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La vista corta di Bossi. Governo all’addio?

Non era difficile leggere i messaggi provenienti da numerosi settori dei “poteri forti”: Confindustria, banche e soprattutto Unione Europea. Dalla sua parte erano rimasti solo commercianti e appaltisti. Ma anche i primi sono stati delusi dall’aumento dell’Iva, i seconda dai tagli che per loro sono inferiori alla media, ma comunque “si sentono”.

Ora la Lega ne prende atto Con la stronzaggine che la caratterizza l’Italia è in crisi, noi facciamo la Padania), ma di fatto si dichiara pronta a staccare la spiena, unendo i propri voti a quelli di Pisanu e Formigoni, Martino e gli altri peones in cerca di nuova collocazione. Intanto per chiudere l’intera legislatura (nessuno vuole andare al voto con questa legge elettorale, ma soprattutto un “governo responsabile” avrà bisogno di tempo per preparare e applicare le ultriori “manovre” necessarie per ridisegnare i rapporti sociali tra le classi in questo paese).

Poi tutti liberi. L’uscita di scena di Berlusconi “sbloccherà” la politica italiana, nel frattempo ridotta a questione di amminstrazione locale, quasi come una “regione” all’interno di una Ue più ferrea nel controllo dall’alto. Avremo modo di approfondire nei prossimi giorni questo tema. Per ora la cronaca, come si dice. Che ci sembra abbastanza chiara. Anche senza intercettazioni.

 

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dal Sole 24 Ore

Bossi avverte la maggioranza: avanti fino al 2013? Mi sembra troppo lontano

di Celestina Dominelli

Avviso ai naviganti di Umberto Bossi. «Il governo per adesso va avanti, poi vediamo. Il 2013? Mi sembra troppo lontano». Il Senatur torna a sparigliare le carte mentre infuria il nuovo ciclone giudiziario che ha travolto Silvio Berlusconi. Così, dalle pendici del Monviso dove è arrivato per la consueta cerimonia dell’ampolla, Bossi incorona il figlio Renzo per la successione. «Io verrò qui tutti gli anni e dopo di me verrà mio figlio che oggi ho portato qui». Ma soprattutto tiene la maggioranza sulla graticola e si lascia andare a una battuta sulla guerra del Cavaliere contro la procura di Napoli che vorrebbe ascoltarlo sul caso Tarantini. «Non va dai pm? Beato lui, risparmierà tempo se ci riesce». Poi tira un sospiro di sollievo, visibilmente affaticato, e aggiunge con un filo di voce. «A lui piacciono le donne». I pm però insistono, gli stanno alle calcagna, suggerisce qualche cronista. E Bossi risponde prontamente. «Le intercettazioni ci sono».

Bossi: l’Italia va a picco, bisogna preparare l’alternativa della Padania
Insomma, il leader della Lega non sembra stupito dei nuovi sviluppi giudiziari che investono il Cavaliere. Ora il Senatur ha altro per la testa, deve riconquistare il suo elettorato deluso. E, per farlo, il leader della Lega rispolvera il più classico dei leit motiv del repertorio del Carroccio. «L’Italia va giù ma noi non precipitiamo perchè abbiamo la Padania. Il Nord non muore», dice nel corso di un comizio a Paesana. Parole che riprendono il refrain offerto ai cronisti poco prima al suo arrivo sul Monviso. «Che l’Italia va a picco l’hanno capito tutti, perciò bisogna preparare qualcosa di alternativo: la Padania. Abbiamo visto quel che è accaduto al giro della Padania ma certi passi vanno fatti in favore della storia, quando la storia lo permette, altrimenti c’è il caos e si crea una guerra inaccettabile. Sapevamo che sarebbe finita male».

La gente attorno a lui grida «secessione, secessione», ma c’è un fotogramma che più di tutti disegna la fine dell’idillio tra Bossi e la sua gente. Succede tutto quando il Senatur giunge in auto per prendere parte al rito dell’ampolla. Ad accoglierlo ci sono un centinaio di sindaci piemontesi che protestano contro la manovra e che indossano le fasce tricolori. Il segno più efficace di una frattura ormai consumata e che spiazza il leader della Lega. Lui risponde con il segno delle corna e qualcuno capta anche un «corn…» lanciato all’indirizzo dei contestatori. Salvo poi promettere «che troveremo un sistema per aiutare i Comuni».

