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La “strategia” dei pacchi bomba. Equitalia a Roma

L’esplosione in uno degli uffici della Capitale, in via Millevoi, in zona Cecchignola. L’ordigno era contenuto in un plico postale. Per ora non ci sono rivendicazioni. Il direttore dell’agenzia sarebbe rimasto ferito a una mano.

 

Il ferito si chiama Marco Cuccagna, 50 anni, è direttore generale della società pubblica di riscossione dei tributi dal settembre 2008. Sposato, due figli – si legge sul sito internet ufficiale della società – dal 2007 ha guidato come amministratore delegato Equitalia Cerit, la società di riscossione per le province di Firenze e Massa Carrara. Dal 2002 al 2007 Cuccagna ha ricoperto l’incarico di direttore dell’Ufficio pianificazione e controllo dell’Agenzia delle Entrate. Laureato in Economia e commercio all’Università La Sapienza di Roma, nel biennio 2001-2002 è stato Direttore amministrazione finanza e controllo di Immobiliare Rio Nuovo spa del Gruppo Deutsche bank. Dal 1999 al 2001 è stato responsabile della funzione pianificazione e controllo di Metropolis spa del Gruppo Ferrovie dello Stato. Dal 1995 al 1999 ha lavorato come responsabile della sede di Roma della Hyp Solutions Italia. Dal 1990 al 1995 ha svolto l’attività di controller per l’Iritecna/Fintecna spa. Dal 1986 al 1990, infine, ha lavorato nella divisione Audit dell’Arthur Andersen a Roma.

 

Equitalia – com’è noto – è la società pubblica della riscossione, l’ente cioè che ha il compito di recuperare le tasse non pagate. Da mesi Equitalia è al centro di proteste e manifestazioni. A guidare la società, che negli ultimi anni ha visto una riorganizzazione e un incremento degli incassi (nel 2010 sono stati recuperati quasi 9 miliardi di euro, il 15% in più rispetto al 2009, e il 2011 si preannuncia anche più fruttuoso) sono il direttore generale Marco Cuccagna, ferito oggi nell’attentato, e il presidente Attilio Befera.

Le proteste nel corso di quest’anno sono diventate via via più pesanti e si è verificato anche qualche episodio di aggressione nelle sedi regionali. Di recente il presidente del Palermo calcio aveva lanciato il ‘Movimento per la gente’ per protestare contro le «vessazioni», così le definisce l’imprenditore friulano, di Equitalia. È il movimento è stato ‘battezzato’ da personaggi pubblici, dall’attore Enrico Montesano al giornalista e politico Magdi Allam.

La regione che ha visto le proteste più accese è stata la Sardegna e con un ordine del giorno del consiglio ragionale, una ventina di giorni fa, si era deciso di passare alla riscossione diretta, in pratica ‘licenziando’ Equitalia dopo le manifestazioni che avevano visto insieme il popolo delle partite Iva, commercianti, artigiani, allevatori, agricoltori. Proteste dure anche in Piemonte e Calabria.

 

Proteste non solo nelle piazze ma anche dai palazzi. Se l’Idv aveva proposto una commissione di inchiesta, analoghe sollecitazioni erano arrivate anche dal Pdl (Guido Crosetto in particolare aveva parlato di «un potere senza uguali al mondo»). Attilio Befera, presidente di Equitalia ma anche direttore dell’Agenzia delle Entrate e riferimento numero uno per il fisco in Italia, è sceso più volte in campo negli ultimi tempi per difendere l’operato della società di riscossione, evidenziando che non è possibile assegnare a Equitalia «un improprio ruolo di ammortizzatore sociale, cercando di limitare l’azione di recupero coattivo, anzichè intervenire a monte sulle cause strutturali della crisi». Come dire, una volta fissate le regole vanno seguite, soprattutto per combattere l’evasione.

 

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Fin qui la notizia. “La pista”, come copione vuole da oltre 40 anni, è “anarchica”. Se c’è qualcosa che dovrebbe stupire è la ripetitività del copione: i personaggi non cambiano mai.

