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Il mondo e lo sviluppo umano. Alcune sorprese

La newsletter di Resistenze.org ha tradotto e pubblicato un interessante lavoro di analisi e informazione di Marc Vandepitte, riceratore militante del sito di controinchiesta belga “Investig’ation”. Qui di seguito il documento.

Un mondo più ricco di quanto si pensi

Il mondo non ha mai prodotto più ricchezza di oggi. In caso di parità di distribuzione della ricchezza, la famiglia media (a livello globale, due adulti e tre bambini) potrebbe avere un reddito di 2.850 dollari al mese. E’ sorprendentemente molto. Tale importo non permetterebbe certo di vivere nel lusso, ma è più che sufficiente a fornire a tutti gli abitanti di questo pianeta, servizi igienico-sanitari, elettricità, acqua potabile e una casa confortevole, anche se ciò dovesse essere realizzato secondo metodi ecologicamente sostenibili.(2)

In altre parole, c’è abbastanza ricchezza per tutti, ma un essere umano su tre non ha la sanità di base, uno su quattro non ha l’elettricità, uno su sette vive in una baraccopoli, uno su otto ha fame e su nove non ha acqua potabile (3).

Questo perché la ricchezza è distribuita in modo molto irregolare. Con la ricchezza prodotta oggi, ogni persona avrebbe un reddito medio di 19 dollari al giorno. In realtà una persona su sei deve sopravvivere con meno di 1,25 dollari al giorno.

 

Relazioni mondiali che oscillano

 

Negli ultimi tre anni, i paesi del Sud sono impegnati in una rimonta notevole sulla scena mondiale. Nel 1980 la loro quota nel commercio mondiale era ancora solo del 33%. Nel 2010 questa quota aveva già raggiunto il 45%. Durante questo periodo, la loro quota nel commercio mondiale è raddoppiata passando dal 25% al ​​47%. La crescita più rapida si è verificata negli investimenti esteri: dal 20% al 50% (4).

Dopo un’eccedenza della loro bilancia commerciale, i paesi in via di sviluppo hanno visto il loro surplus finanziario aumentare in modo spettacolare. Tra il 2000 e il 2011, si sono accaparrati i tre quarti degli aumenti di tutte le riserve straniere. Il Sud si trasforma lentamente nella carta Visa del Nord, il quale nord si trova ad affrontare una grave e persistente stretta creditizia. Non sarà un caso (5).

 

GRAFICO 1

 

Questa tendenza probabilmente continuerà in futuro e dalla crisi del credito è andata solo accelerando. Nel 1950 il Brasile, la Cina e l’India, i tre paesi della parte meridionale dei BRIC, rappresentavano solo il 10% della produzione mondiale, mentre sei paesi principali del Nord ne rappresentavano circa la metà. Nel 2050, i tre paesi del BRIC prenderanno il 40%, cioè il doppio dei sei paesi principali del Nord (6).

 

GRAFICO 2

 

Nuove relazioni Nord-Sud

I paesi del Sud hanno anche rafforzato fortemente i loro legami reciproci. La quota del commercio Sud-Sud nel commercio mondiale è aumentata, tra il 1980 e il 2011, dall’8% al 27%. L’aumento si è soprattutto manifestato a partire dalla fine del secolo. (7)

 

GRAFICO 3

 

Gli investimenti esteri nei paesi in via di sviluppo non sono più appannaggio del Nord. Tra il 1996 e il 2009, gli investimenti Sud-Sud sono aumentati del 20% all’anno. In questo momento, gli investimenti Sud-Sud rappresentano dal 30 al 60% di tutti gli investimenti stranieri nei paesi meno sviluppati (8).

Molti dei paesi del Sud del mondo, specialmente quelli che hanno facile accesso al commercio mondiale (coste e rotte commerciali nelle vicinanze), approfittano di queste relazioni Sud-Sud in rialzo. Si tratta di investimenti, di trasferimenti tecnologici, di commercio e di trasferimenti finanziari.

Queste nuove relazioni in qualche misura compensano il calo della domanda da parte del Nord, a seguito della crisi. Se la Cina e l’India avessero conosciuto una crisi simile a quella dei paesi del Nord, la crescita economica dei paesi in via di sviluppo, tra il 2007 e il 2011, sarebbe stata dallo 0,3% al 1,1% inferiore (9).

Il rapporto cita in particolare l’Africa subsahariana, il cosiddetto “continente perduto”. Nel corso dei cinque anni precedenti la crisi, il PIL pro capite è aumentato annualmente del 5%, cioè due volte di più che negli anni ’90. Tale andamento è dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dei principali prodotti di esportazione, grazie alla domanda di questi prodotti da parte dei paesi emergenti, con la Cina in testa (10).