La difesa delle pensioni: la sinistra vuole toccarle ma la Lega dice no

Piccoli grandi segnali, insomma, di una crisi profonda che il numero uno del Carroccio tenta di risolvere agitando nuovamente il vessillo autonomista e rispolverando alcuni dei cavalli di battaglia dell’impegno leghista nei palazzi romani. L’asso nella manica è la difesa delle pensioni. «È un mondo alla rovescia – attacca -. C’è la sinistra che le vuole toccare ma la Lega dice no. Non si toccano le pensioni dei lavoratori». Certo, sottolinea ancora il Senatur, «ce l’aveva chiesto l’Europa ma era una cosa ingiusta e per questo ci siamo opposti». Sventola, invece, il numero uno della Lega, i contratti territoriali. Dice senza troppi giri di parole «che il federalismo e il contratto territoriale sono passaggi fondamentali che negli anni a venire spingeranno verso il cambiamento».

La sponda al premier: basta intercettare la gente
Poi il capitolo intercettazioni su cui il Senatur si era soffermato anche arrivando sul Monviso con un tono molto netto, lui che non si è mai davvero appassionato alla guerra di Berlusconi contro i magistrati. Ma in ballo questa volta non c’è solo il destino del presidente del Consiglio, a tremare è l’intera maggioranza per ciò che potrebbe ancora affiorare dalla montagna di intercettazioni che riguardano il Cavaliere. Ecco allora il Bossi-pensiero a favore dell’amico Silvio. «Bisogna finirla di intercettare la gente». La sponda, però, finisce qui. Il Senatur non ha infatti voglia di parlare dell’accelerazione che il Pdl vorrebbe imprimere per arrivare a un decreto sugli ascolti. «Non so niente, il presidente della Repubblica non lo vuole», taglia corto il numero uno del Carroccio.

Il Senatur incorona il figlio Renzo: meno male che c’è
E, prima dell’incoronazione ufficiale a Paesana, il Senatur aveva già elogiato il figlio Renzo proprio mentre nel Carroccio prosegue lo scontro tra il cerchio magico – i fedelissimi di Bossi – e gli uomini di Roberto Maroni, da sempre insofferenti verso il trattamento di favore riservato al figlio da Bossi. «Meno male che Renzo è stato con i nervi saldi», aggiunge il leader del Carroccio, spiegando che il figlio lo ha invitato alla cautela, in merito alle polemiche sul giro della Padania. «Io sarei intervenuto – prosegue Bossi – ma mio figlio Renzo è più cauto». Un riconoscimento che arriva nel bel mezzo della tempesta mediatica diretta contro la moglie del Senatur, Manuela Marrone, al centro di un articolo al vetriolo pubblicato da Panorama e che ha fatto andare su tutte le furie i vertici del Carroccio. Una vicenda su cui torna lo stesso Bossi dal Monviso. «Mia moglie non mi fa uscire di casa, figurati, sono degli stronzi, è un danneggiamento alla mia famiglia».

 

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dal Corriere della sera

Bossi: Italia a picco? C’è la Padania
Governo fino al 2013? Troppo lontano

MILANO – Umberto Bossi, molto affaticato e con una vistosa fasciatura al braccio, ha esordito salutando i militanti del Carroccio alla Festa dei popoli padani, a Pian del Re, sul Monviso. «Siamo venuti anche se un po’ acciaccati. Speriamo che l’acqua del Po ci porti fortuna». Il Senatùr ha poi raccolto l’ampolla d’acqua alle sorgenti del Po. La folla lo ha accolto con il coro «noi siamo l’esercito padano». «Lo so, lo so – ha risposto Bossi – ci sono milioni di persone che aspettano un segnale in tutte le regioni bagnate dal Po».

INTERCETTAZIONI – «Bisogna finire di intercettare la gente» risponde poi ai cronisti in merito al fatto se sia opportuno o meno realizzare un provvedimento sulle intercettazioni. A chi gli chiedeva, se ci fosse spazio per un decreto legge, Bossi si è limitato a dire: «Il presidente della Repubblica non vuole». Poi un passaggio al veleno sul ministro Brunetta. Prima lo definisce «il nano di Venezia» e poi afferma che «non capisce un c…».

