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Roma rivela la sua periferia “cattiva”

La zona è la Marranella, il quartiere è Tor Pignattara, ormai da anni ribattezzato “Calcutta” per via dell’alto numero di immigrati pakistani e bengalesi che vi risiedono ed hanno aperto attività commerciali. Un quartiere non più periferico ma piuttosto vecchio e degradato, con le case a basso prezzo. E’ il quartiere di Stefano Cucchi e di tanti “pischelli” sui muretti. Sono soprattutto loro a non avere dubbi e a prendere pubblicamente le difese del loro amico Daniele, un “pischello”. Per loro la morte del cittadino pakistano Khan Muhammed Shanzad è stata solo una disgrazia, un pugno troppo forte durante un alterco per strada. “Mi ha sputato ed ho reagito” ha dichiarato Daniele e i suoi amici gli credono. Ieri pomeriggio nelle strade della Marranella, un centinaio di persone, soprattutto coetanei del ragazzo che ha ucciso l’immigrato pakistano, si sono riuniti ed hanno sfilato nel quartiere fino a piazza Roberto Malatesta (il cuore commerciale della zona) per manifestare solidarietà al giovane di 17 anni che adesso si ritrova con una accusa di omicidio. Gli striscioni recitano “No al razzismo, no alla diversità. Una disgrazia non ti priverà della tua libertà”. Su un lenzuolo era anche comparsa una svastica ma è stata cancellata. “Dimenticati prima di dover nascere. Denigrati, sequestrati e abbandonati a se stessi dopo essere nati. Questi sono gli adolescenti della Marranella”, si legge su un altro striscione. Molti sono gli stessi “pischelli” scesi in piazza insieme ai compagni dopo il pestaggio mortale di Stefano Cucchi. Due mondi che non si parlavano si erano invece incrociati ed avevano condiviso la stessa rabbia e la stessa indignazione.
Nel quartiere ormai da anni vivono, convivono e lavorano migliaia di immigrati, soprattutto dal Bangladesh e dal Pakistan. Nel quartiere c’è la scuola Pisacane, quella al centro del mirino della giunta Alemanno perchè la gran parte dei suoi alunni sono i figli degli immigrati, ma anche la scuola davanti alla quale è stato cacciato via il nazileghista Borghezio che megafonava per strada contro “l’invasione straniera”. Ma c’è anche la Casa del Popolo di via Bordoni che ospita il doposcuola per i bambini immigrati e si danna producendo innumerevoli attività sociali e culturali per cercare di “tenere insieme il tutto” ed evitare i contrasti.

La gente del quartiere vede e vive il tutto come tragedia “Una guerra tra poveri”, raccontano  alcuni a Roma Today. “Oggi ci ha rimesso il povero Muhammad e qui siamo tutti dispiaciuti. Qualcuno tra quelli che comandano dovrebbe farsi un esame di coscienza”.

E allora parliamone di questo esame di coscienza su cosa sia diventata Roma saccheggiata dalle fameliche truppe di Alemanno, regalata ancora una volta ai palazzinari da Veltroni, incomprensibile e irraggiungibile per un sindaco come Marino che somiglia sempre più ad una sorta di Vispa Teresa, e ammettiamo che ormai si sta avvicinando velocemente il punto di rottura.

Se il centro storico è ormai diventato esclusivamente una foresteria in funzione del turismo di massa e della fauna umana che vive intorno alle sedi istituzionali, la periferia non ha mai conosciuto livelli di abbandono e degrado cos’ pesanti da almeno trenta anni a questa parte.

E la periferia è esplosa su uno dei nervi più sensibili e dolorosi: quello dei trasporti. E’ accaduto sabato a Corcolle, una borgata più vicina a Tivoli che a Porta Maggiore, dove arrivare o venire via con un autobus è una scommessa che può competere con le probabilità di vincere ad una slot. A farne le spese sono state due donne, due giovani autiste dell’Atac, l’azienda di trasporti urbani che ha esternalizzato alcune delle linee periferiche. ll primo episodio è avvenuto nella serata di sabato 20 settembre, quando un autobus è stato preso d’assalto a colpi di sassi e bottiglie.
L’autista alla guida era Elisa, 33 anni che è riuscita a scappare dalla rabbia di una quarantina di persone, in maggior parte immigrati, stanchi di dover attendere alla fermata all’estrema periferia della Capitale.”Me li sono trovati davanti, erano una quarantina. Erano alla fermata dell’autobus sulla via Polense e aspettavano quello che stavo guidando. Mi sono fermata e quando stavo per aprire le porte uno di loro ha tirato una bottiglia di birra nella vettura rompendo il vetro, forse perché irritati dall’attesa. Per fortuna non c’era nessuno a bordo. A quel punto ho inserito la marcia e sono scappata” racconta Elisa. Un paio di ore dopo è accaduto di nuovo contro un’altra giovane autista Federica, alla guida dell’autobus 508, uno di quelli che ad aspettarlo alla fermata si può morire di inedia. Ieri sera a Corcolle c’è stata aria da pogrom contro gli immigrati, con persone in piazza e tentativi di aggressione. Una bruttissima aria.