Il “pacco bomba” è infatti uno strumento “sicuro”; nel senso che chiunque può costruirlo, spedirlo e scriverci sopra qualsiasi cosa. Difficile indagare davvero e ricostruire la dinamica fino agli autori. E’ anche uno strumento odioso, perché mette in pericolo – oltre al destinatario – una lunga catena umana fatta di lavoratori (spedizionieri, postini, ecc). E’ insomma uno strumento che si attaglia perfettamente a chi non ha alcuna intenzione di assumersi la responsabilità politica di una certa azione; anzi, va benissimo proprio se l’intenzione dell’autore è attribuirlo a qualcun altro. Non richiede grandi organizzazioni alle spalle, né particolare coraggio. Anzi, un bel po’ di indifferenza – o peggio – per i lavortori che inconsapevolmente dovranno trasportare il “pacco” (il doppio senso è voluto…).

 

Ora siamo a una sequenza altrettanto prevedibile.

Il 7 dicembre il ministro dell’interno lancia “l’allarme terrorismo”, che qui in Italia significa “sappiamo che sta per succedere qualcosa che ci torna utile”

L’8 arriva in Germania un pacco bomba spedito dall’Italia; e si parla di “anarchici” immediatamente (la sigla è pronta lì da anni: Federazione anarchica iformale).

Il 9 tocca ad Equitalia, bersaglio di decine di proteste contro il fisco e non solo negli ultimi tempi (per le modalità con cui viene compiuto il “recupero crediti!, degne a volte dello sceriffo di Nottingham). Un “obiettivo perfetto” per santificare questo Stato, qualsiasi cosa faccia. Scattano come un sol uomo tutti i politici dichiaratori di professione (dopo l’assunzione dei pieni poteri da parte della troika Ue-Bce-Fmi non hanno in effetti molto di più da fare), seguono o anticipano in fitta schiera tutti i media italiani (quelli internazionali seguono per assoluta mancanza di fonti alternative).

E il gioco (politico) è fatto: guai a chi si azzarda a mettere in discussione la manovra e i suoi effetti. Le manifestazioni o i presìdi dei prossimi giorni sono avvisate: attenti, che prima vi pestiamo in piazza e poi vi metiamo anche in galera con accuse pesanti.

E infatti: “«La nostra considerazione è che contro Equitalia è andata in scena negli ultimi tempi una campagna denigratoria e di disinformazione. Non solo da parte di una certa stampa che ha prestato il fianco, ma anche portata avanti da politici di secondo piano». Lo ha detto il direttore centrale di Equitalia, Angelo Coco, davanti alla sede dell’Agenzia di riscossione dei tributi a Roma”.

La nostra impressione è che ci sia stato consegnato un governo “tecnico” pilotato dalle istituzioni internazionali, fatto di professori che parlano ottimamente l’inglese e qualche altra lingua in uso nei convegni internazionali. Ma che – per quanto riguarda il suo armamentario politico-poliziesco “preventivo” dei movimenti – sia rimasto terribilmente da “prima Repubblica”. Stile Federico Umberto D’Amato, per intendersi. In fondo il 12 dicembre c’è uno sciopero generale, “vero” solo per i metalmeccanici e qualche Camera del lavoro locale. E certe coincidenze sono tipiche di un paese che non si è mai defascistizzato davvero.

Il nostro modesto “vigilanza, compagni” ci sembra ancor più appropriato oggi. A partire dal consiglio che ci sembra sempre utile ripetere: “in questo scenario è bene non dare per scontato che le persone che ci si avvicinano siano sempre «gente dabbene»”.

