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Ortofrutta, una crisi da manuale

MATTEO BORGETTO

 CUNEO

Il settore ortofrutticolo italiano affronta a una delle crisi più profonde e per certi versi paradossali degli ultimi decenni. Troppa frutta prodotta, psicosi da batterio E.coli, crollo dei prezzi al campo e vertiginosa impennata di quelli in negozi e supermercati, con rincari fino al 630% rispetto a quanto si paga nelle cascine. E mentre centinaia di migliaia di aziende hanno già chiuso e altrettante rischiano la stessa fine, le famiglie rinunciano a macedonia e insalata.

Secondo la Coldiretti «gli acquisti di frutta e verdura negli ultimi dieci anni sono passati da 450 Kg annui per famiglia agli attuali 350, con una riduzione del 22%. E il calo continua anche nel 2011: i consumi sono diminuiti del 9% nel primo trimestre». «La causa va ricercata – precisa Coldiretti – nella moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola, che ha reso più cari gli acquisti, ma anche fatto crollare il mercato degli agricoltori».

Negli ultimi 15 anni sono state abbattute quasi la metà delle coltivazioni di pesche, è scomparso il 39% delle aziende con orto e il 22% di quelle con albero. E la frustrazione porta gli agricoltori a gesti eclatanti. L’altro giorno, davanti alla prefettura di Lecce, hanno distribuito a passanti e turisti migliaia di fette d’anguria del Salento, mentre in piazza San Carlo a Torino, hanno regalato 10 mila chili di pesche piemontesi ai centri d’accoglienza.

«Meglio darle ai bisognosi che essere vittima dei ricatti della grande distribuzione – dice Valter Arnaudo, 54 anni, produttore di Cuneo -. Ho regalato 100 quintali di pesche, ma non ho partecipato alla manifestazione. Sono rimasto in azienda a lavorare, con altri dieci dipendenti che a fine mese vogliono lo stipendio in euro. E con cosa li pago? Con le casse di frutta invenduta?». Il presidente Coldiretti, Sergio Marini: «Occorre intervenire sulle distorsioni nel passaggio dal campo alla tavola, sottopagano il nostro prodotto su valori insostenibili e rendono onerosi gli acquisti per i consumatori, spesso costretti a rinunciare ad alimenti indispensabili per la salute. Serve un’assunzione di responsabilità dell’intera filiera, riducendo la forbice».

In settimana è previsto un incontro a Roma fra associazioni agricole e mondo cooperativo. Il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi: «Faremo massima pressione sulla politica internazionale, europea e della grande distribuzione. La crisi è contingente, per motivi di sovrapposizione delle produzioni europee e del calo dei consumi. Servono strumenti d’emergenza e normative in grado di dare all’agricoltore un maggior potere contrattuale, accordi con la Gdo per limitare le vendite sottocosto che danneggiano il sistema e introdurre una figura interprofessionale che garantisca equilibrio tra il prezzo al produttore e quello al consumatore. Qualcosa devono fare anche gli agricoltori: essere capaci di produrre una qualità più standardizzata e organizzare meglio l’offerta».

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