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S’è spiaggiato il trasporto aereo…

In molti si stanno cimentando nelle previsioni che riguardano il futuro a medio e lungo termine del trasporto aereo in crisi a seguito dell’emergenza sanitaria in corso. C’è da dire che tali previsioni, specialmente quando sembrano certe e supportate da pareri ufficiali di “esperti” economisti, sono anche condizionate dagli interessi che possono essere dietro ai singoli commentatori.

Esistono però alcuni dati oggettivi dai quali si deve necessariamente partire ma, via via che ci allontaniamo dal “ground zero” temporale della pandemia, dobbiamo tener conto che le variabili sono talmente tante e gli analisti ufficiali sono così legati agli interessi che difendono, che ogni attuale congettura rischia di trasformarsi in unilaterale o arbitraria.

Le questioni oggettive sono quelle che possono essere oggi verificate in modo evidente.

Le flotte di tutte le compagnie aeree del mondo sono in gran parte a terra. Distese impressionanti di aerei grandi e meno grandi disposti ordinatamente uno vicino all’altro, spesso il località desertiche, che fanno capire che la ripresa non è certo dietro l’angolo.

La IATA, l’Associazione internazionale che riunisce 290 compagnie aeree, parla della perdita di 25 milioni di posti di lavoro. Prime tra tutti l’Asia e l’area del Pacifico, dove la crescita è stata più forte in questi anni. Quei Paesi potrebbero subire una perdita di 11,2 milioni di occupati, seguiti dall’Europa che ne perderebbe 5,6, milioni e il nord America 2 milioni.

Le sole compagnie aeree, sempre secondo la IATA, perderebbero ricavi per 252 miliardi di dollari, con un calo del 44% rispetto al 2019.

La IATA chiede aiuti sotto forme diverse, in termini di liquidità, di finanziamenti e garanzie statali, di veri e propri aiuti di stato, di riduzione e “semplificazione” complessiva delle procedure previste nel settore. Di certo si chiede anche che non si proceda a nazionalizzazioni: come dire, le perdite si socializzano ma i futuri profitti sono cosa nostra.

Tutte le compagnie aeree e le aziende del settore, a cominciare da quelle di gestione e di assistenza aeroportuale, proseguendo poi per gli operatori dell’intero settore del turismo, si dichiarano contrari alle norme di distanziamento sociale sugli aeromobili.

Ridurre almeno del 30% i posti vendibili su un aereo vuol dire infatti non rendere possibile alcuna remunerazione dell’attività del trasporto aereo. I margini di profitto in questo settore si sono talmente abbassati in questi decenni di “liberalizzazione dei cieli”, che volare con i 2/3 dei passeggeri a bordo significherebbe volare costantemente in perdita o, in alternativa, si dovrebbero aumentare enormemente le tariffe e, contestualmente, fare leva su riduzioni importanti di tasse aeroportuali e di sorvolo, oltre che su forti aiuti di Stato per un tempo sicuramente non breve.

Tutto vero, ma altrettanto vero è che se oggi si facessero volare passeggeri ed equipaggi senza il rispetto delle distanze minime previste si rischierebbe di creare migliaia di pericolosissimi focolai di contagio, che si spostano tra l’altro in tutto il mondo.

Il trasporto aereo è strettamente legato al turismo e quindi alle condizioni del paese ospitante ed anche dalla situazione economica generale che influisce chiaramente sui flussi di turisti che si spostano da un paese o da un continente all’altro.

Questo concetto, sempre vero, ha subito però un mutamento strutturale dovuto alla liberalizzazione del mercato del trasporto aereo. Mentre infatti prima esistevano esclusivamente accordi bilaterali tra i vari paesi ed in base a tali convenzioni si suddivideva il traffico da Stato a Stato, con la liberalizzazione del traffico aereo una compagnia può generalmente trasportare passeggeri in modo indipendente e con estrema libertà di movimento ed atterraggio tra Stati diversi da quello di proprietà della compagnia stessa.

A prescindere da altre condizioni e limitazioni, possiamo dire che in linea di massima basta pagare ed ottenere gli slot, cioè i diritti di traffico su un determinato scalo.

