentato furto’. Ma dopo quattro mesi di prigionia – almeno questa è la versione ufficiale – venne trovato morto in cella dal personale delle Sughere. Si capirà nei prossimi mesi se dalla nuova inchiesta emergeranno elementi in grado di squarciare il velo di omertà che ha finora coperto la tragica morte del giovane livornese.
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