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Delocalizzare la sanità, l’ultima idea dell’accordo Tisa

La “manutenzione degli esseri umani” è un costo. Non c’è momento della giornata che qualcuno – specie dalle poltrone di governo – non ce lo ricordi. E se l’uomo è ridotto a una merce come le altre, allora la riduzione di questo costo di manutenzione diventa un obiettivo economico, di bilancio, che può essere tranquillamente affrontato. In segreto, però, perché ahinoi l’essere umano a volte si offende a vedersi trattato come un pezzo di carne che non si decide a morire in silenzio.

Rendiamo merito a Wikileaks che ha scoperto e diffuso alcuni documenti di preparazione del Tisa (Trade in Services Agreement), in specifico riguardanti la sanità, e Vittorio Longhi per averne ricavato un interessantissimo articolo su Repubblica (a proposito: il padrone del giornale, Carlo Debenedetti, ha forti interessi nella sanità privata; i capiredattori attuali devono essersi distratti un attimo).

Di “delocalizzazione” della sanità abbiamo già esperienza diretta, qui in Italia. Un sacco di gente ormai va a farsi aggiustare i denti in Romania o paesi similari (per livello di prezzo e facilità di viaggio) solo per risparmiare qualcosa. Magari rimettendoci anche, perché spesso deve ricorrere a un dentista italiano per aggiustare i danni arrecati da quelli low cost). Un altro effetto è rintracciabile nell’aumento esponenziale di infermieri extracomunitari negli ospedali nazionali, spesso assunti da compiacenti “cooperative” cui viene esternalizzato il servizio, nell’assoluto silenzio dei sindacati “complici”.

Ma qui si parla d’altro. Di un vero e proprio “piano strategico globale” per distruggere la sanità pubblica occidentale, abbattendo drasticamente i costi di “manutenzione” delle rispettive popolazioni. Il dispositivo economico è inserito in un vero r proprio trattato internazionale, dagli effetti voluti e perseguiti con assoluta determinazione.

“una simile riforma avvantaggerebbe i cittadini più ricchi e le cliniche private”, suggerisce Jane Kelsey, esperta di commercio internazionale, citata da AWP. “Gran parte delle risorse, però, verrebbe da sistemi pubblici nazionali, i cui attuali livelli di investimento, già bassi, sono presi a pretesto per favorire quest’opera di privatizzazione e delocalizzazione”.

Chiarissimo. Se mano i pazienti middle class italiani o tedeschi a farsi curare in India (per esempio), i costi strutturali (padiglioni, personale, macchinari, ecc) graveranno su di loro, anche se ovviamente il “nostro” Stato pagherà un tot per ogni paziente. E qui, nella civile Europa, potranno chiudere interi ospedali.

E poi, se “la manutenzione” esternalizzata non risulterà troppo efficiente, restituendoci una percentuale un po’ troppo alta di deceduti, ci sarà un risparmio anche sul fronte pensionistico…

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di VITTORIO LONGHI


Una nuova proposta del segretissimo Accordo per il commercio dei servizi (Trade in Services Agreement), TISA, prevede la delocalizzazione dei servizi sanitari su scala globale, in un mercato potenziale da 6 trilioni di dollari.

A rivelarlo è un documento trapelato attraverso la rete Associated Whistleblowing Press (AWP). Il documento consiste in una proposta avanzata discussa a un incontro della Commissione UE sulle politiche commerciali, servizi e investimenti, tenuto a Bruxelles il 6 ottobre scorso.

Su un sito dell’UE si trova traccia di quell’incontro ma niente si sa del contenuto della discussione, perché i negoziati TISA  –   53 paesi, tra cui l’Italia – avvengono sempre a porte chiuse. Le fonti confermano, in ogni caso, che la proposta ha trovato apprezzamenti tra i partecipanti
.
A dicembre Repubblica. it aveva rivelato un altro leak TISA, sulla commercializzazione dei dati, con grandi rischi per la privacy.
Nel documento uscito oggi si legge che c’è “un potenziale enorme ancora non sfruttato per la globalizzazione dei servizi sanitari” soprattutto perché questi servizi “sono finanziati ed erogati dallo Stato o da enti assistenziali e non sono virtualmente di interesse per concorrenti stranieri, dato che mancano scopi commerciali”.