Il rapporto contiene uno studio recente che mostra che la crescita economica in Cina tra il 1988 e il 2007 ha avuto un effetto positivo sulla crescita economica di altri paesi in via di sviluppo, in particolare tra i partner commerciali della Cina. (11)

Non c’è solo il commercio con la Cina, ma anche gli investimenti provenienti da questo paese, che contribuiscono alla crescita economica dei paesi in via di sviluppo che li ricevono. Tra il 2003 e il 2009, gli investimenti cinesi hanno aumentato la crescita economica dell’1,9% in Zambia. In Congo dell’1%, Nigeria 0,9, Madagascar e Niger 0,5% e Sudan 0,3%. (12)

 

L’estrema povertà

Le relazioni mondiali che oscillano e l’aumento delle relazioni Sud-Sud hanno conseguenze radicali per la povertà. Tra il 1990 e il 2008, la povertà estrema (1,25 dollari al giorno) è scesa dal 36% al 19% della popolazione mondiale. In numeri assoluti, si registra una diminuzione di 620 milioni di poveri.

Questo significativo miglioramento è dovuto in gran parte alla Cina. Questo paese da solo ha fatto uscire 510 milioni dei suoi abitanti dalla povertà, contro i 110 milioni del resto del mondo. Grandi differenze possono anche essere rilevate nella diminuzione relativa (in percentuale) per paese, come chiaramente riportato nel grafico sottostante. (14)

 

GRAFICO 4

 

Oggi, 1,2 miliardi di umani vivono in estrema povertà, il 17% della popolazione mondiale. Il grafico seguente mostra la distribuzione globale di questa estrema povertà. (15)

 

GRAFICO 5

 

La Cina, l’ India e il Pakistan

 

Con la Guinea Equatoriale, la Cina ha registrato una crescita economica fenomenale negli ultimi venti anni. In entrambi i paesi il PIL pro capite è cresciuto in media del 9% all’anno. Raddoppiando ogni otto anni. Durante lo stesso periodo, solo dodici paesi hanno registrato una crescita del PIL pro capite di oltre il 4%. In 19 paesi, si è anche avuto un ribasso. (16)

Ma in molti paesi, la crescita economica non si traduce in progresso sociale (proporzionato). La Cina, è comunque il caso. Negli ultimi tre anni, l’aumento del suo indice di sviluppo umano (IDH) è stato praticamente il più alto del mondo (17), tre volte superiore alla media mondiale (18). A questo proposito, Vietnam e India hanno anche buoni risultati.

 

GRAFICO 6

 

Le prestazioni della Cina diventano chiare soltanto quando si mettono a confronto a quelle dei paesi comparabili. In India, l’analfabetismo è sei volte più alto e in Pakistan, sette volte superiore a quello della Cina. La percentuale di persone che vivono in estrema povertà è circa 2 volte più alta e tre volte superiore in India (19).

La mortalità infantile è forse il miglior indicatore che rende lo sviluppo sociale di un paese, perché questo indicatore da solo porta con sè una serie di fattori: l’assistenza sanitaria, il cibo e l’acqua potabile, il livello di istruzione della madre, alloggio, servizi igienico-sanitari. A questo proposito, la Cina presenta i migliori risultati. In Pakistan muoiono bambini cinque volte di più, in India 3,5 volte. Il rapporto prevede che, in proporzione, tra il 2010 e il 2015, moriranno bambini per un numero cinque volte maggiore in India e 8,4 volte in Pakistan. (20)

 

GRAFICO 7

 

In base all’aumento del suo IDH, l’India non si sta comportando male. Ma, in termini di opportunità economiche, il paese potrebbe fare molto meglio. Così, il suo PIL pro capite è due volte superiore a quello del Bangladesh, ma un indiano vive in media tre anni di meno che un bangladese. Inoltre, in India, il lavoro minorile è ancora una ferita importante: riguarda un bambino su otto, cioè 17 milioni di bambini in totale. (21)

 

Venezuela

 

L’indice di sviluppo umano è uno strumento molto efficace per misurare lo sviluppo sociale di un paese. Un rapido aumento dimostra che il governo di un paese dà la priorità al benessere della sua popolazione. In caso di crescita lenta, è vero il contrario.

Sopra, abbiamo visto che la Cina ha un buon punteggio su questo piano. Lo stesso vale per il Venezuela per questi ultimi 12 anni. Negli anni 1980 e 1990 vi è stato un aumento molto lento. Lo sviluppo sociale del resto dell’America Latina è stato più di tre volte più grande e l’abbastanza grande vantaggio che il paese aveva conosciuto si era mutato in un ritardo.

