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Berlusconi gioca la carta dell’economia

“Io sono un combattente, e quando perdo triplico le forze” dice a tardissima serata Berlusconi da Bucarest dove i risultati elettorali hanno dichiarato un brusco stop al suo ciclo. Il Cavaliere vuole dimostrare che non è tipo da arrendersi e tra i suoi fedelissimi c’è chi è pronto a giurare che la controffensiva comincerà già da oggi, puntando sulla riforma fiscale, dunque una “strambata” in campo economico da annunciare nel giorno in cui il governatore uscente della Banca d’Italia tiene la sua relazione annuale, e che i risultati elettorali hanno reso più che necessaria visto che, sondaggi alla mano, i voti che sono mancati sono stati proprio quelli del “popolo delle partite Iva”, degli autonomi e dei professionisti.

Nel prossimo futuro si potrebbe delineate una “sospensione” della forsennata tabella di marcia sui temi della giustizia e un cambiamento di priorità. Il governo Berlusconi potrebbe concentrare le carte da giocare soprattutto su fiscalità, infrastrutture e rilancio dell’economia (con qualche “legge mancia”, che dopo una sconfitta elettorale non guasta mai) e sulla normalizzazione interna del PdL in via di implosione. Dopo le dimissioni di Sandro Bondi, infatti, il premier potrebbe chiedere anche a Ignazio La Russa e Denis Verdini un passo indietro e affidare tutto il partito ad Angelino Alfano, con il chiaro compito di rilanciarlo e “rifondarlo”.
A inquietare però la controffensiva di Berlusconi rimane il rapporto con la Lega. I dirigenti leghisti sono rimasti molto scossi dal risultato di ieri, e c’è chi giura che il colloquio tra Berlusconi e Umberto Bossi sia stato non freddo, ma addiritura “gelido”. Berlusconi avrebbe chiesto a Bossi di “stare uniti” e di “tirare fuori quegli attributi spesso sventolati” dal Senatur. Bossi ha fatto replicare a Maroni, uno dei leghisti più critici nei confronti della leadership di Berlusconi, che “il governo tiene” ma che serve “una spinta” all’azione dell’esecutivo. Una spinta, in economia, coincide quasi sempre con un’iniezione di denari, quindi al nodo gordiano della gestione di Tremonti e dove alla fine potrebbe essere proprio il ministro “con tutti i portafogli” a dover scegliere tra la tenuta dei conti pubblici prevista dai diktat dell’Unione Europea e gli appetiti di una coalizione di governo a rischio Caporetto.

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