Questa si è rivelata una delle promesse di più breve durata mai effettuate.
Nel corso degli ultimi due mesi, si sono sviluppati due processi paralleli.
Da un lato, abbiamo il processo della politica reale, secondo cui i rappresentanti della Troika dettano tagli di bilancio, le misure di austerità, e profondi cambiamenti politici.
D’altra parte, abbiamo la messa in scena di una tragicommedia politica, con successivi incontri tra i massimi dirigenti dei partiti della coalizione di governo, con il costante proposito di “delineare le linee a cui non si può andare oltre”, per dimenticarlo immediatamente il giorno successivo, e mostrando una facciata impudente nel dichiarare che “ci si sta sforzando” di evitare misure ancora più dure, mentre è più che evidente che la maggior parte di queste misure era stata concordata fin dall’inizio.
Per aggiungere la beffa al danno, il Primo Ministro greco, prometteva che questo sarebbe stato il “definitivo pacchetto di austerità”.
Il governo greco ha messo insieme tutta una serie di misure di austerità, che porteranno ad una riduzione di 11,9 miliardi di euro di spesa pubblica nei prossimi due anni.
Questo pacchetto di misure è stato presentato agli inviati della Troika per essere approvato da costoro, in modo che possano essere concessi 31 miliardi di euro come fondo per il salvataggio finanziario, e così lo stato greco potrà salvarsi dalla bancarotta.
Questo pacchetto prevede:
- tagli al finanziamento dei Ministeri, che li renderà quasi nell’impossibilità di funzionare opportunamente.
- una drastica riduzione della spesa sociale, che include restrizioni al sostegno per le famiglie, tagli alle indennità di disoccupazione speciale per i lavoratori stagionali e ad altri benefici sociali, compresi i finanziamenti per le spese di trasporto dei pazienti sottoposti a dialisi.
- una nuova ondata di tagli al personale nel settore pubblico, costringendo migliaia di dipendenti pubblici vicini all’età pensionabile ad entrare in uno “status di pre-pensionamento” a salario ridotto, e nessuna riassunzione di dipendenti nel settore pubblico, nemmeno su un numero limitato di contratti a tempo determinato (ad esempio, insegnanti supplenti o contrattisti nelle facoltà universitarie), e contraendo il numero totale di enti pubblici.
- nuovi tagli alle pensioni e ai salari del pubblico impiego. I tagli alle pensioni non si limiteranno a peggiorare la qualità della vita per gli anziani. Essi priveranno le famiglie di un reddito che risulta determinante nel sostenere le forme di solidarietà tra le generazioni.
- una nuova massiccia ondata di privatizzazioni.
- tagli alla spesa sanitaria, nel momento in cui la Grecia è molto vicina a una crisi umanitaria. Questi tagli metteranno a repentaglio la capacità di molti ospedali e cliniche di funzionare correttamente e provocheranno un deterioramento della qualità dei servizi sanitari e una riduzione della copertura sanitaria nel suo complesso.
- la riduzione del numero complessivo di università, dipartimenti universitari e istituti di istruzione superiore, attraverso un processo di “ristrutturazione spaziale” dell’istruzione superiore.
- il blocco delle assunzioni su tutti i livelli di istruzione, licenziamenti di massa dei professori universitari aggiunti, nuovi tagli al bilancio dell’istruzione – tra cui l’abolizione della messa a disposizione gratuita dei libri di testo universitari -, e l’aumento delle tasse scolastiche per i corsi di laurea.
- riduzione dei finanziamenti in favore della cultura e delle Arti.
Oltre ai tagli di bilancio, viene imposta anche una nuova serie di “riforme”.
Una comunicazione interna, fatta trapelare ed inviata dai rappresentanti della Troika al Ministero del Lavoro, è stata decisamente rivelatrice. A parte la richiesta di una nuova riduzione del salario minimo (che già era stato ridotto da 751 a 586 euro), la Troika esige:
- il completo smantellamento di tutto ciò che è rimasto della regolamentazione del mercato del lavoro.
- l’abolizione della settimana lavorativa di 5 giorni e la reintroduzione della settimana lavorativa di 6 giorni.
- la riduzione del tempo minimo di riposo tra i turni, per sole 11 ore.
- sanzioni ridotte per le violazioni del diritto del lavoro e limitazioni alla capacità dell’ Ispettorato del Lavoro del Ministero del Lavoro di intervenire a favore dei lavoratori.
- riduzione dei contributi sociali a carico dei datori di lavoro, insieme alla riduzione delle pensioni.
Anche se questo pacchetto di misure di austerità sembra devastante, non è sufficiente per i rappresentanti della Troika.
In particolare, essi hanno messo in dubbio molte delle misure proposte, in particolare quelle che progettano una riduzione della spesa pubblica a seguito della ristrutturazione del settore pubblico. Comunque, hanno insistito su più “tangibili” tagli, che esigono licenziamenti di massa di dipendenti pubblici e di lavoratori del pubblico impiego, tagli aggiuntivi alle prestazioni sociali, ai salari sociali e alle pensioni, aumento della tassazione attraverso l’abolizione di quasi tutte le forme di esenzione fiscale per i redditi bassi, e l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni.
