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Fiat battuta a Torino. Agibilità sindacale anche per chi non firma

La sconfitta Fiat: “condotta antisindacale”

 

A Torino la Fiat è stata condannata per «comportamento antisindacale» quando ha imposto il «contratto Pomigliano», che prevedeva l’esclusione dalla possibilità di avere rappresentanza dentro l’azienda per i sindacati non firmatari di quello stesso accordo.

Su questo punto si tratta di una vittoria importante per il sindacato di Maurizio Landini, che da oltre un anno naviga costantemente controcorrente rispetto al mondo sindacale e quello politico, ma in totale sintonia con i lavoratori metalmeccanici e non solo.

La sentenza dispone infatti la «rimozione di tutti gli ostacoli» posti all’agibilità sindacale della Fiom nello stabilimento di Pomigliano (e quindi, indirettamente, anche di Mirafiori e Grugliasco). Ma c’è di più: in quanto non firmataria di quell’accordo, la Fiom non è tenuta a rispettare la «clausola di responsabilità», quel codicillo carogna che doveva vietare l’esercizio del diritto di sciopero all’interno dello stabilimento. Alla Fiom deve essere riconosciuto, da parte di Fabbrica Italia Pomigliano, «la disciplina del titolo terzo» dello Statuto dei Lavoratori. La sentenza pronunciata dal giudice Vincenzo Ciocchetti dispone che dovrà essere applicato l’intero «titolo terzo», dall’articolo 19 (Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali) all’articolo 27 (locali delle rappresentanze sindacali).

Al tempo stesso, però, il giudice ha considerato «legittimo» l’accordo firmato da Fim-Cisl, Uilm e Fismic, senza ovviamente entrare nel merito dell’accordo stesso (e quindi senza valutare – non era suo compito in questa causa – i profili di illegalità e incostituzionalità che avevano portato la Fiom a non firmare).

In qualche misura si tratta quindi di una sentenza che considera anche le modifiche legislative intervenute nel frattempo e anche l’accordo interconfederale firmato anche dalla Cgil il 28 giugno scorso. Tutte mutazioni però coerenti con un disegno di riscrittura dei rapporti tra imprese e lavoro, teso a ridurre al minimo – possibilmente a zero – l’autonomia del sindacato come rappresentante di interessi diversi da quelli dell’impresa. Da questo punto di vista, indubbiamente, si tratta di una mezza vittoria della Fiat. Ma parecchio incompleta. La sentenza – si conosceranno le motivazioni articolate solo nei prossimi giorni – non dice praticamente nulla sull’art. 2112, che impone – in caso di trasferimento di azienda – il mantenimento di diritti e inquadramento professionale goduti nell’azienda cedente.

Nel dibattimento i legali della Fiat hanno insistito a lungo sul fatto che, secondo loro, l’art. 2112 «è in capo ai singoli lavoratori». E quindi diventa prevedibile una raffica di cause «individuali» tutte uguali che richiederanno la copertura dell’articolo del codice civile che regola la «clausola sociale».

Il legale del Lingotto, Raffaele De Luca Tamajo , ha annunciato che impugnerà la seconda parte del provvedimento deciso dal giudice del lavoro di Torino relativa all’antisindacabilità.

Grande soddisfazione invece nella Fiom. Maurizio Landini, segretario generale, ha commentato la lettura del dispositivo con queste parole: «volevano buttarci fuori dalla fabbrica, vi rientriamo con la forza del diritto». Annunciando che tutti i lavoratori di Pomigliano, a prescindere dalla loro iscrizione o meno al sindacato, saranno sostenuti dalla Fiom in ogni vertenza.

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Che per la Fiat sia una sconfitta sostanziale è dimostrato dalla stessa società, che ha reagito malissimo alla sentenza dichiarando che «ora dovrà valutarne l’impatto sul piano ‘Fabbrica Italia’».

 

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Fiat. La sentenza del “ma anche”

È la vittoria del «ma anche» che se in politica è una formula che ha dimostrato di non dare buoni frutti, nel diritto pensiamo che crei solo disguidi. Ci sarà infatti tempo per approfondire metodo e sostanza della sentenza emessa alle 22 di un sabato di metà luglio dal giudice Vincenzo Ciocchetti ma alcune cose si possono dire sin da ora.

La Fiat porta sicuramente a casa un punto importante, gli accordi che ha realizzato con Cisl e Uil in deroga al contratto nazionale sono stati riconosciuti pienamente validi dal magistrato a riprova che sia l’azienda sia i sindacati si sono mossi dentro una cornice di razionalità e buon senso. Allo stesso tempo però Ciocchetti condanna la Fiat per atteggiamento antisindacale nei confronti della Fiom, che pure quell’accordo da lui appena validato non ha firmato. Può sembrare una contraddizione in termini, un ossimoro giuridico ma tant’è. Vedremo le diverse interpretazioni che ne daranno i giuristi e capiremo se alla fine la condanna per attività antisindacale arriverà a compromettere l’intero investimento deciso da Sergio Marchionne e atteso con trepidazione dalla comunità torinese (e non solo).
Una sentenza più netta avrebbe contribuito ad aumentare la chiarezza e ad evitare nuovi conflitti e veleni. Di sicuro gli osservatori stranieri avranno una motivazione in più per considerarci un Paese bizantino e involuto, incapace di scegliere e di programmare il proprio futuro. Fortunatamente il panorama delle relazioni industriali italiane oggi non è più del tutto riconducibile alle vicende Fiat.
In tante aziende grandi, medie e piccole è andata avanti una contrattazione decentrata che ha prodotto molte novità, una tenuta sul piano dei diritti, formule innovative per l’incremento condiviso della produttività. Questa contrattazione «silenziosa» rappresenta il domani del lavoro perché con tutto il rispetto per Mirafiori e per la sua tradizione oggi la grande fabbrica metalmeccanica non è più il campo decisivo, ma solo uno di essi.
Un accordo all’Eni, alla Barilla o alla Luxottica, tutte multinazionali di rango, non vale di meno. Anzi. E comunque non va dimenticato come solo qualche settimana fa è stato firmato un accordo tra le tre confederazioni e la Confindustria sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro. Se non si è dato vita a una riforma organica (ma esistono ancora?) delle relazioni industriali si è aperta però la via della modernizzazione. E che gran parte di queste novità portino anche il timbro della Cgil è motivo di conforto.

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