Ciò è cambiato completamente quando Hugo Chávez è diventato presidente. Lo sviluppo sociale è aumentato vertiginosamente e rapidamente aumentato una volta e mezzo più velocemente rispetto al resto del continente. Nel 2010, l’IDH del Venezuela superava di nuovo la media dell’America Latina (22).

 

GRAFICO 8

 

Cuba

 

A Cuba, vi è rapida crescita dell’IDH, che è sorprendente soprattutto per ampiezza, o meglio, per la constatazione che lo sviluppo è insolitamente elevato rispetto alla base economica.

Questo paese ha un reddito pro capite sei volte inferiore a quello dei paesi ricchi. Ma, nonostante la mancanza di risorse economiche e la carenza di alcuni farmaci in seguito al blocco economico, la sua assistenza sanitaria è tra le migliori al mondo. Cuba ha il più alto numero di medici di tutto il mondo pro capite, cioè 6,4 per 1000 unità. Si tratta di 2,5 volte di più rispetto agli Stati Uniti, il doppio rispetto al Belgio, tre volte superiore all’America Latina e quasi cinque volte di più rispetto alla media mondiale (23).

Anche sul piano dell’insegnamento, Cuba è uno dei migliori al mondo. La percentuale di cubani adulti che seguono una formazione superiore è il più alto al mondo dopo la Corea del Sud, cioè il 95%. Va notato che il Venezuela si sta portando all’8° posto, con il 78% (24).

Cuba ha tali risultati perché il paese dedica una grande percentuale della sua ricchezza alle cure sanitarie e all’istruzione. Lo possiamo vedere dal grafico qui sotto. (25)

 

GRAFICO 9

 

Più generalmente, si tratta della questione intesa ad accertare in quale misura un paese dedica i suoi mezzi economici (limitati) allo sviluppo sociale della sua popolazione o, ancora, a quale punto un paese è realmente “sociale”. Il rapporto lo fa sistematicamente comparando la classificazione intermini di ricchezza economica (PIL pro capite) a quello sul piano dell’IDH.

Detto questo, non occorre stupirsi che Cuba raggiunga il miglior risultato. In termini di PIL pro capite, Cuba si classifica in 103° posizione. Ma in termini di IDH (fuori economia), guadagna 77 posti per finire al 26° posto. Anche altri paesi mostrano buoni risultati – anche se sono un po’ meno buoni: la Georgia, la Nuova Zelanda e il Madagascar. Altri paesi – i paesi “anti-sociali” dunque – fanno bassi punteggi: Stati del Golfo, Turchia, Guinea Equatoriale, Botswana … (26)

 

GRAFICO 10

 

Anche il grafico qui sopra mostra che Cuba ha raggiunto un livello paragonabile a quello del Belgio e anche migliore di quello della Gran Bretagna. Ciò mostra che un paese non deve per forza disporre direttamente di mezzi finanziari per raggiungere comunque uno sviluppo sociale elevato. È una constatazione delle più incoraggianti, per una rilevante parte del mondo.

Il grafico che segue mostra un confronto tra i risultati di Cuba coi migliori risultati del mondo. Un punteggio di 100 significa che si è i migliori del mondo e con 0 si è i peggiori. Un risultato intermedio mostra la vostra posizione in relazione ad entrambi. La linea tratteggiata rappresenta i risultati dell’OCSE, il club dei 30 paesi più ricchi del mondo. In termini di mortalità infantile e aspettativa di vita, Cuba offre risultati che girano intorno alla media dell’OCSE. In termini di formazione, è anche meglio della media. Ma il suo PIL pro capite, per contro, è molto più basso.

Per la maggior parte dei paesi, la misura di base (PIL pro capite) è quasi allo stesso livello dei primi tre (indicatori sociali). Per Cuba, non è questo il caso, la differenza è notevole. Nel rapporto, non ci sono paesi con un profilo simile. Solo Vietnam e Kerala (stati del sud-ovest dell’India) si avvicinano un pò. (27)

 

Impronta ecologica e calamità naturali

 

La relazione lamenta che alcuni paesi combinano uno sviluppo sociale elevato con una debole impronta ecologica. Una debole impronta ecologica significa che il modello di consumo e di produzione non supera la biocapacità media del mondo (1,8 ettari pro capite), vale a dire, che il paese ha abbastanza dal pianeta al fine di garantire il suo stile di vita. (28)

