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Accise. Dalla guerra d’Etiopia al Decreto “Fare”. Novanta anni di furbissime tasse di scopo

L’accisa, vale la pena ricordarlo, è una imposta sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di consumo. Come la benzina, il gasolio e il gas da autotrazione.

Le accise attualmente in vigore si applicano solo su alcuni beni, quali:

oli minerali e loro derivati (benzina, gasolio, gpl, gas metano); bevande alcooliche (liquori, grappe, brandy); fiammiferi; tabacchi lavorati (sigarette); energia elettrica; oli lubrificanti

Le accise sono presenti in tutto il mondo, ma con modalità e percentuali che variano da paese a paese.

Di seguito le 18 voci che fanno parte dell’elenco delle accise sulla benzina e gasolio ripristinate nel 2023. Da inizio anno infatti, il governo ha deciso di non rifinanziare lo sconto, introdotto dal governo Draghi.

Finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936.

Finanziamento della crisi di Suez del 1956.

Ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963.

Ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966.

Ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968.

Ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976.

Ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980.

Finanziamento della missione Nato in Bosnia del 1996.

Rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.

Acquisto di autobus ecologici nel 2005.

Terremoto dell’Aquila del 2009.

Finanziamento alla cultura nel 2011.

Crisi libica del 2011.

Alluvione che ha colpito Liguria e Toscana nel 2011.

Ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012.

Per il decreto “Salva Italia” del 2011.

Finanziamento del “Bonus gestori” nel 2014

Finanziamento del “Decreto fare” nel 2014

Insomma in qualche modo quando mettiamo benzina stiamo ancora finanziando le battaglie sull’Amba Alagi o i container per i terremotati del Belice (qualcuno ci abita ancora), gli “Angeli del fango” di Firenze, ma anche le conseguenze dell’aggressione alla Libia nel 2011. Praticamente alla pompa di benzina, con i numeri che girano, vediamo scorrere la storia degli ultimi novanta anni, dal 1936 a oggi.

Secondo l’ultimo monitoraggio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, la somma delle imposte (Iva) e delle varie accise, ammonta addirittura al 58,2% del prezzo che si paga per la benzina e al 51,1% di quello del gasolio, per diesel.

Secondo i dati forniti dal Ministero per l’Ambiente, tra l’1 e l’8 gennaio, la benzina in modalità self service è passata da 1,644 a 1,812 euro al litro, con un incremento di 16,8 centesimi, mentre il gasolio è salito da 1,708 a 1,868 euro con un rialzo di 16 centesimi.

Il prezzo attuale della benzina è composto sostanzialmente da tre voci: il costo netto del combustibile, incluso il guadagno dei gestori delle pompe, le accise e l’IVA (imposta sul valore aggiunto), quindi da due fattori fiscali e solo da uno derivante dal prodotto e dagli andamenti di prezzi.

Le sole accise pesano per più di un terzo e sono composte in buona parte da imposte di scopo, introdotte dai vari governi per raggiungere determinati obiettivi fissati nel tempo.

Il 27% del prezzo della benzina è determinato dal “platts”, che è il prezzo all’ingrosso sul mercato internazionale, deciso da una agenzia specializzata con sede a Londra (così come il gas deciso ad Amsterdam). Questa agenzia definisce il prezzo dei carburanti a livello internazionale. Sul prezzo del diesel il “platts” pesa un di più di quello sulla benzina (il 32%).

I ricavi della filiera distributiva petrolifera, incidono sul prezzo dei carburanti per una minima parte rispetto alle altre due voci (quelle fiscali): siamo più o meno intorno all’8% per la benzina e il 9% per il diesel.

Il margine lordo serve a coprire tutti i costi di distribuzione primaria e secondaria, ma anche altri oneri, come tasse e canoni. Ed è su quest’ultimo segmento, che pesa per poco meno del 12% sull’intero ammontare pagato alla pompa dagli automobilisti per la benzina e per circa l’8% sul gasolio, che l’operatore può intervenire per modificare il prezzo. Mentre sulla materia prima, pari al 30% del costo complessivo per la benzina e al 41% per il gasolio, agiscono le quotazioni internazionali e l’effetto cambio euro/dollaro.

In ultimo, ma non per importanza, c’è da considerare la abbondante fetta di tasse. Accise e Iva insieme coprono il restante 65% per la benzina e il 59% per il diesel, sul prezzo totale del carburante.

In definitiva, se non ci fossero le accise, la benzina e il diesel costerebbero insomma tra il 30 e il 40% in meno rispetto al prezzo che oggi paghiamo alla pompa.

La decisione di congelare o ripristinare le accise sui carburanti è tutta politica, non dipende affatto dall’andamento dei mercati. Un governo può decidere di toglierle (rinunciando a circa un miliardo di introiti fiscali al mese), di lasciarle o di ripristinarle come ha fatto il governo Meloni dopo il congelamento deciso dal governo Draghi.

Quello che non si può fare è di promettere di togliere le accise come promessa nelle campagne elettorali e poi rimangiarsela quando si arriva al governo.

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1 Commento


  • Pasquale

    Tutto lecito. Tutto politico. Sono le scelte dei governi. Ma su una cosa bisogna essere d accordo. La guerra d’Etiopia, la crisi di Suez, il disastro del Vajont, il terremoto del Belice, la missione Nato in Bosnia ecc…e molte altre che ormai non hanno più senso di esistere, tutte queste accise sono un furto legalizzato. Sono soldi rubati alla gente da parte dello stato italiano in modo subdolo e vigliacco.

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