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Omicidio Mastrogiovanni: condannati i medici aguzzini

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Sequestro di persona, morte per conseguenza di altro delitto (cioè il sequestro) e falso in atto pubblico (per non aver annotato sulla cartella clinica la contenzione prolungata e ininterrotta). Con queste accuse ieri pomeriggio il giudice Elisabetta Guarzo, dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, ha condannato sei medici incolpati della morte di Franco Mastrogiovanni in un letto del reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania, nella notte tra il 3 e il 4 agosto del 2009.

A Michele Di Genio – il primario del reparto due anni fa – sono stati inflitti tre anni e sei mesi; a Raffaele Basso e Rocco Barone quattro anni; ad Americo Mazza e Anna Ruberto tre anni; a Michele Della Pepa due (quest’ultimo riconosciuto colpevole solo di sequestro e falso). Tutti i medici, tranne Della Peppa, non potranno svolgere la loro professione per i prossimi cinque anni, e sono stati condannati al risarcimento del danno alle parti civili e al pagamento delle spese processuali. Per tutti gli accusati la corte del processo di primo grado ha riconosciuto le attenuanti generiche e gli infermieri accusati sono stati invece tutti assolti.

Pene ribassate rispetto alle accuse iniziali ma comunque una condanna per tutto il team medico del reparto psichiatrico ritenuto responsabile della lunga agonia e della morte del maestro elementare rinchiuso e legato mani e piedi al letto in seguito all’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio. Poche settimane fa la vicenda del 53enne era stata descritta in tutta la sua crudeltà al grande pubblico grazie alla diffusione sui media delle immagini, filmate dalle telecamere di sorveglianza dello stesso ospedale San Luca, che ritraevano la lunga agonia di Mastrogiovanni. Immagini terribili che dimostrano come l’uomo, immobilizzato, sia stato completamente abbandonato dal personale del reparto, lasciato completamente senza assistenza per ben 82 ore. Fino a quando qualcuno si accorse che non respirava più. A causa di un edema polmonare causato dalla contenzione che lo aveva lentamente ucciso.

Il giudice di primo grado ha riconosciuto in parte la versione dei fatti difesa durante il processo dalla famiglia di Mastrogiovanni e dai suoi legali. E anche dal pubblico ministero Francesco Rotondo, poi trasferito e sostituito da un altro rappresentante dell’accusa – Renato Martuscelli – meno incline a valutare opportunamente le responsabilità dei medici che condannarono l’uomo ad una morte lenta e crudele. Il pm subentrato nella seconda fase del procedimento infatti aveva sostenuto che a causare il decesso fosse stato un infarto, e che andassero condannati – ma solo per omicidio colposo – i medici e gli infermieri di turno. Ma la sentenza è stata diversa.

Gli avvocati difensori degli imputati hanno subito annunciato il ricorso, e già si sa che il processo di secondo grado si celebrerà davanti alla Corte d’Appello di Salerno. Soddisfatte invece le reazioni dei familiari e degli amici della vittima.

 “E’ una grande vittoria. Dedichiamo idealmente questa sentenza a Franco, ma anche a tutti quelli che hanno subito gravi abusi nei reparti di psichiatria e che non hanno mai avuto giustizia” ha commentato ieri dopo la sentenza Vincenzo Serra, cognato di Mastrogiovanni e fondatore del comitato ‘Verità e giustizia per Franco’ che poi ha aggiunto: “da oggi chi lega al letto i pazienti senza motivo sa che corre il rischio di essere condannato per sequestro di persona, è un passo in avanti importantissimo”. “Siamo soddisfatti, ma non totalmente. A nostro avviso sono evidenti anche le responsabilità degli infermieri” ha detto invece Michele Capano, legale dell’associazione ‘Avvocati senza frontiere’, costituitasi parte civile.

”Troppa disumanità in questa storia, mio fratello è stato trattato come una bestia e condannato a morte” denunciò un mese fa durante un’intervista Caterina Mastrogiovanni, la sorella del maestro elementare. ”La nostra è una battaglia, perché non accadano più cose del genere, (…) non si riesce a capire come si può trattare un essere umano in questo modo, legato mani e piedi, senza acqua, senza essere lavato, senza avere l’affetto dei suoi familiari. Una persona è assistita durante la morte e mio fratello lo hanno fatto morire come una bestia. Come si fa a portare da mangiare ad una persona legata e poi riprendersi quel vassoio dopo quattro ore? Al capezzale si sono avvicendate 18 persone, nessuno ha avuto un gesto di umanità”.

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