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La Cina, dopo 40 anni, proietta la sua potenza sul mercato interno

Alla Plenaria dell’Assemblea del Popolo, ieri il premier Li Keqiang ha annunciato nuove misure di stimolo fiscale, portando il deficit dal 2.6 al 2.8%.

140 miliardi di dollari per linee ferroviarie, di cui 3.300 chilometri ad alta velocità, 240 miliardi di dollari per strade, porti e aeroporti, ma soprattutto un drastico abbassamento dell’Iva dal 16 al 13%, quando lo scorso anno era già diminuita dal 17 al 16%.

Li Keqiang ha parlato di un contesto interno ed internazionale complicato ed è per questo che si è deciso uno stimolo fiscale, lato Iva, di circa 300 miliardi di dollari.

L’obiettivo è quello di difendere i produttori nazionali in un contesto futuro di forte apertura agli operatori esteri data dalla nuova legge sugli investimenti esteri, a cui si dà, dopo 40 anni, la possibilità di detenere la maggioranza delle azioni, una possibilità concessa finora alla Bmw e all’americana Tesla.

La Cina apre il settore manifatturiero, quello dei servizi, in particolare banche e assicurazioni, agli operatori esteri nel quadro del futuro accordo Xi-Trump. L’abbattimento dell’Iva è una misura di protezionismo fiscale per gli operatori nazionali che in futuro dovranno vedersela con le multinazionali estere.

Inoltre lo stimolo fiscale di 300 miliardi, unito alla possibilità delle banche pubbliche di aumentare del 30% i prestiti per le imprese private, ha l’effetto del deleveriging del debito, vale a dire la possibilità di rientrare dalle esposizioni creditizie delle imprese, indebitate per il 188% del pil con il “sistema finanziario ombra”.

Come con le detrazioni, anche in questo caso vi è una fiscalizzazione degli oneri del debito, stavolta a favore delle imprese private cinesi al fine di prepararsi alla concorrenza estera.

Ovviamente, il drastico calo dell’Iva avrà ulteriori effetti sulla domanda interna. Il quadro che si prospetta è quello di puntellare la classe media – attualmente stimata in 400 milioni di persone, la somma del totale Usa+Ue – con l’obiettivo di portarla a 600 miloni, per farne la protagonista della crescita cinese nel prossimo decennio.

Il quadro internazionale è fosco; il commercio mondiale è rasoterra, negli ultimi anni è cresciuto meno del pil mondiale; nell’Occidente la povertà aumenta; occasioni di profitto ce ne sono sempre meno e in più le prospettive di Eurozona e Usa nei prossimi anni non sono rosee.

La Cina sa che dal mercato mondiale si può aspettare sempre meno, forse qualcosa dall’area asiatica. Ecco che si rivolge alla classe media interna per farne la protagonista di una proiezione interna della crescita. Aumento del tetto di imponibile, detrazioni e deduzioni per 200 miliardi di dollari a favore dei lavoratori, ora l’abbattimento dell’Iva. Il quadro è completo per proiettare la potenza industriale cinese verso il mercato interno.

Per la dirigenza cinese i consumi devono prendere il posto degli investimenti e del commercio estero e, per farlo, aumentano a dismisura la classe media.  Sarà di 600 milioni di persone entro pochi anni, altre 600 milioni sono nel resto dell’Asia, fanno 1.200 milioni, la più estesa area di classe media del mondo.

E dire che  quest’area pesa per appena l’8% dell’export italiano. Chissà se la visita di Xi Jinping il 22 marzo a Roma farà aprire gli occhi all’Italia.

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