Le scene dell’irruzione poliziesca a Pisa, in un immobile dismesso dall’università locale, hanno fatto giustamente il giro d’Italia e non solo. Quei poliziotti con la pistola in mano, come e peggio di un Buonanno qualsiasi – perché sicuramente con il colpo in canna – sono diventati l’immagine di un potere ottuso e dunque violento, incapace di misurare la proporzione tra problema concreto e soluzione.
Non ci soffermeremo più di tanto sull’interrogazione parlamentare di Sel, comunque un segno di resipiscenza nel fluire quotidiano del tran tran politicante. Quell’interrogazione è infatti inevitabilmente – per ovvie ragioni istituzionali – rivolta al ministro Alfano, che di tutto può essere accusato tranne che di fare il ministro dell’interno. Basterebbe la sua insistenza sull’innalzamento del contante a 3.000 euro per iscriverlo in tutt’altra funzione…
La risposta di Alfano si modellerà sulla relazione delle forze dell’ordine locali, ovvero del dirigente dell’ufficio che ha deciso e guidato l’irruzione armi in pugno. Quindi vi invitiamo a riflettere un attimo su quel che vanno riportando le agenzie di stampa: “secondo quanto hanno fatto sapere le forze dell’ordine, è stata un’operazione di polizia giudiziaria per “stroncare un’attività di furto”. L’intervento massiccio è stato necessario, precisano ancora, visto l’alto numero di persone presenti. Gli studenti, si rileva, avrebbero prelevato libri di proprietà dell’ateneo stoccati nei locali”.
Sappiamo bene che nel modo drogato di inizio 2.000 i fatti non contano più nulla, l’unico problema è “come la racconti”. Dal primo ministro all’ultimo amministratore di condominio, ma anche nelle relazioni quotidiane interpersonali, la “narrazione” ha sostituito la realtà. Per cui si discute di quel che uno dice, non di quello che fa.
Però questa stronzata mostruosa dell’intervento per “stroncare un’attività di furto” supera ogni immaginazione perversa. Gli studenti avevano denunciato loro stessi la presenza nei locali di “libri abbandonati all’incuria, anche nuovi”, accusando dunque l’università di sprecare per incuria o malagestione risorse importanti (certo, se si ritengono importanti i libri…). E avevano altrettanto annunciato che se ne sarebbero andati in giornata. Dunque, l’irruzione sarebbe stata ingiustificata anche se condotta in modo molto più “pacifico”. Ci chiediamo: ma la polizia si presenta armi in pugno davanti a chiunque denuncia un problema? Se sì, si capisce come “la gente” preferisca chiudere gli occhi e farsi i fatti propri…
Ma se così fosse, quel comportamento poliziesco andrebbe definito addirittura criminogeno, ossia indirettamente invitante all’omertà sociale.
Scherziamo naturalmente. Quei poliziotti erano della Digos, la “polizia politica”, e non vengono “scomodati” per un volgare furto. La verità è molto più semplice e evidente agli occhi di tutti. Persino davanti alla prova documentale di un comportamento abnorme e pericolosissimo, la polizia non fa marcia indietro e rivendica il suo diritto a fare come le pare. Anche a costo di mentire fino e oltre il ridicolo.
p.s. Le cronache degli ultimi mesi riferiscono di un poliziotto della Digos pisana – il gruppo che ha condotto l’irruzione pistolera – arrestato perché si era scelto un secondo lavoro da rapinatore. A forza di sventolare la pistola sotto il naso delle gente, probabilmente, ci prendi il vizio e alla fine ti esce la frase da film…
Daniele Trubiano, 50 anni, assistente capo della squadra antiterrorismo della Digos di Pisa, arrestato per rapina.
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