Nel mese di febbraio 2012 gli occupati sono risultati 22.918.000, in diminuzione dello 0,1% (-29 mila unità) rispetto al mese precedente. Il calo riguarda quasi soltanto le donne, rovesciando una tendenza che sembrava consolidata. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente l’occupazione segna un lievissimo aumento:16 mila unità. È l’effetto della recessione iniziata a metà dell’anno scorso: l’occupazione nei primi sei mesi era quindi leggermente aumentata, ora sta diminuendo (e solo la cassa integrazione consente di mantenere le cifre entro i limiti del tollerabile), ma con un saldo ancora lievemente attivo.
Anche il tasso di occupazione quindi diminuisce, attestandosi al 56,9% (-0,1).
Il numero dei disoccupati – 2.354.000 – aumenta invece dell’1,9% (45 mila unità) rispetto a gennaio. Mentre su base annua aumenta del 16,6% (335 mila unità), e riguarda sia gli uomini sia le donne. I numeri degli occupati e dei disoccupati non sono semplicemente “sommabili”, perché un certo numero di persone è uscita dal mercato del lavoro per raggiunta età pensionabile, mentre altri (i neo-diciottenni) vi sono entrati; e naturalmente non c’è perfetta simmetria.
Di conseguenza cresce il tasso di disoccupazione: 9,3%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio e di ben 1,2 punti su base annua. Per la fascia d’età tra i 15 e i 24 anni è pari al 31,9%, con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a gennaio e di 4,1 punti su base annua.
Un dato che spiega benissimo come – con tutta la “flessibilità in entrata” garantita da ben 46 contratti atipici – sono proprio i giovani a trovare i maggiori ostacoli per l’inserimento lavorativo, nonostante siano usciti dal lavoro (oltre ai neo-pensionati dal 1 gennaio) anche 350.000 “esodati” (che in queste statistiche, peraltro, non possono essere calcolati perché la loro condizione era fin qui assolutamente imprevedibile, oltre che legislativamente anomala). Significa che le imprese non hanno sostituito tutta questa forza lavoro “in uscita”; e quindi che le motivazioni addotte sia dal governo che da Confindustria sul “tappo” rappresentato dall’art. 18 sono una balla colossale.
Ciò nonostante, gli “inattivi” tra 15 e 64 anni diminuiscono dello 0,2% rispetto al mese precedente. Qui la spiegazione è semplice: il numero di quanti escono dalla rilevazione statistica per questioni di età è superiore a quello dei giovani che vi comiciano a esser compresi (detto altrimenti: è l’invecchiamento medio della popolazione).
Se si va a guardare la media annuale del 2011, si scopre che l’occupazione ha registrato una variazione tendenziale positiva dello 0,4% (+95.000 unità). Ed è il risultato della differente dinamica della componente italiana e di quella straniera.
L’occupazione italiana è infatti diminuitadi 75.000 unità, quasi soltanto maschi. Mentre l’occupazione straniera aumenta di 170.000 unità. Ma anche qui, per effetto dei flussi migratori in entrata, il tasso di occupazione scende dal 63,1% al 62,3% (dal 76,2% al 75,4% per gli uomini e dal 50,9% al 50,5 % per le donne).
Il tasso di disoccupazione giovanile del 2011 cresce quindi di 1,3 punti percentuali, portandosi, nella media del 2011, al 29,1%, con un massimo del 44,6% per le giovani donne residenti nel Mezzogiorno.
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