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L’apologia della sozzura

Esso andava in culo, si deve dire stando all’altezza della trattazione di Ferrara, a chi una settimana prima era andato ad un altro appuntamento sempre a Milano per sentire giaculatorie bacchettone, per Ferrara ed i suoi bacchettoni al contrario, contro la libertà di comportamento sessuale e di lussuria del nostro premier, che lo stesso Ferrara e altri grandiosi anti intellettuali di peso, come Iva Zanicchi e di minor peso, come Piero Ostellino, già che ci stava a fare lui lì?, invece enfatizzavano.

Sull’Iva, in arte ex aquila di Ligonchio, passata da tanto tempo alla corte del reuccio di Arcore senza emettere più vocalizzi, in fondo l’unica cosa decente che sa fare, stendiamo un velo. Ostellino, columnist del Corrierone: ci si chiede appunto cosa ci stesse a fare lì? Ma per carità, non lo si capisce subito? Per la libertà, la libertà tout court di fare quello che si vuole. Anche il povero reuccio di Arcore può e deve fare quello che vuole. Infatti bisogna difendere da qualcuno – la magistratura – che repressiva e bastarda lo vuole incriminare quando compie reati. Ma a casa sua ognuno può sgozzare chi vuole. Non c’è il precedente della fiaba di Pollicino?

Ma lasciamo in pace i comprimari ed appuntiamoci sui leader. Ferrara non ha bisogno proprio di esser riscoperto. Ogni qual volta che c’è un po’ di fango da rimestare contro qualsiasi cosa che non piaccia a lui ed al reuccio eccolo pronto. Una presenza ingombrante ad ogni livello, da qualsiasi lato lo si prenda. Lo ricordo nel caso Englaro portare, con pochi altri idioti, l’acqua della vita sulle gradinate del Duomo di Milano. La povera Eluana doveva vivere con la sua acqua. Una bottiglietta dopo diciassette anni di agonia. Un gesto disgustoso. Cosi dalle pagine del suo giornale, un foglio che vende pochissime migliaia di copie al giorno, pagato con i soldi dello stato, cioè nostri, ed in parte dall’ex moglie del reuccio. Lui vero paladino – stavolta con Ostellino – della libertà d’impresa non si schifa ad allungare la mano per prendere la carità dallo stato per fare sopravvivere il suo giornalucolo.

E pubblica finalmente le sozzure più indecenti. I titoli li fa lui (?). Ed ecco il Vitiello di turno, docente universitario di Scienze della Comunicazione, cose di cinema dice nel suo sito, che si intitola naturalmente a Popper. Un pezzo che fa rabbrividire, in stile casual, inventivo. Ma come? Kant va a puttane anche lui e quindi non c’è scampo, dovrebbero saperlo i parrucconi alla Eco ecc., che vogliono parlare alle folle, ma che non lo sanno, oppure fanno finta di non saperlo. Prende spunto da un libriccino di Jean-Baptiste Botul, che come a volte solo i francesi sanno fare, in alcune conferenze, che chissà perché Vitiello dice mai tenute – e se fosse così sai che ufficialità avrebbe il tutto –facendo leva su frattaglie di testi e di lettere si inventa una vita sessuale di Kant che porta il furbo Ferrara a titolare Le Puttane di Kant. Ma si capisce, leggendo l’articolo che di quei servizi Kant non ne abbia goduto. Poi Vitiello passa a ricordare un intervento di un infoiato futurista, un minore, che trova in un libro di Vassalli, L’alcova elettrica, che, nel testo, voleva anche raffigurare l’infuriato Dino Campana che avrebbe voluto accoltellare Papini e Soffici che gli aveva perso il suo unico manoscritto, I canti orfici.

L’ultima citazione per rendere morali le sconcezze è quella di un manifesto futurista di Valentine de Saint-Point che tanto per stupire in un passaggio scrive: E’ normale che i vincitori – parlando in anticipo della guerra, l’11 gennaio del 1913 – selezionati dalla guerra, giungano fino allo stupro, nel paese conquistato, per ricreare la vita. E chissà se l’autrice ha avuto il beneficio di sottostare a tanta delizia? Manifesto ripreso anche dal Vassalli.

Ma se Vitello avesse voluto parlare in termini realistici di prostituzione, dato che era da quelle parti, avrebbe potuto almeno fare riferimento ad una poesia proprio di Campana: Ad una troia dagli occhi ferrigni. Ma già, quella poesia è tremenda e tragica. L’amore mercenario ha sicuramente aspetti tragici.

No, nell’operazione Ferrara con annessi e connessi, si vuole difendere solo un tipo di amore mercenario, quello praticato da Berlusconi che si può permettere di fare regali molto costosi, di portare anche in Parlamento o consiglio regionale – ed ecco il virginale Formigoni in platea, appunto – che scambia il suo letto con l’anticamera di Palazzo Chigi. Tutte in fila dopo aver satollato il satiro, attendere un posto in politica. Minorenni, maggiorenni, giovani comunque. Una corte da caduta dell’impero romano.

Il paese va a puttane, ed allora che male c’è se anche il suo premier ci va? Anche una citazione di Kant, estrapolata da un contesto inventivo in cui solo i francesi sanno fare a volte – filosofia, sociologia, psicologia, non si sa; una briciola che serve come leva al cinghiale di turno per soffiare dal naso le ghiande che sta mangiando da una vita. Ghiande non sue, che trova sul terreno che altri coltivano e che lui continuante trova con le sue zanne. Rovistando tra il fogliame, tra le foglie marce, marce come lui.

* da www.resistenze.org

 

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