 

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Lettera bomba colpisce Equitalia
Andrea Palladino

Ferito alla mano il direttore generale della sede romana. Attentati iniziati nel 2003 a Bologna
ROMA
Quando ha visto quel pacco diretto a lui, Mario Cuccagna, direttore generale di Equitalia, non ha esitato un attimo prima di aprirlo. Nessuno lo ha mai considerato un obiettivo sensibile, un fuzionario da proteggere. Ma quando l’esplosione gli ha reciso un dito, rischiando di accecarlo, forse in tanti hanno pensato che in fondo quell’esplosione era fin troppo prevedibile. Un attentato che può essere letto con tante chiavi, non sempre banali. Un salto di qualità dell’area insurrezionalista, che cerca il consenso popolare, puntando contro un ente che in pochissimi amano; oppure un segnale, ancora tutto da interpretare.
Equitalia è l’odiato riscossore dello stato, sotto accusa da anni per gli alti tassi che applica a chi non ha potuto pagare le imposte. In fondo parlare male della società pubblica che bussa alla porta chiedendo soldi che in questo momento nessuno ha è divenuto un po’ come sparare sulla croce rossa. Obiettivo semplice, dunque, e di alto effetto mediatico in un momento di crisi economica.
L’attentato di ieri è attribuibile a una sigla nebulosa, la Federazione anarchica informale. All’interno dell’ordigno gli artificeri hanno trovato un volantino firmato Federazione anarchica informale. La stessa organizzazione che giovedì scorso ha colpito in Germania, con una lettera bomba inviata al presidente della Deutsche Bank, Josef Ackermann. Una sigla nata, secondo le indagini, nel 2003, accompagnando – forse non a caso – l’epoca dell’euro. Un pacco esplosivo quello arrivato ad Equitalia che potrebbe far parte di un gruppo di tre spedizioni, secondo quanto annunciato dalla rivendicazione trovata in Germania. Se così fosse il terzo ordigno potrebbe esplodere nelle prossime ore.
Al di là della rivendicazione, le modalità, l’obiettivo e la vicinanza temporale con l’esplosione avvenuta l’altro ieri a Francoforte – intercettata in quel caso dalla polizia del Land – porta tutti gli investigatori a ritenere più che attendibile la provenienza anarchica. Il sistema finanziario, l’Europa delle lobby bancarie, i poteri forti sovranazionali sono stati, fin dall’esordio della sigla, l’obiettivo principale del gruppo.
L’episodio più eclatante nella storia della federazione informale fu il fallito attentato a Romano Prodi, nella sua veste di ex presidente della Commissione europea, e a Jean-Claude Trichet, che nel 2003 siedeva a capo della Banca Centrale Europea. Storicamente fu l’esordio per la sigla Fai, che nulla ha a che vedere con l’omonima sigla storica del movimento anarchico italiano. Nel 2004 la Federazione anarchica informale rivendica altri sette attentati contro la polizia, un allevamento di visoni, due agenzie interinali, il carcere di San Vittore a Milano, il sindacato della polizia penitenziaria e l’associazione nazionale dei carabinieri. L’invio degli ordigni esplosivi è poi proseguito con ritmo sostanzialmente costante negli ultimi cinque anni, colpendo sindacati, la Bocconi e caserme dei carabinieri. Le indagini fino a oggi poco hanno chiarito sulla reale consistenza del gruppo. Nel 2005 la Procura di Bologna arrestò sette persone, con l’accusa di essere i promotori di una organizzazione insurrezionalista. Tutti furono prosciolti nel 2010 dal Gup Pasquale Gianniti, dopo un’altra assoluzione arrivata, per fatti analoghi, dal Tribunale di Roma. Il giudice del riesame bolognese, respingendo gli arresti, aveva messo in dubbio la stessa esistenza del Fai insurrezionalista: «Non è in realtà dato sapere se detta struttura abbia effettivamente preso vita – scriveva nelle motivazioni il Riesame – né chi, eventualmente, si celi dietro essa o alle sigle federate».
Per l’Aisi, i servizi di sicurezza interni, la galassia insurrezionalista che graviterebbe attorno alla Fai è più attiva che mai: «Ha rappresentanto negli ultimi anni – scrivono gli analisti dell’intelligence italiana nella relazione annuale del 2010 – la principale minaccia anarco insurrezionalista». Un gruppo che, secondo l’Aisi, sarebbe composto da un migliaio di persone.

da “il manifesto” del 10 dicembre 2011

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