La Guardia di Finanza di Olbia ha fermato un sessantenne ed ha scoperto che aveva nell’auto un chilo di cocaina. Fatte le dovute identificazioni hanno scoperto che si trattava di Mauro Addis, 61 anni, originario di Carbonia, ma da anni residente a Milano. Un altro nome pesante nel mosaico neofascista italiano ed una nuova conferma dei solidissimi legami tra fascisti e traffico di droga nel nostro paese.
Addis è stato in carcere per omicidio durante la sua militanza nei Nar. Era stato condannato a 30 anni di carcere nei primi anni Ottanta e li stava scontando nel carcere milanese di Opera, quando – in regime di semilibertà – era stato nuovamente arrestato nel 1995. In quella occasione la polizia l’aveva bloccato su un’auto di cui aveva clonato la targa utilizzando quella che apparteneva a un magistrato milanese dell’antimafia. Secondo gli investigatori, stava preparando una attentato contro un altro magistrato milanese.
Dopo l’arresto del fascista Mauro Addis, la Guardia di Finanza ha poi intercettato e fermato nella serata un complice che si stava dando alla fuga dopo l’arresto di Addis. Si tratta di un cinquantottenne con modesti precedenti di polizia, originario della provincia di Cosenza e proveniente da Paderno Dugnano (Milano) che era arrivato a Olbia tre giorni fa. L’uomo è stato intercettato e sottoposto a fermo a bordo del traghetto diretto a Livorno, poco prima che la nave salpasse. Il fermato è stato messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Tempio. L’udienza di convalida si terrà il 6 febbraio.
Fascisti e traffico di droga. Arresti recenti, arresti eccellenti
L’arresto di Addis è l’ennesimo arresto pesante tra i fascisti per traffico di droga. A Capodanno, per esempio, Giuliano Castellino, noto neofascista romano, è stato fermato dalla polizia. Sotto la sella del suo scooter, almeno secondo quanto riporta il Corriere della Sera, nascondeva un etto di cocaina (“per uso personale” ha dichiarato). Castellino, è stato celebrato con rito abbreviato, ed ha riconosciuto – a discrezione del giudice – l’uso personale della droga, nonostante che il quantitativo – se è vero quanto riferiscono varie fonti – fosse tutt’altro che modico.
A ottobre dello scorso anno era stato arrestato nei pressi di Guidonia un altro fascista, Franco Beccera, detto anche ”Franco il Nero”, già conosciuto negli ambienti del traffico di sostanze stupefacenti ma anche in quelli degli ultras della Lazio e dei gruppi di estrema destra. Durante la perquisizione della sua abitazione, secondo alcune fonti locali, Beccera si sarebbe dimostrato subito collaborativo e non avrebbe esitato a consegnare agli agenti circa 20 grammi di cocaina contenuti all’interno di un guanto da motociclista. Nell’abitazione è stato sequestrato anche un bilancino di precisione usato per la pesatura delle dosi.
A novembre del 2012, in una grossa operazione antidroga era finito in carcere Emanuele Macchi di Cellere, detto “Lele”, un altro fascista “pesante” ritenuto un “intellettuale di area”. Il pariolino Machi Di Cellere, ex militante di Terza posizione e del Movimento Rivoluzionario Popolare (ennesimo tentativo di mettere in piedi un gruppo armato rosso-bruno) era stato arrestato a Genova dai carabinieri, al termine di una grossa operazione antidroga che ha portato al sequestro di 165 chili di cocaina arrivati da Santo Domingo (la stessa provenienza del colpaccio di chili e chili di cocaina rivenuti nel trolley della Dama Bianca, la bionda accompagnatrice di Berlusconi nei viaggi di stato). Di Cellere, nonostante fosse state beccato con 160 chili di cocaina (fosse capitato a chiunque altro avrebbero buttato via la chiave della cella), era stato invece posto quasi subito agli arresti domiciliari a Ostia. Luogo da cui era evaso facilmente per essere però ribeccato di nuovo in Costa Azzurra nel settembre del 2014. Proprio a Ostia, tra l’altro, era arruolato nel clan Fasciani un altro fascista ex Nar, Alberto Picari, era stato arrestato nel 2009 con il resto della banda nell’operazione antidroga denominata Los Moros.
A maggio del 2013, a Milano, nella stessa macchina vengono fermati dalla polizia Domenico Bosa, conosciuto come Mimmo Hammer, noto esponente dei neofascisti milanesi, e Salvatore Geraci. Entrambi sono personaggi noti alle autorità investigative. Domenico Bosa è stato più volte fermato assieme a Stefano Del Miglio e Giacomo Pedrazzoli, due neofascisti milanesi coinvolti nel 2004 nell’assalto armato al centro sociale Conchetta. Salvatore Geraci, invece, viene segnalato dalla polizia giudiziaria per essere “un pluripregiudicato per rapina, sequestro di persona, armi e droga”. I due vengono fermati in macchina, identificati e lasciati ripartire. Ma l’identificazione è il filo conduttore di un’inchiesta, anzi due, che hanno avuto sviluppi recenti e significativi nella conferma delle connessioni tra fascisti, criminalità organizzata e traffico di droga. La prima inchiesta, condotta dal Gico della Guardia di Finanza, è stata, chiusa nel dicembre 2013, e certifica i rapporti tra Domenico Bosa (che però non è indagato nell’inchiesta) e il narcotrafficante montenegrino Milutin Todorovic. Quest’ultimo, a sua volta, è in contatto con la ‘ndrangheta del boss Pepè Flachi. La seconda inchiesta, chiusa invece il 24 marzo 2014, ha portato in carcere Dragomir Petrovic detto Draga, un malavitoso serbo già noto per la strage al ristorante La Strega di via Moncucco (1979). Dall’ordinanza d’arresto firmata dal gip Chiara Valori emergono, netti, i rapporti tra Draga e lo stesso Salvatore Geraci (l’uomo fermato in macchina insieme a Domenico Bosa) nel pianificare partite da centinaia di chili di droga. Le due inchieste hanno portato ad una ventina di arresti e squarciato il velo su una parte rilevante della nuova malavita milanese. Ma il traffico di armi e droga, anche in questo caso, si incrocia in più punti con gli ambienti neofascisti milanesi.
