Non siamo al livello di paradosso del geniale film “Smetto quando voglio”, ma la situazione dei laureati, dottorandi etc. in Italia, è ancora sensibilmente peggiore di quella di altri paesi a capitalismo avanzato. Secondo il rapporto Starting Salaries Report curato dalla società Willis Towers Watson, i neolaureati italiani sono tra i meno pagati d’Europa e la retribuzione al loro primo impiego è in media inferiore del 71% a quella dei laureati tedeschi.
Il Rapporto ha analizzato le retribuzioni offerte ai neolaureati in 31 paesi (soprattutto dell’area Ocse), mettendoli in relazione sia ai diversi livelli di istruzione che ai settori di attività.
I neolaureati italiani, finiscono infatti al 14° posto nella classifica che ha preso in esame il valore del primo stipendio. Sono più avanti all’Italia anche paesi come Slovenia e Irlanda.
La retribuzione di un neolaureato in Italia può arrivare a 28.827 euro mensili (lordi ovviamente e comunque sufficienti per beccarsi una aliquota Irpef del 38%, dodici punti in più di quella sulle rendite finanziarie che è al 26%). I neolaureati in Francia arrivano invece a 36.809 euro e quelli tedeschi a 49.341 euro. Il top sono gli svizzeri che arrivano a 73.370 euro e risultano i più pagati d’Europa.
Attenzione ai veleni
Il Rapporto della Willis Towers Watson però ha, come prevedibile, la sua coda velenosa in termini di visione sociale. Infatti sottolinea come le diseguaglianze tra l’Italia e gli altri paesi capitalisti, siano dovute anche al rapporto tra valore della retribuzione e livello di scolarizzazione e cioè al fatto che in Italia tra un diplomato/a e un laureato/a sul piano retributivo non ci siano delle differenze così rilevanti come invece dovrebbero essere secondo la logica liberale.
Secondo il Rapporto, in Italia chi ha studiato di più ed è arrivato alla laurea può aspirare a guadagnare solo il 12% in più rispetto a un neodiplomato. Paradossalmente lo stesso divario (13%) si riscontra anche tra chi ha una laurea e chi ha un dottorato. In Germania invece la laurea assicura una retribuzione superiore del 32% rispetto a un diplomato o in Francia ad un dottorato viene riconosciuto un salario superiore del 43% rispetto ad un laureato/a.
Si palesa così il consueto capolavoro, retorico e velenoso, dei liberali e della loro visione della società. Studi e rapporti come quello segnalato, indicano il problema ma propongono sempre “soluzioni benefiche” che accentuano le divisioni, le discriminazioni, le recriminazioni verso chi sta sotto e mai verso chi sta sopra e che ha determinato questo tipo di problemi.
Ignorano, o peggio ancora fingono di ignorare, che nei paesi europei periferici come l’Italia (come negli altri Pigs), le imprese nazionali o multinazionali che siano, usano la forza lavoro anche qualificata puntando al massimo rendimento e alla bassa retribuzione. Non riusciamo a dimenticarci gli ingegneri che alla Motorola di Torino nel 2008 avevano una retribuzione di 1.200 euro, oppure le notizie che ci giungono da tante aziende private che pretendono dipendenti laureati ma retribuzioni indecenti. Né possiamo ignorare che nel settore pubblico, molto spesso dipendenti diplomati e laureati hanno di fatto le stesse mansioni, con la sola differenza che ai primi non vengono riconosciute come tali.
Inoltre è criminale continuare a ignorare il processo di spoliazione delle migliori risorse umane ed intellettuali in corso nei paesi europei periferici per concentrarli nel cuore produttivo, finanziario e tecnologico dell’Unione Europea e rafforzarne la competitività. E’ un processo pianificato dal protocollo del “Processo di Bologna” già nel 1999.
Per rimanere sul tema, occorre poi rammentare che le rilevazioni di Alma Laurea nel 2018 sulla carriera lavorativa delle persone che hanno appena conseguito una laurea, ammettevano che dopo un breve momento di “luce”, i laureati entrati nel mercato del lavoro erano riprecipitati alla situazione di otto anni prima, cioè dentro la tempesta della crisi del 2007/2008.
Secondo Alma Laurea, dal 2010 i giovani neo-laureati italiani hanno attraversato in sostanza tre fasi diverse.
La prima è stata anche la più difficile, ovvero quella che ha fatto seguito alla grande crisi economica deel 2007/2008 e che ha visto calare sia quantità che qualità del lavoro. Fino al 2013 erano diminuiti i neo-laureati che erano riusciti a trovare un impiego entro i tre anni dopo aver conseguito il titolo, e la retribuzione netta media era cala di oltre 100 euro al mese.
Poi c’era stata una fase di ripresa, che aveva spinto in alto impieghi e retribuzioni ma senza ancora recuperare la situazione.
Quest’ultima fase di crescita si è interrotta proprio nel 2018, quando invece l’occupazione per i neo-laureati è tornata a diminuire e con essa anche le retribuzioni. Infatti anche se il valore nominale degli stipendi è maggiore che nel 2010, in realtà esso è in grado di comprare meno beni e servizi di allora a causa dell’aumento dei prezzi.
Il potere d’acquisto dei giovani neo-laureati, in sostanza, risulta così ancora inferiore rispetto a quello di otto anni fa, in maggiore minore ma comunque come tutti altri lavoratori. Solo i ricchi e i rentiers sono riusciti ad arricchirsi in questi anni.
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