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La “prima volta” balcanica

1 – per la prima volta (c’era stata solo un anticipo di due giorni di raid nel 1994 contro i serbi di Bosnia che assediavano Sarajevo) l’Alleanza atlantica, oltre il suo mandato costitutivo – che avrebbe dovuto essere residuale dopo il crollo dei regimi dell’est, essendo stata costituita come alleanza militare per fermarne l’eventuale aggressione – entra in guerra bombardando dal cielo, per 78 giorni, con tonnellate di missili Cruise e di cluster bomb un paese del sud-est europeo di milioni di abitanti. Distruggendo con «chirurgica» e «intelligente» precisione strade, ponti, scuole, ospedali, bus, treni, asili, città, mercati, fabbriche. 

2 – Da lì, per la prima volta, la Nato ricostruirà e legittimerà la sua esistenza, con il vertice dell’aprile 1999 di Washington – in piena guerra – ridefinendo e trasformando in chiave offensiva ruolo e strategia internazionale. Che poi porterà l’Alleanza in guerra in Afghanistan nel 2003, in Libia nel 2011, e a definire una operatività militare in Africa e Medio Oriente.

3 – Per la prima volta, esplicitamente, la guerra contro l’ex Jugoslavia si chiamerà «umanitaria», non più solo il «Desert storm» dell’Iraq o il «Ridare speranza» della Somalia.

4 – La guerra aerea, gestita in prima persona dall’aviazione statunitense, per la prima volta accrescerà il potere di controllo della leadership di Washington dentro la Nato sull’Europa, fino al condizionamento dei bilanci militari dei vari paesi aderenti, rivelatisi con la guerra di bombardamenti aerei sull’ex Jugoslavia, inappropriati ai nuovi compiti bellici. E questo a ovest e, per la prima volta a est. Fino al coinvolgimento nel 2004 nella coalizione dei volenterosi, da parte del presidente americano Gorge W. Bush, di tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, Russia esclusa, nella guerra all’Iraq per fermare le «armi di distruzione di massa» che proprio non c’erano.

5 – Da lì nasce e si rafforza, per la prima volta, la rischiosa strategia dell’allargamento a est della Nato che porterà l’Alleanza atlantica ad aprire basi militari in tutto l’est europeo, ai confini dell’ex nemico numero uno, la Russia (certo non paragonabile all’ex Urss) fino alla guerra del 2008 nel Caucaso in sostegno alla Georgia che decise, su consiglio atlantico, di attaccare militarmente l’Abkhazia che aveva proclamato la secessione da Tbilisi.

6 – Altro incipit non trascurabile: si conferma la giustizia internazionale dei vincitori. Con l’istituzione all’Aja del Tribunale internazionale per i crimini nell’ex Jugoslavia, ad hoc, visto che la potenza militare guida della Nato, gli Stati uniti, non riconoscono il Tribunale penale internazionale dei diritti umani. E all’Aja, in modo a dir poco manicheo, saranno processati e condannati solo i criminali doc già additati dai media internazionali al seguito delle potenze occidentali; mentre i crimini della Nato – nei raid aerei le vittime civili secondo il governo filoccidentale di Belgrado furono 3.500 – restano impuniti (con tanto di protesta addirittura di Antonio Cassese, già presidente del Tribunale dell’Aja sull’ex Jugoslavia, contro il procuratore dell’epoca Carla Del Ponte). Come impuniti restano, dopo la giusta condanna internazionale del massacro di Srbrenica, le altre «Srbrenica» commesse dai musulmani contro i serbi, come la strage di Kazany a Sarajevo.

7 – E se parliamo di «prima volta», come dimenticare che con la guerra di bombardamenti aerei della Nato nasce, in aperto disprezzo del diritto internazionale , un nuovo Stato, il Kosovo, autoproclamatosi indipendente nel febbraio del 2008 con sostegno esplicito degli Stati uniti. Nasce una nuova nazione grande quanto il Molise, sulla base di una secessione etnica dalla Serbia – un nuovo innesco d’incendio nei Balcani – e intorno alla megabase statunitense di Camp BondSteel, presso Urosevac. Anch’essa costruita fuori dal Trattato di pace di Kumanovo del giugno 1999. Che poneva fine alla guerra avviando una amministrazione internazionale che escludeva basi militari straniere, acconsentiva all’ingresso delle truppe Nato (e dell’amministrazione Un-Mik) in Kosovo ma pariteticamente riconoscendo l’autorità di Belgrado sulla regione, del resto culla storica della nazione, della religione e dell’identità dei serbi.

8 – Inoltre, ed è per noi forse l’incipit più importante, la guerra «umanitaria» del 1999 venne gestita in chiave bipartisan dal governo «più di sinistra» che il Belpaese abbia mai avuto: il governo D’Alema. L’Italia aderiva a questa guerra che si aggiungeva al conflitto sul campo e arrivava buon ultima nelle guerre balcaniche degli anni Novanta. Alle quali, ecco l’altro incipit europeo, la nascente Unione europea che emergeva politicamente nel 1991 aveva dato il suo criminale contributo, insieme ai sanguinari nazionalismi interni. Aiutando a demolire la Federazione jugoslava – che ancora esisteva con un governo autonomo, riconosciuto in sede Onu – con i riconoscimenti delle indipendenze di Slovenia e Croazia proclamate su base etnica. Poi tutto, inevitabilmente, precipitò nella Bosnia Erzegovina che in piccolo rappresentava la complessità dei popoli e delle etnie dell’intera Federazione jugoslava. Così si abdicava, anche da parte delle forze del movimento operaio, alla nostra Costituzione fondativa. Che all’articolo 11 dichiara di «bandire la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali» È da lì che è cominciata a sparire ogni identità della sinistra.

* Il Manifesto, 24 marzo 2012

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