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Il declino dell’automobile, ex merce-pivot

A maggio il mercato dell’auto in Europa (27 Paesi Ue, più quelli Efta) ha chiuso in calo del 5,9% a 1.083.430 vetture, contro le 1.151.531 del 2012. Si tratta – precisa l’Acea – del maggio più basso dal 1993. Ad aprile era cresciuto dell’1,8%. Nei cinque mesi il mercato si attesta a 5.261.272 unità, in calo del 6,8%.
Ne disastro riesce a far peggio la Fiat, con sole 73.758 nuove vetture immatricolate, in calo dell’11% rispetto alle 82.887 di un anno fa. Anche ad aprile le vendite del Lingotto erano scese del 9,8%.

“Il Gruppo Fiat continua a essere penalizzato dal risultato negativo del mercato italiano e dalla mancanza di componenti Selmat, che continuano ad arrivare in misura insufficiente. Numerosissimi veicoli sono tuttora fermi sui piazzali. Nonostante tutto, il marchio Fiat cresce in Francia, Regno Unito e Spagna e con Panda e 500 domina il segmento A. Bene anche la 500L (leader nel suo segmento) e la nuova Ypsilon che ha superato le 100 mila immatricolazioni”.

Tra i grandi marchi del settore solo Daimler e Nissan hanno visto crescere le immatricolazioni. Ma di poco.

Se c’era una merce che ha caratterizzato il ‘900 è stata proprio l’automobile, assurta al ruolo di merce-pivot dell’economia industriale, ovvero di merca dalla cui crescita dipendeva il benessere di una lunga serie di settori industriali collegati, nonché di servizi (riparazioni nellevarie specializzazioni, indotto, ecc).
Il decino dell’auto, dunque, non è affatto quello di una merce come le altre. Diventa il simbolo, anche nell’immaginario, di un arretramento nelle condizioni di vita. Che ha risvolti pesanti anche sulla vita quotidiana delle popolazioni (la drastica riduzione della “mobilità privata” garantita dall’auto si somma all’altrettanto drastica riduzione della mobilità pubblica).

Il fatto che gli analisti di settore non prevedano alcuna “ripresa” almeno fino al 2019 è qualcosa più di un de profundis: in campo economico, e ancor più merceologico, un orizzonte da qui a sei anni equivale a un incrociare le dita sperando di non spezzarsele.

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