Questo ha provocato una nuova tornata di negoziati tra il governo greco e la Troika, ed anche all’interno della coalizione di governo.
Nel contempo, come risultato delle misure di austerità adottate finora e della supervisione da parte della Troika, il paesaggio sociale della Grecia si trova prossimo alla zona della rovina definitiva. La Grecia sta attraversando il quinto anno consecutivo di recessione, ed è quasi certo che anche il 2013 sarà un anno di recessione.
Complessivamente, la riduzione del PIL a partire dal 2008 raggiungerà il 22% alla fine del 2012.
Ufficialmente, la disoccupazione ha raggiunto il 24,4% nel mese di giugno 2012. La disoccupazione giovanile è al 55%, ma ancora più preoccupante è il forte aumento dei disoccupati nella fascia di età al loro massimo di produttività: il 21% nella schiera fra i 35-44 anni.
Per certo, nei prossimi mesi la disoccupazione effettiva supererà il 30%.
Il potere d’acquisto di un salario medio è tornato al livello del 2003 e quello del salario minimo al livello della fine degli anni ‘70.
Secondo l’OCSE la riduzione totale dei salari reali, a causa dei tagli salariali e dell’incremento della tassazione, ammonta al 25,3%.
Il 25,4% dei lavoratori dipendenti può essere inserito nella categoria dei “poveri con un lavoro”.
La “svalutazione interna” ha già raggiunto, in termini di costo del lavoro relativo, il 23%.
Si può riscontrare un forte aumento di tutte le forme di problematiche sociali connesse con l’insicurezza sociale e l’aumento della povertà, in particolare un forte aumento del numero di suicidi e dei tentativi di suicidio, direttamente collegati alla crisi economica.
La Grecia sta assistendo alla terza ondata di migrazione di massa nella sua storia moderna, questa volta principalmente sotto forma di una fuga di cervelli, poiché la maggior parte dei Greci in cerca di lavoro all’estero è altamente qualificata.
Sebbene la svolta più importante nel panorama politico sia consistita in uno spostamento verso la Sinistra, nondimeno questa crisi sociale, politica e culturale, caratterizzata da pratiche ideologicamente autoritarie, anti-comuniste, razziste e sessiste profondamente radicate, (con in più l’approvazione cinica di una retorica contro gli immigrati espressa da tutti i partiti politici e dai media del sistema), ha facilitato l’ascesa dell’organizzazione neo-fascista “Alba Dorata”.
Questo è anche un segnale di avvertimento che, se la Sinistra non si dimostra presente e attiva nell’articolare la rabbia e la disperazione in progetti di lotta, solidarietà ed emancipazione, si apre lo spazio all’estrema Destra per aumentare la propria presenza politica e per spostare l’equilibrio di forze verso destra.
Allo stesso tempo, nonostante la ristrutturazione del debito nella primavera del 2012, nei prossimi anni la Grecia avrà probabilmente livelli di debito insostenibili.
Secondo stime del Centro di Pianificazione e Ricerche Economiche (un centro studi apertamente pro-business), in quasi tutti gli scenari possibili la Grecia non raggiungerà l’obiettivo del rapporto Debito/PIL del 120% entro il 2020.
Siamo entrati in un circolo vizioso in cui l’aumento del debito provoca misure di austerità, che a loro volta portano alla recessione e, di conseguenza, riducono le entrate pubbliche in un circolo vizioso di austerità e di debiti che appare come una “spirale mortifera” per la società.
Inoltre, la crisi del debito della Spagna e l’aumento del costo del debito in Italia, hanno reso evidente che non si tratta semplicemente di una crisi della Grecia, ma di una crisi della stessa Euro-zona, una manifestazione delle contraddizioni intrinseche all’architettura monetaria e finanziaria dell’Euro come moneta unica, in un’area contrassegnata da divergenze in termini di produttività e competitività.
Il tentativo in corso da parte della Banca Centrale Europea di rispondere a questi problemi mediante un maggiore coinvolgimento della BCE sotto forma di acquisti massicci del debito pubblico degli Stati, può far guadagnare un qualche tempo, ma non è in grado di dare risposte per far fronte alle contraddizioni strutturali della zona euro.
Né è possibile affrontare l’attuale crisi semplicemente attraverso “meccanismi di stabilità”, che imporranno un’austerità esasperata in cambio di solvibilità.
Inoltre, è evidente che, nonostante tutte le “rassicuranti” dichiarazioni circa la volontà di mantenere la Grecia all’interno della zona euro, e il desiderio di evitare di fornire un’immagine di una crisi talmente acuta, in particolare nel periodo che precede le elezioni negli Stati Uniti, le organizzazioni economiche internazionali sono più preparate che mai a sopportare il costo di una potenziale uscita della Grecia dall’euro, o perfino di utilizzare tale uscita come prova della volontà dell’Unione Europea di “punire” tutti coloro che non accettano le sue norme.
Il discorso dominante considera questo processo non come devastazione sociale, ma come parte di un più ampio processo di adeguamenti strutturali della società.
In particolare, la retorica della Troika ha contenuti quasi neo-coloniali nell’esprimere tutto il suo zelo nella ricostruzione di una società secondo linee aggressivamente neoliberiste.
Tuttavia, ciò che viene nascosto in questa retorica è che non si sta semplicemente parlando di riforme in favore del mercato in modo che l’economia ritorni a nuove “dinamiche di crescita”, ma di un cambiamento molto più profondo nel paradigma sociale ed economico.
Il brusco deterioramento delle condizioni di vita, i cambiamenti forzati nelle abitudini di consumo e le nuove povertà portano a ciò che può essere descritto come “una società dalle ridotte aspettative”.
Questo va di pari passo con la contrazione delle basi di conoscenza dell’economia greca e con il declassamento forzato delle sue capacità produttive, attraverso gli attacchi contro l’istruzione superiore che provoca la fuga di scienziati; tutto questo compromette il passaggio verso le energie rinnovabili, le esportazioni agricole e il turismo, i principali settori di esportazione, e va a discapito di altri settori basati su tecnologie e manodopera altamente qualificate.
La massiccia ondata di privatizzazioni che il governo sta pianificando non porterà un afflusso consistente di investimenti, né potrà fermare i processi di de-industrializzazione. Porterà solo a maggiori costi, al peggioramento della qualità dei servizi, alla riduzione del personale, insieme alla perdita di sovranità sulle risorse naturali fondamentali.
Questo processo può essere definito come una “rimodulazione al basso di un Paese”.
Alla fine la Grecia risulterà essere un paese più povero, con una ridotta base produttiva, con una sovranità limitata, con una classe politica assoggettata a forme quasi neo-coloniali di vigilanza e controllo, e con una borghesia greca pronta ad accettare una posizione subalterna nella nuova risultante divisione europea del lavoro, costretta per di più a vedere diminuita la sua ambizione di un tempo di svolgere un ruolo economico e politico più importante nella regione, in presenza di un violento mutamento nel rapporto di forze con il mondo del lavoro.
È ovvio che la società greca è a un bivio.
Le forze del capitale hanno optato per un processo di un estremo e storico arretramento, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e politico, esemplificato nell’abbracciare aspetti dell’ordine del giorno neo-fascista dell’“Alba Dorata” (autoritarismo, “legge e ordine” , politiche anti-immigrazione).
Spetta alle forze del lavoro e alla Sinistra offrire una strada diversa e una vera strategia di uscita dall’attuale situazione di stallo.
Tuttavia, questo non può avvenire nei termini di “un sistema di governo di sinistra”, entro i limiti fissati dall’Unione europea, con incorporato il suo neoliberismo e la sua attuale mutazione autoritaria.
Un potenziale fallimento di un “governo di sinistra” condurrà solo a soluzioni ancora più reazionarie, soprattutto se prendiamo in considerazione il fatto che la neo-fascista “Alba Dorata” è al momento una forza crescente all’interno di un blocco politico di destra e di centro-destra che si sta progressivamente allargando..
Contrariamente alle posizioni dell’“Europeismo di Sinistra”, dobbiamo insistere sul fatto che una “Zona euro dal volto umano” è impossibile in presenza dell’attuale equilibrio di forze.
Ciò che è necessario è una rottura radicale con il circolo vizioso del debito, l’uscita dall’Eurozona come passo necessario nel reclamare e recuperare la sovranità monetaria e il controllo democratico sull’economia, e una narrazione alternativa, coerentemente radicale, di giustizia sociale e di ricostruzione delle capacità produttive, lungo linee direttive di socialismo.
Questo non può essere realizzato semplicemente nell’attesa di un inevitabile collasso del governo attuale.
Costruire un forte movimento di lotta ed estendere tutte le forme di solidarietà ad una società che sta lottando per sopravvivere non sono semplicemente modi per esercitare pressioni sul governo. Essi sono l’unico mezzo per ripristinare la fiducia nella possibilità di alternative radicali e fare in modo che le persone si rendano conto che non possono solo sopravvivere in una devastazione sociale, ma hanno ancora la possibilità di collettivamente costruire il proprio futuro.
Il 26 settembre è stato indetto dai sindacati uno Sciopero Generale. Speriamo che sia solo l’inizio di una rivolta sociale più ampia, che bloccherà questo tentativo cinico di “rimodulare al basso” una società.
Panagiotis Sotiris insegna sociologia e filosofia sociale e politica presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università dell’Egeo. Egli è un collaboratore regolare di “Greek Left Review”.
Può essere raggiunto a psot@soc.aegean.gr
articolo scritto per “Greek Left Review: The crisis seen from a left perspective – Rivista della Sinistra Greca: la crisi vista ad una prospettiva di sinistra”
http://greekleftreview.wordpress.com/2012/09/17/greece-the-downsizing-of-a-country/
diffuso da tlaxcala-int.org il 17 settembre 2012
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa