La incauta decisione dei governi dell’Unione Europea di adottare sanzioni contro la Russia, che hanno provocato l’adozione di dure controsanzioni da parte di Mosca, sta producendo delle conseguenze al proprio interno.
Un primo sintomo è stata la rabbiosa manifestazione degli agricoltori francesi a Morlaix in Bretagna che hanno addirittura dato fuoco al locale edificio dell’Agenzia delle Entrate (Msa). Avendo perduto la possibilità di esportare i loro prodotti agricoli in Russia a causa delle sanzioni, gli agricoltori hanno appiccato il fuoco agli uffici delle tasse usando pallet e pneumatici. Poco prima avevano versato fuori dell’edificio il loro carico di verdure invendute, patate, carciofi e letame, infine dopo aver rotto porte e finestre hanno dato fuoco a tutto. Gli agricoltori hanno anche ostacolato i vigili del fuoco che erano intervenuti per spegnere il rogo e l’edificio è andato parzialmente distrutto. I manifestanti se ne sono andati alle tre del mattino. Qui il video dell’incendio dell’ufficio delle tasse a Morlaix. Occorre dire che l’obiettivo scelto dalla rabbia dei coltivatori è stato decisamente pertinente (la sede istituzionale dell’ufficio delle imposte), tant’è che il primo ministro francese Manuel Carlos Valls ha già dichiarato che i responsabili dell’incendio doloso saranno puniti.
Ma se a causa delle sanzioni Parigi piange, Roma certo non ride. “Le perdite subite dall’Italia nel braccio di ferro tra Unione Europea e Russia sono quasi sette volte superiori al valore dei beni congelati all’oligarca russo Arkadi Rotenberg” afferma in una nota la Coldiretti, in una nota,commentando l’attuazione in Italia dalle sanzioni decise dall’Unione Europea che ha portato al blocco dei beni di Rotemberg per 30 milioni di euro. ”Le contromisure attuate dalla Russia, in vigore dal 7 agosto, con il divieto all’ingresso di una lista di prodotti agroalimentari che comprende frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, costano all’Italia – sottolinea la Coldiretti – quasi 200 milioni di euro all’anno” . In particolare – continua la denuncia dell’organizzazione dei coltivatori diretti – i settori piu’ penalizzati sono l’ortofrutta per un importo di 72 milioni di euro esportati nel 2013, le carni per 61 milioni di euro, latte, formaggi e derivati per 45 milioni di euro”.
Ma non c’è solo l’agricoltura o la produzione alimentare a subire le conseguenze delle sanzioni alla Russia. Secondo le stime della SACE (la società che assicura le esportazioni) l’export italiano sarà negativamente colpito dalle nuove sanzioni contro la Russia con una possibile riduzione dell’export Made in Italy in Russia nel biennio 2014-2015 compreso tra 0,9 e 2,4 miliardi di euro a seconda dell’evoluzione dello scenario. Il settore più esposto all’impatto delle sanzioni è la meccanica strumentale che potrebbe registrare una perdita di esportazioni tra 0,5 e 1,0 miliardi di euro nel biennio 2014-2015.
La Russia rappresenta il terzo mercato di sbocco per le esportazioni europee, pari a 230 miliardi di euro, mentre l’Unione Europea importa dalla Russia beni e prodotti per 150 miliardi di euro. In altri termini, le esportazioni nette europee verso Mosca sono di circa 80 miliardi all’anno. L’Italia è al quinto posto per la Russia, che esporta verso il nostro paese 32,6 miliardi e importa 13,4 miliardi.
Per quanto riguarda la Germania, l’organismo che rappresenta gli interessi delle aziende tedesche in Russia e in Europa orientale, spiega che e’ possibile che alla fine del 2014 il commercio con la Russia vedra’ le esportazioni ridotte dal 20 al 25%. Questo riguardera’ circa 50 mila posti di lavoro in Germania, ha detto Eckhard Cordes, direttore del Comitato Est.
Insomma le sanzioni contro Mosca si stanno già rivelando un boomerang per i paesi europei alle prese con la recessione. Gli unici a poterne trarre vantaggio, al momento più sul piano politico che su quello economico, sono solo gli Stati Uniti. Al contrario sul piano economico chi ne sta ricavando benefici è la Cina, che ha già strappato un multimiliardario accordo con la Russia sulla fornitura di gas ad un prezzo più basso di quello praticato da Mosca verso i paesi europei.
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