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Altro che referendum! Alemanno privatizza l’Acea

Il ministro Clini, intento a sdoganare gli OGM in agricoltura e la Tav in Val Susa, si è ben guardato dall’applicare i risultati dei referendum del 12 e 13 giugno dello scorso anno decurtando le bollette dall’illegale ricarico a vantaggio delle aziende che gestiscono l’erogazione idrica. E mentre a Marsiglia è iniziato il forum alternativo a quello delle multinazionali dell’acqua, il sindaco della Capitale con aspirazione da premier si accinge a privatizzare l’Acea, incappando in qualche incidente di percorso. L’obiettivo è vendere ai privati la quota più alta possibile dell’azienda che gestisce acqua ed elettricità a Roma e che in questi anni da municipalizzata si è trasformata in una vera e propria multinazionale a caccia dell’acqua anche in altri continenti. Con la scusa di fare cassa e rimpinguare le ormai tristi finanze comunali, Gianni Alemanno sta tentando di portare a termine la svendita ai privati del 21% del pacchetto azionario di Acea. Al Comune resterebbe solo il 30%, una quota pubblica irrisoria se si considera che nonostante il 51% attuale l’azienda è di fatto gestita privatisticamente e secondo gli interessi del più importante azionista privato, il costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone. Che sembra allo stato il papabile acquirente della quota di cui Alemanno si vuole disfare a prezzi tutto sommato modici. Sommando quindi il 31% messo sul mercato al 16% abbondante che già controlla. Anche se pure la francese Suez, che oggi detiene l’11% del capitale di Acea, non nasconde i suoi appetiti e il suo interesse a far crescere la sua influenza. Visto anche che in Francia, dopo Parigi, anche altre città si stanno avviando verso la ripubblicizzazione dei servizi idrici. Alemanno giura che terrà fuori dalla (s)vendita del pacchetto azionario Caltagirone e Suez, dando priorità ad alcune banche. 

Vada come vada, i pur formali ostacoli e controlli che oggi frenano, almeno in teoria gli appetiti privati verso gli utenti e verso le aziende concorrenti, sarebbero a quel punto un lontano ricordo.
Ma Alemanno è già incappato in un ritardo, visto che la riunione della giunta prevista ieri e che all’ordine del giorno aveva proprio la decisione sulla privatizzazione dell’Acea è slittata a venerdì. Ufficialmente per affinare il provvedimento e chiarire gli ultimi dettagli, ma forse a causa proprio della guerra che si sarà scatenata tra i possibili acquirenti privati.
In barba a circa 1 milione e duecentomila romani che hanno votato Si ai referendum e alla continua attività pro-acqua pubblica di comitati, sindacati di base e associazioni di consumatori, il primo cittadino si appresta a fare “quello che ci chiede il Governo”. Eh si, perché in effetti il decreto Monti, così come quello Ronchi prima, incita gli enti locali a svendere le cosiddette multi utilities, le aziende locali di gestione dei servizi pubblici. I detrattori di Alemanno fanno notare che il decreto Monti dà tempo ai comuni fino al giugno del 2015 per portare le proprie quote di proprietà delle ex municipalizzate ad un massimo del 30%, ma la realtà è con il governo dei ‘tecnici’ nulla è cambiato rispetto ai tempi dell’orrido Berlusconi. Anche se in effetti dal decreto sulle “liberalizzazioni” (che in realtà sono privatizzazioni) – ricorda il CRAP, Coordinamento Romano Acqua Pubblica – il governo aveva escluso teoricamente l’acqua e i servizi di distribuzione di gas ed elettricità. Ma tutto il resto si. Ed infatti Alemanno si appresta a mettere in vendita anche l’Ama (rifiuti), l’Atac (trasporto pubblico) e poi Zetema (musei e siti archeologici), Risorse per Roma, Aequa Roma, Roma Metropolitane ed altri gioielli del patrimonio pubblico. Queste società verrebbero riunite tutte in una specie di holding e poi privatizzate per un quota del 30-40% entro fine anno. Una corsa contro il tempo per Alemanno che però potrebbe fare i conti con qualche sgambetto dentro la sua stessa maggioranza, e da una competizione ferocissima tra i soggetti privati eccitati da tanto ben di dio. E’ auspicabile che movimenti sociali, sindacali e politici di questa città scendano in campo subito, per bloccare l’ennesimo scempio dei beni comuni, prima che la frittata sia fatta.

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