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Rapporto ILO: “Per il lavoro è la peggiore crisi dalla Seconda Guerra Mondiale”

Secondo un rapporto reso noto ieri dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (in sigla Ilo, organizzazione Onu con sede a Ginevra, ndr), la pandemia di coronavirus cancellerà a livello mondiale, nel secondo trimestre del 2020, un numero di ore lavorate del 6,7%, pari a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. Una cifra decisamente preoccupante per gli effetti che produrrà a livello sociale in molti paesi.

Gli scenari dell’Ilo cercano di entrare più nel dettaglio sottolineando come l’attuale crisi mondiale potrebbe distruggere fino a 24,7 milioni di posti di lavoro.

Il rapporto indica questa cifra come il caso peggiore, o alto scenario di disoccupazione globale, ma ha precisato che una risposta politica coordinata a livello internazionale potrebbe consentire un impatto significativamente inferiore. In questo caso, ha stimato uno scenario basso, con una disoccupazione di 5,3 milioni di persone. Ha quindi calcolato uno scenario medio, di 13 milioni di posti di lavoro persi, di cui 7,4 milioni nei paesi ad alto reddito.

Ogni scenario è stato calcolato a partire da un livello di base di 188 milioni di disoccupati nel 2019.  L’ILO ha avvertito che, mentre queste stime sono ancora “altamente incerte”, indicano comunque un “aumento sostanziale della disoccupazione”.  A titolo di confronto, tra il 2008 e il 2009, durante la crisi finanziaria globale, sono andati persi circa 22 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo.

Secondo il rapporto, più di 4 persone su 5 (81%) nella forza lavoro globale, valutata in 3,3 miliardi di lavoratori, sono attualmente interessate dalla chiusura totale o parziale delle attività produttive. I settori più a rischio sono quelli degli alloggi, della ristorazione, delle manifatture, della vendita al dettaglio e delle attività commerciali e amministrative.

L’ILO ha affermato che la pressione sul reddito dovuta al declino dell’attività economica “devasterà” i lavoratori vicini o al di sotto della soglia di povertà. Ha calcolato che ci potrebbero essere ben 35 milioni di persone in più in condizioni di povertà lavorativa in tutto il mondo rispetto a prima della stima pre-coronavirus per il 2020.Il che, ovviamente, non significa che chiuderanno tutti ma il dato offre una dimensione globale del problema.

“I lavoratori e le imprese si trovano di fronte a una catastrofe, sia nei Paesi con un’economia avanzata che in quelli in via di sviluppo”, ha detto il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder. “Dobbiamo muoverci velocemente, in modo deciso e congiunto. L’adozione tempestiva di misure efficace potrebbe fare la differenza tra la sopravvivenza e il collasso”, ha sottolineato Ryder.

L’Ilo definisce la crisi innescata dal Covid-19 come “la peggiore crisi globale dopo la Seconda guerra mondiale”, e sono circa 1,25 miliardi i lavoratori impegnati nei settori identificati come ad alto rischio di incremento “drastico e devastante” dei licenziamenti e delle riduzioni dei salari e dell’orario di lavoro. “Molti svolgono lavori poco retribuiti e poco qualificati, dove un’improvvisa perdita di reddito può rilevarsi devastante”, sottolinea l’Ilo, spiegando che occorre adottare misure integrate e su larga scala, incentrate su quattro pilastri: sostenere le imprese, l’occupazione e il reddito; stimolare l’economia e l’occupazione; proteggere i lavoratori; e instaurare un dialogo sociale tra governi datori di lavoro e lavoratori per trovare soluzioni a questa crisi.

“Questa è la più grande prova per la cooperazione multilaterale da oltre 75 anni”, spiega il direttore dell’Ilo. “Se un Paese fallisce, allora falliamo tutti. Dobbiamo trovare soluzioni a livello globale che aiutino tutti i segmenti della nostra società, in particolare quelli che sono maggiormente vulnerabili o meno in grado di aiutare se stessi”. Per cui “le scelte che facciamo oggi avranno un impatto su come questa crisi evolverà e sulle vite di miliardi di persone”, ha aggiunto Ryder, sottolineando quindi che “adottando misure efficaci possiamo limitare l’impatto di questa crisi e attenuare le cicatrici che lascerà”.

 

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