I COMUNI – «Troveremo il sistema per aiutare i Comuni». Bossi ha replicato agli amministratori aderenti al movimento dei sindaci che venerdì mattina a Pian del Re hanno protestato contro i tagli della manovra in concomitanza con la festa dei popoli padani cominciata alla sorgente del Po dove è stata raccolta l’acqua che verrà versata domenica in laguna a Venezia. E, ai sindaci che protestavano con il Tricolore i giovani padani hanno consegnato un volantino con la scritta «Sindaco scegli il tuo futuro! Schiavo e povero in Italia o ricco e libero in Padania? Con il Nord o con Roma». Sul volantino sono riportate anche alcune città con il numero di abitanti affiancato da quello dei dipendenti comunali.

LA PADANIA – «Milioni di persone aspettano solo che succeda qualcosa, un lampo, per mettersi in cammino», ha detto poi il Senatùr ai militanti in camicia verde che hanno più volte gridato «secessione, secessione», richieste a cui Bossi ha replicato: «Anche durante il giro della Padania abbiamo visto che certi passi vanno fatti in favore della storia, altrimenti c’è soltanto il caos. Poi il leader del Carroccio ha proseguito: «Come andava, che sarebbe finita male lo sapevamo: dopo la crisi il Nord non potrà permettersi più di continuare a mantenere tutto il Paese e l’assistenzialismo del Sud che garantisce a Roma di essere capitale. Il nord non muore. Certo se avesse una sua moneta… Ma potrebbe sopravvivere anche con l’euro. L’Italia va giù – ha aggiunto – ma noi abbiamo la Padania». «Ma – ha concluso – ci aspetta un anno positivo, un anno in cui la Padania va a disegnarsi con grande determinazione. Noi siamo buoni ed educati, lo avete visto anche durante il giro della Padania, qualcuno lo voleva fermare ma in quell’occasione occorreva stare con i nervi saldi e per fortuna che c’è mio figlio Renzo che ha tenuto i nervi calmi, se c’ero io forse poteva andare un po’ diversamente».

ASPETTANDO IL 2013 – «Il governo per adesso va avanti, poi vediamo». Lo ha detto il leader della Lega Nord, Umberto Bossi al termine di un comizio a Paesana, sottolineando che la scadenza naturale dell’esecutivo al 2013 «mi sembra troppo lontano». «Ora vi passo Roberto Calderoli che è il mio braccio destro a Roma» Bossi conclude a Paesana il suo comizio cedendo la parola al ministro della Semplificazione Roberto Calderoli. «È bravo ed è un grande lavoratore».

LE REAZIONI DELLA MAGGIORANZA – A stretto giro di posta, dal convegno del Pdl di Cortina il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi risponde a Bossi: «credo invece che il governo possa arrivare al 2013 e che sia nell’interesse del Paese che arrivi al 2013. Nessuno negli Usa come in tutti i Paesi di vecchia industrializzazione, ora in difficoltà, si sogna di desiderare la discontinuità politica». Gli fa eco il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli: «La crisi ora sarebbe diserzione». Il segretario del Pri Francesco Nucara, invece, fa un appello alle forze politiche perché aiutino «il presidente del Consiglio Berlusconi a liberarsi dalla Lega». E dice: «Mi pare che non sia chiaro che il problema non è Berlusconi, ma è la Lega e le sue velleità indipendentiste, dure a morire».

BERSANI – Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, arrivando alla Festa nazionale dell’Idv, risponde ai giornalisti sulle parole del leader della Lega, Umberto Bossi, sulla durata del governo: «È un bel po’ che dico che il governo non arriva al 2013 e vedo che cominciano a dirlo in diversi, anche qualcuno che dovrebbe saperlo: certamente Bossi ne sa più di me…».

Redazione Online

 

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da La Stampa

L’intesa tra i due risalirebbe al 30 maggio scorso Berlusconi di buonumore: “A Umberto ci penso io”

UGO MAGRI

ROMA
Umberto Bossi e Angela Merkel non hanno nulla in comune. Eppure tanto il fondatore della Lega quanto la Cancelliera di Germania sono offesi a morte col Cavaliere. Il primo per un articolo su «Panorama» che racconta la moglie del Senatùr presentando lui come uno zimbello laddove lei, Manuela Marrone, fa e disfa le trame della politica.
Chi se ne intende conferma: molto, effettivamente, ruota in Padania attorno a questa donna energica.

Ma non è questo il punto. Bossi crede che a ordinare il ritrattino della moglie «matrona, patrona e un po’ terrona» sia stato l’editore del newsmagazine, tal Berlusconi Silvio. Il quale fa tanto l’amico e poi, sotto sotto, manda i sicari a colpirlo negli affetti più profondi… Anche qui, la verità è più semplice, «Panorama» ha fatto un’inchiesta senza chiedere il permesso, Berlusconi «non c’entra un fico» convergono tutte le fonti interne mondadoriane. Il premier ha perfino diffuso una nota costernata per scagionarsi agli occhi dell’alleato. Tutto inutile, però. Con il passare delle ore l’ira di Bossi cresce anziché sbollire, come si è ben colto dai discorsi esagitati di ieri. Qualcuno poi è corso a sussurrargli nell’orecchio che Berlusconi ha stretto un patto segreto con Maroni per farlo fuori, addirittura gli hanno fornito la data presunta in cui fu stipulato l’accordo, il 30 maggio scorso durante una visita di Stato a Bucarest. Il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno si chiusero in una stanza, vi restarono un’ora a quattr’occhi e da quel giorno Bobo iniziò ad alzare la cresta dentro il partito. Che strano.

Quanto alla Merkel, anche lei disgustata da Silvio: poteva non leggere ciò che strillano i giornali tedeschi? In una telefonata con Tarantini, Berlusconi avrebbe detto cose «irriferibili» sul suo conto. Fonti berlinesi assicurano che Angela nemmeno ha voluto indagare a fondo sulle frasi esatte attribuite al nostro premier (tra l’altro sarebbe arduo tradurle dalla lingua di Dante a quella di Goethe). Aggiungono nella capitale tedesca che la Cancelliera vuole «guardare oltre» la vicenda, mica intende ritirare l’ambasciatore da Roma come certi ambienti del Pdl ieri temevano. Però incontrando personaggi autorevoli del nostro Paese, la Merkel non ha trattenuto in privato il giudizio seguente: «L’Italia deve cominciare a essere molto più seria». Si riferiva al premier, all’economia o a entrambe le cose?

Berlusconi, interpellato più volte dal suo entourage, nega di essersi mai sbilanciato sulla Merkel, «non mi ricordo affatto» giura. La famosa intercettazione con Tarantini non è ancora uscita e, incrociano le dita a Palazzo Chigi, mai uscirà dalle carte baresi, resterà annegata nei cassetti per carità di patria. Cosicché il Cavaliere non dovrà porgere alla Cancelliera delle scuse che, magari, gli verrebbero rifiutate. La preoccupazione principale del premier, in questo momento, è sopravvivere allo tsunami di porno-politica. Voleva contrattaccare con una conferenza stampa, bordate a destra e a manca; la sua lettera a più mani che viene pubblicata stamane dal «Foglio» è l’imbuto entro cui l’hanno convinto (Letta, Bonaiuti, gli stessi avvocati) e convogliare la sua ira.

Aspettiamoci tuttavia numeri da circo lunedì quando, invece di volare a New York, Berlusconi andrà in Tribunale a Milano per il processo Mills. Dicono che abbia rinunciato alla sessione Onu sulla Libia perché l’avevano messo in fondo alla lista degli iscritti a parlare; in verità pare resti in Italia perché ha qualche conto da regolare coi magistrati. Cicchitto anticipa il tema: «Siamo in un regime di illegalità prodotto da un nucleo di magistrati». Berlusconi lo svolgerà come sa fare lui.

Sbaglia però chi lo immagina in preda all’angoscia. Anzi, si mostra di ottimo umore. Garantisce ai deputati Pdl: «State sereni e tranquilli, arriveremo al 2013, a Bossi ci penso io». L’altra sera è andato ospite alla festa del parlamentare ed editore Angelucci nella villa sontuosa che fu della Loren sui Castelli Romani. Nessuno è risultato più allegro e gigione. Barzellette, aneddoti, si è perfino inginocchiato per celia davanti al padrone di casa. La serata ha avuto il suo top con meravigliosi fuochi d’artificio, inframmezzati da musiche di Strauss e di Morricone. Sono così tanto piaciuti al premier, che ha subito contattato la ditta per uno spettacolino in Sardegna, quando riceverà qualche leader straniero.

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