A marzo 2013 l’indicatore di credit rationing relativo alla manifattura ha raggiunto i livelli massimi da quando i dati sono disponibili (giugno 2008), mentre per le imprese dei servizi si attesta su valori paragonabili solo a quelli osservati nel periodo di crisi creditizia dei primi mesi del 2009.
Lo segnala l’Istat nel Rapporto annuale, rilevando che sia nella manifattura, sia nei servizi, continuano ad avere una maggiore probabilità di subire razionamenti le imprese delle regioni meridionali e insulari. Sul piano settoriale, le attività manifatturiere più esposte al rischio di razionamento del credito nel primo trimestre 2013 continuano a essere quelle tradizionali e quelle caratterizzate dalla presenza di economie di scala, in particolare legno, abbigliamento, mobili, altri mezzi di trasporto.
Tra i servizi, invece, il rischio più elevato è nei settori del trasporto terrestre e mediante condotte e per quelli ricettivi e della ristorazione.
L’indicatore segnala, inoltre, la presenza di una “questione dimensionale”, visibile soprattutto nel comparto manifatturiero, la cui persistenza mina le potenzialità di una quota sostanziale del sistema produttivo italiano.
Per le piccole imprese industriali, risultare solide riduce significativamente la probabilità di non ottenere il credito richiesto, ma non compensa la penalizzazione dovuta alla dimensione.
Le stime mostrano che a marzo 2013 la probabilità di non ottenere il finanziamento richiesto è, per queste imprese, in media quasi due volte più elevata rispetto a quella delle imprese di media e grande dimensione. Per le piccole imprese la probabilità di razionamento è in generale aumento e si è attestata su livelli paragonabili a quelli dei periodi di maggiore tensione creditizia, mentre per le aziende di media e grande dimensione il faticoso recupero registrato nel corso del 2012 dopo il drastico peggioramento della seconda metà del 2011 è ancora incompleto. Il divario dimensionale, quindi, continua ad allargarsi.
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