A ottobre del 2008 i Carabinieri, hanno arrestato invece Angelo Manfrin, attivo in una rete di spaccio che aveva basi a Rovigo, Ferrara e Modena, oltre che a Verona, Padova e Milano . Angelo Manfrin, 64 anni, è un notissimo neofascista dei Nar, condannato nell’aprile 1990 dalla Corte d’Assise d’Appello di Venezia per associazione per delinquere, in concorso anche con Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Ora e’ risultato essere l’organizzatore di un vasto traffico di droga destinata ai mercati veneto, emiliano e lombardo, nonchè di una capillare rete distributiva con basi in vari città. Manfrin si avvaleva soprattutto della complicità di un altro personaggio, Roberto Frigato, anch’egli noto esponente della destra. ex Ordine Nuovo, recentemente – sembra – legato alla Fiamma Tricolore.
Fascisti e spaccio di droga, una storia lunga
Dai verbali della Commissione parlamentare antimafia della XI legislatura, presieduta da Luciano Violante, il boss mafioso Tommaso Buscetta, nella dodicesima seduta della Commissione riferisce che il traffico di stupefacenti in Italia era iniziato solo nel 1978, benché fosse risaputa sin dalla relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, della VI legislatura, l’attività di narcotraffico della mafia siciliana strutturata da anni da Lucky Luciano in direzione degli gli Stati Uniti (la sola New York, negli anni ’50, necessitava di almeno 100 kg di eroina al giorno, fornita ai Gambino dai clan palermitani). La crescita del traffico di droga, rispetto al contrabbando, secondo Buscetta, costituì una vera e propria rottura epocale del sistema dei valori della mafia tradizionale, che implicò anche i principi dell’affiliazione, portando alla luce le famiglie più grosse e numerose, quelle che potevano contare su più parenti emigrati all’estero ed in Italia.
Il 1978 rimane dunque un anno decisivo, uno spartiacque temporale per il boom della diffusione dell’eroina nel nostro paese strettamente connesso alla storia dei movimenti e del conflitto sociale. Ed è anche l’anno in cui a Milano vengono uccisi due compagni, Fausto e Iaio, che stavano proprio facendo inchiesta sui legami tra fascisti e spaccio di eroina, sulle finalità di questa convergenza di interessi e sulle coperture di cui usufruivano. L’anno prima, il 1977, un ampio e combattivo movimento si era diffuso in tutte le principali aree metropolitane contro la politica dei sacrifici e il governo del compromesso storico Dc-Pci. Decine di manifestazioni, scontri, morti nelle piazze, il comizio di Lama contestato all’università di Roma, i primi vagiti dei gruppi clandestini della sinistra. Contro quel movimento fu scatenata una controffensiva violenta in cui gli apparati dello Stato misero in campo tutto l’armamentario di cui disponevano, inclusi i gruppi neofascisti e malavitosi (non a caso a Roma sono gli anni della crescita della “Banda della Magliana”). Lo spaccio massiccio di eroina “a prezzi stracciati” nei quartieri popolari e nei settori giovanili è parte di questa controffensiva. L’idea era stata elaborata solo qualche anno prima. A rivelarlo è un fascista interrogato per la Strage di Brescia, Roberto Cavallaro. Arrestato ed inquisito dalla magistratura nell’ambito dell’indagine sul fallito golpe, riferì agli organi inquirenti che, nel 1972, mentre si trovava in addestramento in Francia, apprese dell’esistenza di una operazione segreta della CIA in Italia, denominata Blue Moon, con l’obiettivo della diffusione delle sostanze stupefacenti a base di oppiacei tra i giovani delle principali città italiane e per sviluppare disgregazione sociale, con l’obiettivo di diffondere il consumo di droga negli ambienti sociali vicini all’area della contestazione studentesca, fiaccandone le velleità rivoluzionarie ed esaltandone gli istinti individualisti ed anarcoidi, come già era stato sperimentato con successo negli USA. L’operazione Blue Moon “era condotta in Italia dai servizi statunitensi utilizzando uomini e strutture che facevano capo alle rappresentanze ufficiali di quel paese in Italia.”
Insomma che i fascisti italiani vadano in giro a fare i verginelli appare decisamente fuori luogo. Hanno le mani in pasta con la criminalità organizzata a tutti i livelli e non solo nel traffico di stupefacenti (vedi l’inchiesta su mafia capitale). L’inchiesta prosegue. Lo dobbiamo a Fausto e Iaio.
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