Tra qualche giorno finiranno gli 8 anni di mandato di Mario Draghi, presunto allievo del grande economista Federico Caffè, alla presidenza della Bce.
Se volete un bilancio su questi 8 anni compratevi Milano Finanza di oggi. Innanzitutto l’editoriale di Angelo de Mattia, ex direttore centrale di Banca d’Italia e del Direttorio al tempo del governatore Antonio Fazio, dall’eloquente titolo “Inflazione e Vigilanza, le due ombre degli otto anni di Mario Draghi.”
In sostanza De Mattia afferma che Draghi ha fallito nell’unico mandato concesso alla Bce, quello di ancorare l’inflazione sotto, ma vicino, al 2%. Questa soglia non è stata mai raggiunta, anzi, negli ultimi mesi l’inflazione nell’eurozona sta sempre più calando, con quella italiana quasi a livello di deflazione, 0,3%.
Un altro fallimento è la Vigilanza Bancaria, di cui il consiglio della Bce sottoscriveva le direttive. Un esempio lo si è avuto in Italia con il bail in – che tra l’altro viola l’art. 47 della Costituzione a proposito di tutela del risparmio – di Popolare Etruria, Cassa Marche, Tercas, Popolari Venete ecc, sotto la direttiva Brrd.
Risoluzioni che hanno sconquassato il sistema finanziario italiano, con conseguente fuga di capitali verso Germania e Olanda, peggiorando il saldo Target2, ma anche con l’esplosione dei crediti deteriorati.
La Vigilanza è stata invece assente su Deutsche Bank e sui level 3 – titoli “illiquidi”, ossia carta straccia – vere bombe in mano a gruppi francesi e tedeschi. Feroce contro l’Italia, la Vigilanza Bancaria ha chiuso un occhio, anzi due, sui derivati in pancia a queste banche.
Circa il mancato raggiungimento del target inflazionistico, De Mattia lo imputa a fattori internazionali (immaginiamo la caduta dei prezzi delle materia prime) e a regole fiscali stringenti da parte dei governi.
Quel che De Mattia non dice (ma che sembra sottinteso) è che ad esempio il Fiscal Compact, da lui definito nel 2013 “incostituzionale”, è stato voluto dalla Bce nel 2011 con la famosa lettera di Trichet e Draghi al governo italiano.
Le riforme strutturali nell’eurozona, che la Bce ha voluto, hanno condotto all’estrema flessibilizzazione dei mercati del lavoro, all’esplosione della disoccupazione (per tenere bassi i salari) e alla deflazione salariale.
Non pochi economisti che non si sono adeguati, come Paolo Savona e Guido Salerno Aletta, riconducevano a consistenti aumenti salariali la via per tornare a target inflazionistici normali e a scongiurare la deflazione.
In realtà, l’immissione di liquidità con il Qe, in luogo di combattere la deflazione, ha portato 4.500 miliardi di euro (così stimati in un recente editoriale su Milano Finanza da Salerno Aletta) verso il sistema finanziario americano, finanziando lo sviluppo di quel paese in luogo dell’Eurozona.
La direttiva Brrd ha portato in Italia ad un aumento dei depositi a vista di 109 miliardi, con una diminuzione delle obbligazioni bancarie (mancando quindi fondi a medio-lungo termine per finanziarie l’economia reale); ma soprattutto, scriveva ieri Salerno Aletta su Teleborsa, ad un crollo di 259 miliardi di impieghi all’economia reale in 8 anni.
Le banche si sono rifatte dirottando la ricchezza verso fondi che investono all’estero e nel wealth management, con conseguente forte aumento delle commissioni, sempre dirottato all’estero.
Il fallimento della politica monetaria europea da parte di Mario Draghi lo certifica oggi, sempre su Milano Finanza, Jamie Dimon, amministratore delegato della più grande banca d’affari al mondo, JPMorgan, che invita la Fed a non avviare, come la Bce, i percorsi di tassi negativi che stanno sconquassando le banche europee.
In ultimo, sempre con la Vigilanza, e sempre su Milano Finanza di oggi, il ministro dell’economia Gualtieri metterà nella finanziaria 2020 una norma in base alla quale gli 80 miliardi di crediti semideteriorati che hanno le banche italiane avranno la garanzia pubblica, utile per poterle smobilizzare.
Un bilancio di Draghi dovrà essere fatto alla luce della lettera di agosto 2011 al governo italiano, che ha provocato la più devastante crisi economica dall’unità d’Italia. Ora Draghi rispolvera Keynes e forse Caffè. Troppo tardi.
C’è chi in modo educato e sottile – ma da pari a pari, come incarichi ricoperti e competenza tecnica – gli presenta il conto.
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