E’ scattata la tagliola delle agenzie di rating internazionali sulla Turchia. Sia Moody’s che Standard and Poor’s hanno reso noto di aver ridotto la valutazione sul debito della Turchia alle prese con i dazi statunitensi e forti tensioni valutarie. Moody’s ha tagliato a Ba3 da Ba2 ed ha cambiato a “negativo” l’outlook sulla tenuta creditizia del Paese, mentre la S&P ha tagliato il rating del debito sovrano del Paese a B+ da BB-, con un secondo declassamento nell’arco di un mese.
Per Moody’s la scelta si fonda soprattutto sul “continuo indebolimento delle istituzioni pubbliche turche” e sul fatto che le politiche di Ankara sono sempre meno prevedibili. Valutazioni analoghe quelle di S&P: secondo l’agenzia inoltre la Turchia rischia di entrare in recessione il prossimo anno. “Il sostanziale indebolimento della lira – si legge in una nota – ha implicazioni finanziarie negative e prevediamo una contrazione dell’economia nel 2019”
Ma mentre gli Stati Uniti non escludono nuove sanzioni contro la Turchia, Ankara si dice convinta di poter uscire dalla crisi senza l’aiuto dell’FMI, ma solo con misure di rigore fiscale.
“Usciremo ancora più forti da queste turbolenze” – ha detto ieri il ministro delle finanze della Turchia, Berat Albayrak nel corso di una conferenza con un migliaio di rappresentanti di fondi e investitori stranieri – “Non ci sono piani del Fondo Monetario Internazionale. Ci concentreremo invece sugli investimenti diretti stranieri nel paese”.
Il canale turco Trt riferisce che nella conferenza, il ministro ha spiegato come il paese intenda fare ampio uso di misure fiscali per ridurre il pesante deficit delle partite correnti e mettere un freno all’inflazione salita al 16% annuo.
Albayrak ha aggiunto che il governo chiederà ai ministeri tagli delle spese compresi fra il 10 e il 30 per cento e che l’obiettivo è di arrivare ad avere un surplus primario di 6 miliardi di lire turche per il resto dell’anno. La Turchia, ha aggiunto infine il ministro, sta progettando di inserire nella costituzione il principio tutto liberista dell’obbligo del pareggio di bilancio.
Dopo il crollo della scorsa settimana, la lira turca ha iniziato la risalita tre giorni fa quando la banca centrale ha annunciato che fornirà alla banche tutta la liquidità di cui hanno bisogno per superare la crisi, mentre ieri il governo di Erdogan ha incassato la promessa da parte del Qatar (alleato/competitore dell’Arabia Saudita, ndr) di investire in Turchia 15 miliardi di dollari.
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