Nove paesi sono presi in considerazione per una favorevole combinazione socio-ecologica: Georgia, Armenia, Azerbaigian, Albania, Giamaica, Cuba, Ecuador, Perù e Sri Lanka. Se prendiamo l’IDH medio dei 47 paesi più ricchi (0,758), non resta che Cuba. (29)

 

GRAFICO 11

 

Il riscaldamento climatico ha il suo prezzo, letteralmente parlando. Le catastrofi naturali sono sempre più frequenti e sempre più violente. Il costo delle catastrofi naturali che si sono verificate soprattutto nel Sud nel 2011, è stato di 365 miliardi. È quasi tre volte l’aiuto totale allo sviluppo di questo stesso anno. (30)

I danni ambientali causano anche la povertà, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Se non si verificano modifiche considerevoli nella politica ambientale, il rapporto prevede che la povertà estrema nel mondo aumenterà da 1,2 miliardi nel 2010 a 3,2 miliardi nel 2050. Invece, una politica ragionata con maturità sul piano sociale ed ecologico potrebbe interamente, o quasi, sradicare la povertà estrema per quella stessa data (31).

 

Note

 

[1] UNDP United Nations Development Programme Organismo delle nazioni Unite che si occupa di povertà nel Terzo Mondo http://hdr.undp.org/en/media/HDR_2013_EN_complete.pdf 

[2] Nel 2011 la ricchezza totale prodotta (il cosiddetto PIL mondiale) è pari a 69.014 miliardi di dollari (espresso nel 2005 in dollari PPA). [P. 165] Il calcolo per la famiglia media è l’ipotesi plausibile che il reddito disponibile sia il 70% del PIL. In alcuni paesi questo è maggiore, in altri minore. I dati sono espressi in dollari PPP. Questa cifra tiene conto delle differenze di prezzo tra i paesi per gli stessi beni o servizi e quindi il potere d’acquisto reale.

[3] Fonti: http://www.unwater.org/statistics_s…http://www.voanews.com/content/deca … http://www.habitatforhumanity.org.u … http://www.fao.org/hunger/en/

[4] Fonte di riferimento: Quota di produzione mondiale: p. 2; commercio: p. 45, gli investimenti stranieri: p.47.

[5] p. 17.

[6] p. 12.

[7] p. 45.

[8] Resp. p. 45 a 15.

[9] p. 3.

[10] p. 25-6.

[11] p. 43.

[12] p. 51.

[13] La relazione si sostiene in uno studio della Banca Mondiale. http://siteresources.worldbank.org/INTPOVCALNET/Resources/Global_Poverty_Update_2012_02-29-12.pdf.

[14] p. 26.

[15] p. 96 http://data.worldbank.org/indicator/SI.POV.DDAY.

[16] p. 25.

[17] Dopo la relazione del PNUD 2011 offre due tipi di indice di sviluppo umano (HDI). Il primo HDI tiene conto della salute, l’istruzione e il PIL pro capite. Il secondo indicatore è il non-reddito HDI. Che ha permesso al PIL pro capite strada. Questo indicatore mostra in particolare il punteggio sociale di nuovo un paese.

[18] p. 149-151. Questi sono l’ISU tra PIL pro capite. Il rapporto fornisce alcuna evoluzione del non-reddito HDI.

[19] L’analfabetismo: p. 145-6, alcuni estremamente poveri: p. 160-1 e http://data.worldbank.org/indicator/SI.POV.DDAY.

[20] Resp. p. 167-8 e p. 90.

[21] La speranza di vita: p. 146-7, bambino: p. 176, vedi anche http://blog.wisdomjobs.com/child-labour-in-india/.

[22] p. 149 151.

[23] p. 166-9.

[24] p. 170-1.

[25] p. 162-5.

[26] p. 144-7.

[27] Per il Vietnam, le percentuali per gli indicatori sociali, rispettivamente. 88%, 21% e 77%. Il PIL pro capite è del 3%. [P. 146, 168 e 172.] Gli Stati federali come Kerala non sono inclusi nel report. Le percentuali di Kerala sono resp. 95%, 24%, 73% e 7%.

Fonte di riferimento: http://pib.nic.in/newsite/PrintRelease.aspx?relid=73084; http://www.srtt.org/institutional_grants/pdf/globalisation_higher_education.pdf; p. 16.

[28] p. 34.

[29] Il rapporto elenca i paesi non in modo esplicito, abbiamo compilato la lista stessa. Per l’ISU, vedi pag. 144-7, per l’impronta: http://en.wikipedia.org/wiki/File:H ….

[30] p. 95. Lo sviluppo è stato nel 2011 di 133,5 miliardi di dollari http://www.oecd-ilibrary.org/develo ….

[31] p. 96.

 

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

 


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