Episodi gravi e ripetuti che pongono un sacco di domande. La prima è la logica dell’azienda che da anni gestisce le linee più desolate e periferiche lasciando praticamente gli autisti da soli. Ancora peggio se si tratta di donne. La seconda è che se qualcuno osservasse le tabelle con gli orari delle corse vedrebbe crescere in sé a voglia di azzannare chiunque. La terza è che in prima fila ci si ritrovano solo gli autisti a fare le spese di questa rabbia. Difficile incontrarvi il dirigente che pianifica il servizio, il capo zona che fa e disfa le tabelle delle corse o i controllori che hanno l’ingrato compito di rappresentare gli interessi dell’azienda comminando le sanzioni a chi è senza biglietto e dunque “danneggia l’azienda che rappresentano”.

All’Atac e nelle sue esternalizzate, soprattutto nei servizi in periferia, si risparmia sul personale e sulle corse, non certo sulle retribuzioni dei dirigenti che hanno saccheggiato le risorse dell’azienda. Sono ancora in corso le indagini sui superstipendi e quella sui biglietti “clonati” che alimentavano un fondo parallelo di decine di milioni che però non entravano nelle casse aziendali.

Roma è prossima al collasso. Lo è nel rapporto tra la gente e gli immigrati ma anche nel rapporto tra residenti e turismo di massa. E’ una città in cui i servizi erano ancora concepiti sulla base del numero dei residenti, ma che non tiene conto di centinaia di migliaia di nuovi residenti stranieri né del peso di 11 milioni di turisti l’anno. I servizi sono stati tagliati e lo saranno ancora di più in nome del rigore di bilancio, e se questo ha un impatto “mediato” in alcune zone, in altre, soprattutto in periferia, l’impatto è ben diverso: è devastante. Non è un mistero che quando cresce il disagio, il degrado, la scarsità, diventa molto più facile diventare “cattivi”, soprattutto con quelli che incontri in uno spazio ristretto e allucinato, quelli che hai “a portata di mano” – immigrati o autisti appunto – perchè il dirigente, l’assessore, “quelli che comandano”, come dicono a Tor Pignattara, non li incroci mai, non sono mai a portata di mano, non condividono il marciapiede a Tor Pignattara o non si disperano per quaranta minuti aspettando un autobus che di porti da Lunghezza a Corcolle, per arrivare almeno a Porta Maggiore ce ne vogliono due, quando va bene. Riempire la città di telecamere o di pattuglie della polizia non è affatto la soluzione, anzi appare come il disperato, e piuttosto ignobile, tentativo di “mettersi al riparo” da parte della classe dirigente di una città che stanno portando scientemente al punto di rottura.

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1 Commento


  • rita chiavoni

    Premetto: il carcere non si augura a nessuno (forse a qualcuno sì), certo non a un17enne ma qualche considerazione va fatta.
    Non c’è la misura! no non esiste più misura! ci vogliamo rendere conto di questo?
    Vogliamo parlare di disgrazia.
    No signori non è una disgrazia capitata per caso: è una tragedia.
    Da che mondo è mondo le cose si chiamano con il loro nome e questa si chiama TRAGEDIA.
    Le tragedie sono storie che hanno una fine tragica. Sono storie con una loro trama. I personaggi delle tragedie hanno un’identità come un’identità l’aveva la morte del cittadino pakistano Khan Muhammed Shanzad.
    Conosco il quartiere, di giorno pieno di luce di sole, nelle belle giornate, si sta abbastanza bene, incontri donne di ogni etnia, ma soprattutto pakistane donne con il velo o senza. Gli uomini li incontri poco di giorno, forse sono al lavoro, rigorosamente al nero.
    Li incontri la sera quando cala il buio. parlano lingue sconosciute, qualche accento lo riconosci, ma non capisci.
    In qualche angolo di strada si raccolgono a capannelli, parlano forte,litigano tra loro, alcuni evidentemente ubriachi, altri forse drogati ‘disturbano’. Fino a tarda notte perchè forse o forse no, non hanno una casa dove riposare.
    Non so chi era il giovane Kan come non so chi è Daniele, due vite spezzate. Il morto qualcuno lo piangerà, il vivo giovanissimo che ha ucciso anche lui verrà pianto. È giusto che sia così. A noi estranei resta un poco di commozione per il fatto e di riflessione sul degrado delle periferie. Di fronte alle tragedie ci si può consolare solo con il racconto. Chi sono e chi erano Kan e Daniele prima della tragedia? Non lo sappiamo.
    Allora però fatemi capire il senso di chiedere in massa il rilascio di Daniele? E se fosse stato ucciso invece che Kan un giovane italiano si sarebbero organizzate manifestazioni? Se fosse accaduto il contrario?
    É tutto giustificabile quando si vive nel degrado? Assolutamente no, uno sputo contro una vita. Mi dispiace, no non ci posso stare. Restiamo umani.

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