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Cgil. Sciopero generale il 6 settembre contro la manovra

Francesco Piccioni
Le reazioni/ IL SILENZIO DEL PARTITO DEMOCRATICO
Un corteo di proteste padronali e governative contro una mobilitazione che piace a Idv e Prc

Una decisione presa rapidamente, nei tempi necessari (visto che il 6 settembre il parlamento inizia l’esame della «manovra») e che naturalmente la sinistra Cgil incassa come una propria vittoria. Altrettanto naturalmente, la reazione del governo e dei sindacati «complici» non poteva che essere rabbiosa, stizzita o monotona. Difficile qualificare altrimenti – ad esempio – le parole del robot-dichiaratore Daniele Capezzone: una evidente prova di irresponsabilità» su cui «resta da capire cosa abbia da dire Bersani».
Anche l’algido giovane leader di casa Agnelli, controllore di Fiat e quant’altro collegato, si è esibito – al meeting di Cl, a Rimini – in un discorso altamente profondo: «non credo che ci dobbiamo unire a loro», perché «questo è un momento in cui dobbiamo essere tutti uniti». Non avete letto male. Anche la retorica dei luoghi comuni a un certo punto inciampa nella diversità degli interessi e si rischia l’afasia. L’unità chiesta da Elkann serve «per risolvere seriamente quel che c’è da risolvere» e quindi – par di capire – dovrebbero essere i lavoratori (e i sindacati che cercano di rappresentarne gli interessi) a «unirsi» facendosi dire cosa fare dagli industriali e dalle banche. Il sospetto – diciamolo – è che «le cose da fare» sono «concrete» se coincidono con questi interessi, «sbagliate» se soddisfano quelli altrui. Come s’è visto nella recente vicenda Fiat, del resto.
Anche il ministro addetto allo smantellamento del «welfare» e delle tutele del lavoro – Maurizio Sacconi – usa la stessa argomentazione. «Rispetto» per una grande organizzazione, ma «lo sciopero è contraddittorio con la necessità di sostenere la crescita e l’occupazione». La sua teoria è semplice: «la conflittualità appartiene al tempo in cui si produce ricchezza e i lavoratori ritengono sia mal distribuita», ma ora «bisognerebbe far valere di più la disponibilità a costruire condizioni per gli investimenti e l’occupazione». In soldoni: è il tempo di tacere e lascia fare al manovratore – oltre che all’imprenditore – senza nemmeno chiederti quale futuro ti stanno cucinando.
Difficile distinguere questa impostazione discorsiva da quella dei sindacati «concorrenti» con la Cgil. Per Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, questo sciopero è «stucchevole» e – come Capezzone – manda a chiedere a Bersani cosa ne pensa. Stabilito che gli «scioperi danneggiano i lavoratori e le imprese», Bonanni preferisce le «proteste serali o di sabato»; un po’ dopolavoro, un po’ serata danzante. Idem per Luigi Angeletti, pari grado nella Uil, che anbrebbe ad «esercitare una pressione sulle forze parlamentari perché apportino tutte le modifiche che abbiamo chiesto». Anche se da ogni gesto del governo si vede che si va in tutt’altra direzione.
I due segretari generali, però, sono utilissimi a Roberto Formigoni, «governatore» lombardo che annusa l’aria di fine regime, per stigmatizzare questa mobilitazione. «Vedo che gli altri due sindacati hanno risposto picche in maniera dura. Da un sindacato è lecito aspettarsi proposte e controproposte, ma in genere lo sciopero è l’arma estrema». Qui, invece, sarebbe usato come «arma perventiva». Vuoi mettere una bella protesta dopo che la legge è stata approvata e non la si può più cambiare?
Detto sommessamente, dal Pd non sono arrivate – fino a sera – parole autorevoli. Solo Gero Grassi, deputato, ha preso parola per dirsi contrario alla scelta della Cgil.
Il sostegno politico esplicito è venuto dagli «extraparlamentari» di Rifondazione e da Di Pietro. Paolo Ferrero, nel giudicare la protesta «giusta e sacrosanta», annuncia anche «il pieno appoggio a questo importante appuntamento di lotta». L’immaginifico ex pm, nell’indicare nel solo governo (e Confindustria? non c’entra nulla?) il responsabile del malessere che sale dal paese, evoca la favola del lupo e dell’agnello, «in cui l’aggressore ha addirittura da ridire se l’agnello si lamenta». Tattica molto usata, sia nella politica interna che internazionale: potremmo chiamarla «vittimismo aggressivo», no?
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SINDACATI DI BASE
Incontro per decidere lo sciopero Critiche anche alla manovra del Pd

Anche i sindacati di base si riuniscno oggi per decidere mobilitazioni congiunte contro la manovra del governo, compreso lo sciopero generale. Ma nessuna differenza «strutturale» viene però rintracciata nella contro-manovra illustrata ieri dal Pd. In una nota, Paolo Leonardi, dell’esecutivo nazionale dell’Unione sindacale di base (Usb), spiega che «Le proposte di Bersani non cambiano di una virgola l’approccio tenuto finora di fronte alla crisi, di obbedienza cieca ai diktat dell’Unione Europea». Un giudizio molto duro che si concentra sulle decisioni imperative della Ue: «se non si capisce che la Ue non è la cura, ma la malattia, si continuerà a massacrare la gente e soprattutto i lavoratori dei vari paesi europei per rispondere ai mercati che gestiscono un massa di denaro dieci volte più grande del Pil mondiale; e che continuano a pretendere nuove immissioni di denaro fresco sul mercato, per speculare». «È un cane che si morde la coda; continueremo a fare manovre lacrime e sangue e a chiedere prestiti per pagare sul debito interessi che crescono ogni giorno, senza mai intaccare il debito stesso. Non c’è manovra alternativa se non si ragiona in termini di fuoriuscita da questa spirale. Servono azioni decise che rompano davvero con la speculazione, con gli interessi delle banche e i diktat della Ue. Per questo la parola d’ordine dello sciopero generale che sarà proclamato domani unitariamente dal sindacalismo conflittuale non può non essere soprattutto contro l’unione europea».

