Menu

Bologna, facchini in corteo: “Non abbiamo paura”. Solidarietà da Evangelisti e Wu Ming

E’ partito ieri intorno alle 16  da piazza dell’Unità il corteo dei facchini coinvolti nella dura vertenza con la Granarolo, a cui si sono uniti attivisti dei sindacati di base – soprattutto il Si Cobas – dei centri sociali e di alcune realtà politiche cittadine. Quasi un migliaio di persone, alcune delle quali arrivate anche dalla Lombardia e da altre regioni limitrofe, hanno gridato slogan non solo contro la repressione ma anche contro le imprese contro le quali lottano per l’affermazione dei loro diritti: particolarmente preso di mira dai manifestanti Gianpiero Calzolari, presidente della Granarolo e di Legacoop Bologna. Alla vigilia della dimostrazione Calzolari aveva cercato di gettare benzina sul fuoco tentando di apparire come una vittima e non come il mandante di licenziamenti contro i lavoratori che scioperano, più volte caricati dalla polizia durante i blocchi realizzati agli ingressi degli stabilimenti della Granarolo in Emilia Romagna. Calzolari si era detto preoccupatissimo per la situazione, e aveva riferito di essere costretto a girare «con la scorta» per tutelare la propria incolumità personale. Al Sole 24 Ore aveva raccontato il presidente della Granarolo: «Stiamo ancora calcolando l’entità dei danni subiti per i blocchi e predisponendo l’azione legale per la richiesta di risarcimento». Poco dopo l’associazione degli artigiani – Cna – di Bologna esprimeva «solidarietà alla Granarolo e al suo presidente Gianpiero Calzolari» e auspicava «che tutte le istituzioni, le forze politiche ed economiche facciano quadrato a difesa di una delle aziende più prestigiose del nostro territorio». 

Ai facchini era però arrivata nelle ore precedenti al corteo la solidarietà dello scrittore bolognese Valerio Evangelisti e del collettivo editoriale Wu Ming. «Non avrei mai pensato di dover assistere, nel 2014, a eventi degni degli inizi del ‘900. Lavoratori licenziati per avere scioperato contro la riduzione ulteriore di paghe da fame, violenze contro poveri diavoli per spezzarne i picchetti, arresti arbitrari e pestaggi di sindacalisti, false promesse e false accuse da parte delle autorità, campagne stampa menzognere che addebitano le violenze a chi le subisce» ha scritto Evangelisti secondo il quale «la sorpresa viene dall’identità dello sfruttatore: cooperative che mantengono arbitrariamente quella denominazione ormai solo formale, appoggiate dal consenso, dalla complicità attiva o dall’indifferenza di sindacati “ufficiali” di cui il tempo ha ingiallito il colore e deturpato le funzioni. Forze che non si vergognano di tradire clamorosamente la loro stessa storia». E dunque, confida lo scrittore, «io spero che i lavoratori della logistica tengano duro, in nome di quel valore supremo che ispirò proprio quei proletari come loro che fondarono cooperative e sindacati: la dignità. Auguro invece la sconfitta a coloro che l’hanno persa». Ha scritto invece Wu Ming 1: «Nella scena finale del film “Lo squalo”, una bombola d’ossigeno viene conficcata tra i denti del mostro e fatta esplodere. Del mostro non rimangono che frattaglie, e i nostri eroi nuotano verso casa. Buona nuotata, compagne e compagni». 

Le minacce e il cima di criminalizzazione nei confronti dei lavoratori in lotta – per lo più immigrati – non hanno comunque smontato la mobilitazione. Al grido di ‘Non abbiamo più paura” il corteo dei lavoratori della logistica ha attraversato via Indipendenza, dove i manifestanti si sono fermati bloccando il traffico per alcuni minuti e scritto per terra in mezzo all’incrocio ‘voi cooperate per lo sfruttamento, noi lottiamo per la dignità’. “Se toc­cano uno, toc­cano tutti” reci­tava uno stri­scione calato dalle sca­li­nate del giar­dino della Mon­ta­gnola mentre la mani­fe­sta­zione era aperta un len­zuolo con una scritta in ita­liano e in arabo: «Per la dignità scio­pero fino alla vit­to­ria» fir­mato dal «Pre­si­dio per­ma­nente Granarolo». La combattiva marcia è passata davanti ad una prefettura blindata e si è conclusa in piazza Maggiore dove sono stati sparati alcuni fuochi d’artificio sotto il cartellone ‘siamo coloro che non hanno nulla e stiamo venendo a prendere il mondo’. Numerosi gli interventi in piazza dei rappresentanti delle sigle sindacali di base, dei collettivi studenteschi, dei centri e di alcuni lavoratori.

Scrivevano i promotori della mobilitazione nei giorni precedenti in una lettera indirizzata alla città di Bologna: “La nostra protesta è iniziata quando una parte di noi ha subito un grave sopruso. Puniti e licenziati per aver scioperato contro provvedimenti illegittimi che ledevano la nostra dignità di lavoratori. Per anni abbiamo lavorato spezzandoci la schiena nei magazzini della logistica di multinazionali che come Ctl/Granarolo e Cogefrin realizzano profitti milionari. Le grandi aziende appaltano una parte fondamentale del  lavoro a cooperative che in concorrenza tra loro promettono il prezzo più basso alla committente. Tutto ciò è possibile grazie al fatto che noi, i  “ soci cooperatori” siamo  trattati come  schiavi nei magazzini lontani dal centro cittadino, nelle periferie buie dove il nostro turno di lavoro inizia al tramonto  e finisce quando il sole tiepido inizia a scaldare la città. (…) Può il lavoro sacrificare la nostra dignità? E’ giusto chiederci di tenere la testa abbassata mentre il capo ci urla e ci offende in continuazione?  E’ democratico un sistema di lavoro che ci impone turni massacranti, straordinari mai pagati, buste paga irregolari, tagli del salario del 35 %?”.

La richiesta di solidarietà indirizzata ai lavoratori e ai cittadini di Bologna ha sortito un piccolo ma significativo effetto: i dipendenti comunali di Bologna hanno deciso di donare 300 euro in buoni pasto ai fac­chini per sostenerne la battaglia. 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *