Dopo le pressioni del capo della polizia Alessandro Pansa, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha chiesto al ministro della Giustizia di valutare un eventuale procedimento disciplinare contro il pm Enrico Zucca, che durante un incontro con il quotidiano la Repubblica aveva osato dire che, a suo parere, «la Diaz porta alla luce problemi endemici: allo stato attuale la polizia rifiuta di leggere se stessa, e a questo punto è difficile non si ripetano più quegli errori. È come se le diagnosi dei medici fossero state perennemente ignorate».
Tutto questo mentre gli avvocati del Genoa Legal Forum ricordano come «tutti i torturatori della Diaz e di Bolzaneto sono ancora in servizio, nessuno di loro è stato destituito, contrariamente a quanto richiesto dalle convenzioni internazionali e dal diritti interno».
Un classico caso di rovesciamento: è più grave dire che fare, le parole pesano più delle botte.
I fatti del G8 di Genova, a quattordici anni di distanza, continuano a rimanere un argomento difficile, almeno dalle parti del ministero dell’Interno. Ed è inutile sottolineare le tante sentenze di condanna nei confronti dell’operato delle forze dell’ordine. È inutile pure ricordare che quei giorni vennero definiti da Amnesty International «la più grande violazione dei diritti democratici in un paese occidentale dalla Seconda Guerra Mondiale» (con una certa dose di esagerazione, visto quanto accadeva e continua tuttora ad accadere in altri paesi europei). «Non a caso – scrivono ancora quelli del Genoa Legal Forum – alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sono state negate le informazioni sui (mancati) procedimenti disciplinari nei confronti degli agenti, procedimenti che dovevano essere iniziati dopo le recenti sentenze di Cassazione; nessuna risposta è stata data alle interrogazioni parlamentari. Il segnale di continuità con il passato è stato ed è chiarissimo. Se Pansa e il ministro dell’Interno tengono al buon nome della polizia italiana possono iniziare a destituire i responsabili di quei fatti».
Intanto, a difesa del pm Zucca arriva anche una nota di Magistratura Democratica: «Siamo convinti che l’onorabilità e l’alta professionalità della Polizia italiana, presidi fondamentali della vita civile e democratica di questo Paese, non siano in alcun modo messe in discussione da un confronto franco e pubblico sugli episodi di violazione dell’art. 3 Cedu verificatesi nel nostro Paese, sulle ragioni e sulle conseguenze delle gravi violazioni dei diritti umani e sugli strumenti legislativi necessari per prevenirli. Tra i quali l’introduzione di una norma sul divieto di tortura fedele ai principi della Convenzione ONU del 1988. In democrazia occorre ragionare e capire, non rimuovere».
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