Questa nuova condizione, figlia della deregulation del settore, modifica anche le condizioni oggettive di ogni singola compagnia aerea in base al tipo di attività che svolge (prioritariamente lungo, medio o corto raggio) e chiaramente determina conseguenze diverse in caso di una crisi generale come quella determinata dalla pandemia in corso.

Anche per questo, ad esempio, le compagnie asiatiche e dell’area del Pacifico, in fortissima crescita da alcuni anni, subiscono in modo così pesante la crisi, sbilanciate come sono su voli e direttrici che investono l’intero globo.

Le compagnie aeree low-cost sono quelle che più di tutte le altre subiscono e subiranno la crisi attuale.

Prendiamo ad esempio proprio il nostro paese. I bassi costi proposti da Ryanair e da altre low-cost sono determinati infatti anche dall’altissima percentuale di riempimento degli aerei e quindi la riduzione drastica dei passeggeri trasportabili riduce in modo ancor maggiore il margine di guadagno delle compagnie a “basso costo”.

L’altro elemento di forza delle low-cost, soprattutto in Italia, è l’adozione del sistema del co-marketing che sinteticamente si traduce nell’acquisire forti incentivi e altrettanto rilevanti sconti sulle tasse aeroportuali, da parte di Enti locali e società di gestione aeroportuali allo scopo di attirare turisti sul territorio e nello specifico aeroporto.

Chiaramente questa prassi – che non ha favorito certamente Alitalia che invece non l’adottava (in quanto “compagna di bandiera”), è oggi azzerata dalla crisi in atto e dovrebbe essere strutturalmente limitata da provvedimenti specifici già allo studio del governo.

Sicuramente queste compagnie, più di altre, scaricheranno però il costo del lavoro in spesa sociale per lavoratori che saranno licenziati, a differenza di quelli che invece saranno coperti da specifici ammortizzatori sociali.

Tutti i paesi stanno intervenendo con aiuti e finanziamenti garantiti dallo Stato per coprire le perdite previste, per tutelare non soltanto le compagnie aeree ma anche il turismo e l’intero indotto di un settore che rappresenta un volano importante per l’economia e consentire di riprendere l’attività nelle migliori condizioni possibili non appena l’emergenza sarà superata.

Sicuramente, più durerà l’emergenza ed il fermo totale o parziale del trasporto aereo, maggiori saranno le difficoltà nella ripresa dell’esercizio del volo e di tutte quelle attività connesse.

E’ infatti evidente che la ripresa completa dei voli comporterà un impegno tecnico supplementare per gli aerei rimasti fermi per lungo tempo, sia soprattutto un periodo non breve per riavviare la macchina commerciale, soprattutto per quel che riguarda i voli intercontinentali, vero cuore produttivo delle “major carrier”, cioè le compagnie aeree più grandi.

Questi i dati che possiamo considerare oggettivamente verificabili e certi: tutto il resto è condizionato fortemente dalla durata della pandemia, dalle decisioni dei singoli paesi e per quel che ci riguarda anche dall’approccio che l’Unione Europea deciderà di adottare rispetto a questa crisi.

Per ora possiamo però già osservare chea ad esempio, Francia ed Olanda hanno deciso di finanziare Air France/KLM rispettivamente con 7 e 3 miliardi di euro, che la Germania prevede di sborsare almeno 9 miliardi per Lufthansa; che Trump ha detto che non farà mancare aiuti alle proprie compagnie aeree; che in Spagna ed in altri paesi si parla manifestamente di nazionalizzazioni.

In Italia, la già difficile situazione di Alitalia è stata per certi versi aggravata dalla pandemia, ma c’è comunque da considerare che la compagnia aerea italiana, così come tante altre compagnie in giro per il mondo che si trovavano in crisi prima del febbraio di quest’anno, potrebbero subire o la chiusura o paradossalmente una ripresa maggiore delle altre grandi compagnie aeree, che invece producevano utili ed avevano sviluppato flotte imponenti e rilevanti strutture di supporto.

Un po’ come quando a metà gara di Formula 1 si verifica un incidente ed entra la “safety car”: tutte le auto devono rallentare e rimettersi in fila, annullando così i distacchi enormi che erano maturati nella gara sino a quel momento. Chi stava dietro ne approfitta per riguadagnare terreno, magari per fare carburante o cambiare le ruote per essere più competitivo quando la gara riprenderà.