In sostanza si prospetta l’apertura totale delle frontiere al mercato della sanità, per facilitare la mobilità dei pazienti tra paesi diversi, una sorta di “turismo della cura”.  Gli osservatori critici dicono che questo finirebbe per alzare i costi nei paesi in via di sviluppo e abbassare la qualità dei servizi in quelli industrializzati, a beneficio delle compagnie assicurative per i premi maggiorati.

Il mercato e il diritto alla salute
Inoltre, “una simile riforma avvantaggerebbe i cittadini più ricchi e le cliniche private”, suggerisce Jane Kelsey, esperta di commercio internazionale, citata da AWP. “Gran parte delle risorse, però, verrebbe da sistemi pubblici nazionali  –  aggiunge – i cui attuali livelli di investimento, già bassi, sono presi a pretesto per favorire quest’opera di privatizzazione e delocalizzazione”.
Il sistema proposto da TISA va sempre più nella direzione degli assegni o dei voucher individuali da spendere all’estero, in una competizione tra Paesi che comprimono i costi, prevalentemente sul lavoro medico e paramedico.

“È scandaloso che simili proposte, mirate a smantellare la sanità pubblica, siano discusse in segreto e che i cittadini debbano venire a sapere dalle fughe di notizie ciò che i governi decidono in loro nome”, commenta Rosa Pavanelli, leader di Public Services International, PSI, sindacato internazionale. “La salute è un diritto umano e non è in vendita  – sottolinea -, i sistemi sanitari esistono per dare servizi alle nostre famiglie, non per consentire profitti alle multinazionali.”

Il fatto è proprio che la sanità si presenta come un business miliardario e gli interessi in gioco sono enormi. L’incidenza media di spesa per la sanità nei 53 paesi partner dell’accordo è del 12,5 per cento, per un valore di oltre 6 trilioni di dollari all’anno. Una cifra che corrisponde al 90 per cento della spesa globale per la sanità.

Secondo PSI e gli attivisti che si oppongono al TISA, infatti, dietro l’accordo ci sono alcune grandi imprese dei servizi riunite nella Coalition of Services Industries, prevalentemente statunitensi, e gruppi assicurativi collegati, come l’American Insurance Association, AIG, Prudential, Liberty Mutual e Metlife.

Nessuna trasparenza
Questo sulla sanità è il terzo documento che trapela dai negoziati sul TISA nel giro di pochi mesi. A giugno Wikileaks ha fatto uscire un importante allegato sui servizi finanziari proposto dagli Stati Uniti, che avrebbe ulteriormente deregolamentato il sistema, senza considerare i disastri provocati dalla crisi finanziaria del 2007.

A dicembre Associated Whistleblowing Press ha rivelato il piano per incrementare il commercio dei dati e delle informazioni via web, a danno della privacy e della net-neutrality, la parità di accesso alla rete.

Nei mesi scorsi, durante un dibattito sul commercio internazionale, il vice ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda aveva assicurato che i servizi pubblici essenziali, come quello sanitario, non erano inclusi nel TISA.
Eppure, in ambito europeo la segretezza del trattato continua a suscitare critiche e perplessità.

A gennaio scorso Viviane Reding, rapporteur al parlamento europeo su TISA, ha voluto chiarire che alcuni servizi non possono essere considerati in un simile trattato commerciale, ma ha anche dovuto riconoscere la sua mancanza di trasparenza… [qui, come si diceva una volta, “il manoscritto (online) si interrompe”]

da Repubblica.it

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