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Draghi doma la Bce, non la crisi

Il Bollettino mensile della Bce cancella – se mai ce ne fosse stato bisogno – ogni ottimismo sul futuro a beve dell’economia continentale.«A partire dalla scorsa estate i dati e i riscontri delle indagini congiunturali più recenti hanno indicato nel complesso un indebolimento della dinamica di crescita nell’area dell’euro». Di conseguenza, si è dovuto procedere a inserire questi nuovi dati «nelle previsioni più recenti delle istituzioni pubbliche e private, che mostrano una revisione al ribasso della crescita del Pil reale nell’orizzonte previsivo fino al 2016, confermando le previsioni di una ripresa economica modesta».

Conoscendo la cautela linguistica di Francoforte, quel “modesta” potrebbe anche essere letto come un più preoccupante “nulla”; ma non è caso che sia proprio la Bce a spargere pessimismo.

E quindi, «la domanda interna dovrebbe essere favorita dalle misure di politica monetaria, dai miglioramenti in atto nelle condizioni finanziarie, dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali, nonché dal calo dei prezzi dell’energia che sostiene il reddito disponibile reale». Ovvero da quanto sta facendo (o ha in programma di fare) la stessa Bce, come da condizioni geostrategiche particolari (la caduta del prezzo del petrolio è governata dall’Arabia Saudita, come vedremo in altro articolo).

Le speranze positive sono appunto speranze. E legate a una eventuale “ripresa mondiale” che potrebbe aiutare le esportazioni europee. Ma quando i condizionali si mettono in fila con questa intensità nutrire dei dubbi è altamente consigliato.

Tutto ciò non aiuterà per nulla, comunque, la situazione dell’occupazione all’interno dell’eurozona, quanto meno. «È probabile che la disoccupazione elevata, la cospicua capacità produttiva inutilizzata e gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato continuino a frenare la ripresa». Anche una ripresina da zero virgola non riuscirebbe a cambiare il dato, visto che il margine tra “capacità produttiva utilizzata” e quella potenziale è molto alto. Prima di assumere, insomma, qualsiasi impresa potrebbe far lavorare un po’ di più gli addetti che già ha a libro paga, diminuendo magari la pressione sui sistemi di welfare nazionali (cassa integrazione in Italia, contratti di solidarietà in Germania, ecc).

Dipinto questo scenario, Mario Draghi ha facile gioco a respingere le tentazioni “austere” dei rappresentanti di Bundesbak all’interno della Bce. E quindi continuerà a mantenere a zero i tassi di interesse e a promuovere un moderato quantitative easing, acquistando covered bond e Abs. Precisazione importante, dopo le indiscrezioni di alcuni giorni fa su scontri e divergenze ai piani alti dell’Eurotower: il direttivo è unanime «nel ricorrere a ulteriori strumenti non convenzionali nel quadro del suo mandato». Jens Weidmann e i suoi alleati stanno insomma facendo buon viso al gioco di Draghi.
Ma il denaro facile riuscirà finalmente a sospingere gli investimenti privati verso destinazioni produttive, invece che finanziare ancora una volta la speculazione di borsa du titoli azionari e obbligazioni? La Bce è convinta di aver trovato la soluzione giusta per far sì che «gli interventi miglioreranno ulteriormente il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, favoriranno le condizioni di finanziamento nell’area dell’euro, promuoveranno l’offerta di credito all’economia reale e avranno ricadute positive su altri mercati».
Ma intanto l’inflazione resterà molto bassa, anzi scenderà ancora (anche se i dati dell’Istat di stamattina segnalano un più 0,1% in ottobre, che fa titolare a qualcuno “è finita la deflazione”). Il che è da sempre un’aspettativa che fa rinviare sia le scelte di investimento che di spesa per consumi. E quindi la Bce è costretta a rivedere anche le stime sull’aumento del Pil dell’eurozona: +0,8% per il 2014 (limatura del precedente +1%), +1,2% per il 2015 (da 1,5%) e +1,5% per l’anno successivo (da 1,7%).

Ma a questo ritmo, se pure verrà confermato dai fatti, non ci sarà un solo occupato in più. E le tensioni sociali sono quindi destinate ad aumentare.

 

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