Certo, la Mercedes o la Ferrari si troveranno a ripartire sempre davanti a tutti e sicuramente saranno sempre più veloci delle altre scuderie, ma il distacco prima così rilevante si sarà sicuramente ridotto e dietro ai primi la lotta per i piazzamenti si rifà nuovamente viva.

Così come anche altre compagnie aeree, Alitalia – sempre che sia debitamente rifornita ed equipaggiata, che sia finalmente chiara la missione e le dimensioni adeguate da raggiungere, che sia in poche parole rimessa in condizioni di gareggiare – potrebbe riprendere al meglio la sua attività e contribuire così fattivamente ed in modo determinante alla ripresa economica del Paese.

Da non sottovalutare, infatti, che l’economia italiana è fortemente condizionata e sostenuta dal peso rilevante dell’industria del turismo che genera da solo il 5% del PIL nazionale; con l’intero indotto pesa per circa il 13% del prodotto interno lordo e occupa il 6% dei lavoratori italiani.

Certo, oltre al carburante (la ricapitalizzazione), oltre a decidere le modalità della gara (la riforma del trasporto aereo italiano), si dovrà decidere finalmente di scegliere un pilota (un management) capace che si affidi all’esperienza e alle capacità dell’intero team (tutti i lavoratori), senza operare tagli deleteri che impedirebbero di gareggiare ad armi pari con le altre scuderie (compagnie aeree).

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4 Commenti


  • paolo petri

    Montezemolo e Tronchetti Provera, già pronti ai blocchi partenza per il prossimo luminoso futuro di Alitalia. Magari con l’intervento tecnico di Briatore?


  • paolo regolini

    Se, come si domanda Petri, Montezemolo o Tronchetti (con Briatore) si avvicinassero ad Alitalia oltre il “distanziamento” di sicurezza di un miiardo di kilometri, do sin d’ora piena personale disponibilità a partecipare alla task force di pronto intervento, che si incarichi di prelevarli e portarli dal magistrato per immediato TSO (se non altra misura cautelare). E con loro chi li avesse invitati.
    L’articolo di Tomaselli è ottimo, base di lavoro per organizzare programmi e soprattutto battaglie, che non mancheranno.
    Credo però -vista la sottolineata rilevanza del turismo nel futuro di Alitalia e del Paese tutto- che dobbiamo aprire una riflessione (drammaticamente urgente) sul turismo, per come è stato stravolto (AirBNB, Grandi navi a Venezia, assalto alle città, proliferare di piccoli scali e allargamento monstre di quelli già grandi e grandissimi etc.). Quel modello è insostenibile non solo per il pianeta ma anche e soprattutto per le città, i centri storici (rivolte di Barcellona etc), la vita delle persone.
    E’ pure un’offesa alla bellezza del viaggiare, del conoscere, della cultura, della felicità.
    Inutile di dire che va sfilato alle mani schifose dei privati e delle grandi organizzazioni transnazionali: insomma, non si può e non si deve tornare al “prima” perché quello era esattamente il problema invece della soluzione.
    Senza perdere posti di lavoro (anzi ridandogli dignità) investendo tutte le risorse necessarie per organizzare modelli nuovi di viaggiare/vedere/permanere/divertirsi/scoprire, senza limitarsi al centro storico di 4 città su 301.000 Km quadrati di territorio.


  • Fabrizio Tomaselli

    Assolutamente d’accordo con Paolo Regolini. Il turismo, come qualsiasi altra attività, deve essere ripensato, riprogrammato e soprattutto riportato ad un livello di rapporto “gentile” e consapevole con la natura e con l’ambiente.


  • prowall

    Dati oggettivi. Il turismo ha diverse componenti. Nell’articolo viene via a titolo consolidato MA oggettivamente alcuni flussi turistici saranno opt-out per tutto il 2020. Es. Il turismo congressuale. Che abbisogna di una programmazione lunga in fase di check
    Eliminate queste covariabili resta il sentiment e la disponibilità economica a ‘fare il turista’.
    Negativi entrambi.
    Dunque questo articolo è un messaggio alla task-force de noartri.

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