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INDIGNATI ITALIANI
La prova della piazza per il 10 settembre Poi pianteranno le tende a San Giovanni

Il presidio dei Viola e Indignati italiani contro l’approvazione di questa manovra «tutta sulle spalle dei cittadini, dei pensionati e dei lavoratori», è servito anche a definire scadenze concrete per le proteste contro il governo. Gli attivisti presenti hanno poi sottolineato che «questo è solo un preludio di un autunno si annuncia caldo». Il viola Gianfranco Mascia ha ricordato come «si stia programmando l’iniziativa Piazza Pulita per il 10 e 11 settembre. Con un corteo che partirà da piazza della Repubblica alle 14 del 10 settembre e si concluderà a piazza San Giovanni. Lì si organizzerà un accampamento stile ‘Indignados’ spagnoli con varie riunioni popolari divise per argomenti». Il testo di riferimento è l’appello pubblicato sul sito www.indignati.org e www.letteraviola.it, firmato già da Dario Fo, Oliviero Beha, Margherita Hack, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Gilioli e migliaia di altre personalità o singoli cittadini». «L’iniziativa non vuole avere nessuna paternità politica o associativa. Siamo semplicemente cittadini indignati che vogliamo dare un segnale chiaro a chi di dovere». L’idea è quella di piantare le tende in piazza S. Giovanni e «passare insieme la notte tra il 10 e l’11 con interventi musicali non-stop».

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La “contromanovra” della Cgil

na più equa distribuzione del carico fiscale, nessun taglio alle pensioni, un fondo per la crescita, la valorizzazione degli enti pubblici per offrire più servizi a costi razionalizzati. La «contromanovra» che la Cgil ha presentato ieri tocca tutti i temi caldi della crisi, e cerca soluzioni «mantenendo gli stessi saldi fissati dal governo», tiene a sottolineare la segretaria Susanna Camusso, «ma invertendo il segno e non facendo pagare tutto a chi ha già dato in termini di sacrifici e di corretto pagamento delle tasse». Ecco i punti salienti.

1) Un Piano strutturale di lotta all’evasione fiscale e al sommerso, contabilizzando preventivamente in Bilancio le quote di entrate da recuperare, coinvolgendo le istituzioni locali con poteri speciali.
2) Un’imposta ordinaria sulle Grandi Ricchezze, come in Francia (aliquota progressiva solo sulla quota che eccede gli 800 mila euro).
3) Un’imposta straordinaria sui Grandi Immobili il cui valore netto superi gli 800 mila euro, con aliquota fissa dell’1%, per l’anno 2012.
4) Un «contributo di solidarietà» su tutti i redditi, in ragione della «capacità contributiva», che sia equo e «straordinario» (un solo anno).
5) L’aumento della tassa di successione, cancellandone l’esclusione dei patrimoni redditizi: le risorse andranno reinvestite per i giovani.
6) Una sovrattassa straordinaria sui capitali già sanati con lo Scudo fiscale, ma non rientrati dall’estero (ben 60 su 95 miliardi), con un’imposizione aggiuntiva del 15% (oltre il 5% che già era stato previsto).
7) Istituire un Fondo per la crescita e l’innovazione.
8) Ridurre strutturalmente il fisco su redditi da pensione e lavoro.
9) La cancellazione dei tagli agli enti locali e l’allentamento del Patto di stabilità interno per gli investimenti in innovazione sociale (welfare e assistenza) e per le infrastrutture materiali e immateriali.
10) Razionalizzare i costi dei servizi pubblici e delle municipalizzate, non tagliandoli nè privatizzandoli («vietato dall’ultimo referendum», nota Camusso), ma accorpandoli su base regionale o per bacini.
11) Stralciare dalla manovra tutte le norme sul diritto del lavoro, contrattazione e relazioni industriali che, come più volte ribadito, restano materie che devono disciplinare le parti. In particolare, la Cgil chiede di stralciare l’articolo 8 su contratti, articolo 18 e accordi Fiat.
12) Stralciare l’articolo 9 della manovra, norma che travolge il collocamento obbligatorio dei disabili, creando dei reparti «ghetto».
13) Stralciare la norma che predispone la modifica dell’articolo 41 della Costituzione (quello sulla libertà d’impresa).
14) Stralciare la norma sulle festività nazionali civili, su cui la Cgil sta raccogliendo le firme per una petizione: «Il 25 aprile, l’1 maggio e il 2 giugno sono parte dell’indentità della nazione», dice Camusso.
15) Riaprire la stagione della contrattazione nel lavoro pubblico.
16) Ristabilire il criterio della flessibilità nel pensionamento.

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