L’impresa capitalistica, specie se multinazionale, non ha né sente alcuna “responsabilità sociale”. Ci dispiace per i gazzettieri a libro paga delle imprese, ma la realtà è questa. E la vicenda Fiat ne è la conferma più clamorosa.
Il ramo Industrial, la società che controlla Iveco dopo lo “scorporo” con il ramo Automobiles, prepara lo sbarco a Wall Street della nuova società olandese che nascerà dalla fusione con Cnh, la Fi Cbm Holdings Nv. In attesa dell’autorizzazione della Sec (l’equivalente della nostra Consob, autorità di controllo della Borsa), c’è anche l’ipotesi di trasferimento della sede fiscale in Gran Bretagna.
In teoria lo spostamento non dovrebbe modificare il tax rate del gruppo, perché le varie società nazionali del gruppo dovrebbero continuare a pagare le tasse là dove producono. E allora perché? Per favorire gli azionisti con un regime fiscale analogo a quello della concorrenza. Insomma: per far risparmiare qualcosa (molto) a chi già guadagna con lo “stacco delle cedole”, ovvero con i dividendi.
Il prospetto precisa infatti che “se Fi Cbm dovesse essere trattata come un soggetto fiscale residente in Italia, pagherebbe le tasse in Italia sul suo reddito mondiale complessivo e sarebbe soggetta ad altri oneri e/o obblighi di reporting, che potrebbero portare costi addizionali”. Costi che andrebbero vantaggio di chi? Del fisco italiano.
Fiat, in Italia, pretende aiuti (tutti i suoi stabilimenti sono interessati da un massiccio ricorso alla cassa integrazione), investimenti in infrastrutture e servizi nelle aree limitrofe ai suoi stabilimenti, ecc. Per lo Stato italiano e le sue casse, insomma, Fiat rappresenta un costo, un esborso, un peso. Se pagasse almeno tutte le tasse, compresi i suoi azionisti, ci sarebbe una logica di scambio (tasse/servizi). Invece no. Marchionne, la famiglia Agnelli e gli altri azinisti pirncipali “non ci guadagnano abbastanza”, in questa logica. Quindi preferiscono mettere la residenza altrove – e l’Inghilterra è di manica larga sulle tasse per le mutinazionali, specie se (come la Fiat) non hanno stabilimenti sul suo territorio e quindi non pretendono di usufruire di servizi pagati dalle casse pubbliche – riempiendo ancora un poco le proprie tasche (senza peraltro migliorare di un euro i bilanci aziendali).
Questa è la “responsabilità sociale” dimostrata dall’azienda che più di ogni altra ha avuto dal bilancio statale italiano. Figuriamoci le altre…
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