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Il “piano B” di Cipro per non affogare

 (un pacchetto di misure comprendente l’ormai famoso “prelievo forzoso” sui conti correnti).

Il nuovo piano è ora all’easame dell’Unione europea e sembra preveda la messa sotto “pegno” di beni dello Stato, incluse le riserve auree della Banca centrale, le proprietà della Chiesa ortodossa e i diritti sullo sfruttamento dei giacimenti di gas appena scoperti.

Su questa base ci sarebbe un ok di massima da parte di tutti i leader dei partiti presenti in Parlamento, anche perché la Bce aveva deciso ieri che, senza un accordo con l’Ue e il Fondo monetario internazionale, avrebbe sospeso da lunedì la fornitura di liquidità di emergenza. Una mossa che avrebbe portato ipso facto alla chiusura di molte delle banche del’isola.

È infatti prevista la riunione già stasera del Parlamento per discutere e votare il nuovo piano di “salvataggio”.

Ma la burocrazia senza cervello di Bruxelles insiste sulla necessità di introdurre un prelievo sui depositi, modulato in modo un po’ differente rispetto alla prima versione (bocciata dal voto parlamentare).

Senza un prelievo sui depositi le banche cipriote rischiano il crack e l’uscita dall’euro – riporta l’agenzia Reuters, dopo aver sentito imprecisate “fonti dell’eurozona”. I funzionario Ue ritengono infatti che almeno 5,8 miliardi di euro che Cipro richiede dovrebbero arrivare dai 68 miliardi di euro custoditi dalle banche dell’isola, 38 milioni dei quali in depositi superiori ai 100.000 euro intestati a stranieri.

Tra le altre opzioni, la nazionalizzazione di fondi pensionistici di società semi-statali potrebbe portare tra i 2 e i 3 miliardi di euro, anche se secondo l’Ue la cifra sarebbe inferiore.

Anche l’emissione di bond legati ai futuri introiti derivanti dal gas naturale è problematica perché l’estrazione non avverrà ancora per diversi anni.

Nella partita si è inserita la Russia, interessata al gas cipriota. Discutendo della possibile struttura di un accordo, un avvocato moscovita ha detto che la Russia potrebbe fornire sei miliardi di euro per finanziare un pacchetto di asset bancari, immobiliari e di giacimenti di gas offshore che potrebbe essere venduto in un secondo momento.

“Penso che sia una soluzione politicamente accettabile”, ha detto Dmitry Afanasiev, presidente del più grande studio legale russo.

Il veicolo poi potrebbe diventare di proprietà pubblica, consentendo alla Russia di uscire, preferibilmente con un profitto, in un periodo di circa quattro anni, ha aggiunto.

Intanto, secondo il nuovo presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, la crisi delle banche cipriote costituisce per l’intera zona euro un rischio di natura sistemica che va “necessariamente affrontato”. Si tratta però di un “problema specifico, di un caso particolare non paragonabile alla situazione di alcun altro paese dell’unione monetaria”.

Dijsselbloem si dice ancora un “convinto partigiano” di un prelievo forzoso sui conti bancari, dal momento che i 10 miliardi di euro potenzialmente in arrivo dai creditori internazionali “non possono costituire il fondamento del futuro sostenibile” dell’isola, il cui problema è comunque di natura “molto, molto particolare” dunque non paragonabile alla situazione di alcun altro paese della zona euro.

Sempre secondo Dijsselbloem, Mosca avrebbe fatto sapere all’Eurogruppo di non essere favorevole a un incremento dei finanziamenti a favore di Nicosia, la cui unica chance sarebbe quella di ottenere una dilazione nei tempi di rimborso o un calo dei tassi.

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