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Bce in crisi davanti alla crisi

Quanto è grave la crisi economica che stiamo attraversando? Recessione tecnica dell’Italia a parte (due trimestri consecutivi di “crescita negativa”, seppure di pochissimo), per averne un’idea si deve guardare alle decisioni prese dalla Bce e rese note ieri da Mario Draghi.

Il tasso di interesse base resta al livello zero, e questo era ampiamente previsto. Ma Draghi ha anche anticipato che sarà così per tutto l’anno in corso, rinviando evenetuali rialzi al prossimo anno e alle decisioni del prossimo presidente della Bce.

Draghi, infatti, è in scadenza di mandato e già ora i quotidiani economici segnalano che sarà il primo presidente di una banca centrale a non aver mai alzato i tassi nel corso del proprio mandato. Draghi è salito sulla prima poltrona dell’istituto di Francoforte a metà 2011 (giusto in tempo per firmare insieme al predecessore, Jean-Claude Trichet, quella famosa “lettera” al governo italiano che imponeva di fare le “riforme strutturali” per cui, subito dopo, fu defenestrato il duo Berlusconi-Tremonti e consegnato tutto il potere a Mario Monti).

Allora il tasso di interesse era all’1,5%. Con otto riduzioni successive, nel 2016 lo ha portato a zero e lì è rimasto.

Una buona cosa, certamente, per tutti coloro che devono prendere denaro in prestito (per esempio chi deve accendere un mutuo per comprare casa), ma anche il segnale che l’economia non sta funzionando in modo regolare. In fondo è un controsenso – in qualsiasi modo di produzione – che il prestito di denaro non produca una remunerazione, anche piccola.

E invece siamo al paradosso teorico – solo apparente, a ben vedere – per cui il denaro che le banche private vogliono “parcheggiare” nei forzieri della stessa Bce ha un rendimento negativo pari al -0,4%. Ossia depositano 100 euro e se ne vedono restituire poi 99,6. Perché lo fanno? Perché una perdita sicura, ma minima, è meglio che il normale “rischio” di prestare soldi e non vederseli restituire, in tutto o in parte.

L’economia è insomma ferma, nel migliore dei casi. Ma soprattutto non manda alcun segnale di ripartenza. Tanto che Draghi ha dovuto preannunciare nuove aste T-Ltro di durata due anni.

Di che si tratta? I T-Ltro prevedono un’asta mediante la quale vengono erogati prestiti pluriennali (massimo quattro anni) alle banche dell’Eurozona con rendimento di poco superiore a quello del tasso di riferimento – ad oggi allo 0,00% – ma che può scendere anche al livello del tasso sui depositi, ad oggi a -0,40%.

Perché vengono messi in atto? Vengono offerti alle banche dei finanziamenti a lungo termine a condizioni molto vantaggiose con l’obiettivo di migliorare le condizioni del mercato del credito del settore privato e di stimolare i prestiti bancari all’interno dell’economia reale.

Il problema, verificato con tutti i T-Ltro precedenti, è che ciò non si verifica, per lo meno nelle dimensioni sperate. Le banche trattengono i soldi, perché prestarli alle imprese e alle famiglie è troppo “rischioso” ed in ogni caso le nuove regole bancarie decise dall’Unione Europea le obbligano a mettere “a riserva” una quantità maggiore di capitali.

Ma l’aspetto più interessante è che tutte queste misure (tassi di interesse a zero, aste T-Ltro, ecc) sono definite dalla stessa Bce “non convenzionali”. Ovvero non previste dalle normali regole di “buona amministrazione” della politica monetaria.

C’è molta ironia della Storia, in questo modo di procedere: la Bce sta lì per imporre con politiche monetarie “ortodosse” il rispetto dei singoli Stati delle regole “ortodosse” imposte dai trattati europei. Ma neppure lei riesce a rispettare che regole che vorrebbe veder rispettate dagli altri.

Peggio ancora: neanche l’adozione di misure “non convenzionali” riesce a produrre qualche risultato.

Quanto è grave la crisi, allora? Ve lo sta dicendo l’impotenza della Bce a generare processi positivi, qualsiasi strumento usi.

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