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12 dicembre. Ripristinare la verità sulla morte di Pinelli

Gli studenti dei collettivi studenteschi milanesi sono partiti questa mattina in corteo per ricordare in occasione del 12 dicembre le vittime della strage di piazza Fontana nel quarantaduesimo anniversario. Con una azione dimostrativa ma pertinente hanno cambiato, come ormai da tradizione, la targa intitolata dal Comune al ferroviere anarchico, Giuseppe Pinelli “morto” in Questura la notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969. La targa, sistemata fin dal 2006 di fronte alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, è stata coperta con un cartello con la scritta «Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, innocente ucciso vergognosamente nei locali della Questura di Milano. Noi non dimentichiamo. Non c’è futuro senza memoria». Firmato «le scuole contro fascismo e razzismo». La targa originale del Comune recita invece «Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, innocente morto tragicamente». Accanto alla targa è stato poi posto un altro cartello con la scritta «Nessun colpevole». Al Comune di Milano, la maggioranza di centrosinistra ha chiesto e ottenuto una riunione straordinaria del consiglio comunale sul tema con gli interventi del presidente dell’Aula Basilio Rizzo, del sindaco Giuliano Pisapia e del portavoce dell’associazione vittime della strage Carlo Arnoldi. Due ore, non di più. Perché poi il sindaco è atteso alla cerimonia ufficiale.

A Bologna invece in occasione del 12 settembre è in corso un presidio dei gruppi anarchici in piazza del Nettuno per ricordare l’anniversario della strage di Piazza Fontana. I manifestanti hanno esposto, sotto la pioggia, uno striscione con la scritta: “Oggi come allora stragi, bombe e repressione. Terrorista è lo Stato”. Nei pressi del presidio agenti di polizia in tenuta antisommossa. Questa mattina in città è però in programma anche l’udienza preliminare nei confronti di 27 persone legate all’attività del circolo anarchico Fuoriluogo di Bologna. Per loro l’ipotesi di accusa è di associazione per delinquere finalizzata all’eversione dell’ordine democratico, un’aggravante rigettata ad aprile dal Tribunale del riesame ma riconfermata in estate negli avvisi di fine indagine.

Una nota redazionale di Contropiano

Strage di Piazza Fontana. Quello tutti sapevano e che nessuno voleva dire

La pubblicazione due anni fa del quaderno di Contropiano “sulla strage lunga quarant’anni” è stato il tentativo – riuscito dal punto di vista politico ed editoriale – di chiarire a livello di massa (l’ultima occasione è stata sabato scorso ad Arezzo) quale sono stati il contesto, gli obiettivi e i protagonisti della strage di piazza Fontana. Il presupposto di partenza che abbiamo sostenuto in questi anni è che la verità giudiziaria sulla strage di stato non la sapremo mai più e che l’unica strada percorribile oggi è quella della verità storica e politica. Accetatta questa premessa non è possibile fare sconti a nessuno.

Una volta chiusa la stampa del quaderno, due anni fa, avevamo ricevuto da una fonte alcune informazioni “sensibili” delle audizioni del giudice Salvini davanti alla Commissione Parlamentari sulle Stragi nel 1997. Buona parte dei quei 21 minuti di sedute segrete della Commissione di cui il quaderno lamentava l’impossibilità di sapere, hanno avuto così la possibilità di essere riempiti.

Il quadro che ne emerge chiama direttamente in causa nella strategia delle stragi i servizi segreti militari USA, soprattutto quelli di stanza nella base del comando FTASE di Verona, i quali attraverso i loro agenti italiani (Digilio, Minetto, Soffiatti) agivano in modo coordinato con le cellule neofasciste di Ordine Nuovo e con gli apparati dello stato italiano nella “guerra sul fronte interno” contro i comunisti, i sindacati e i settori della DC recalcitranti a trasformare la “guerra fredda in guerra civile”. L’amerikano supervisore della rete degli uomini neri ha il nome di Joseph Luongo (insieme a lui c’era anche Leo Joseph Pagnotta) ed è l’agente che cooptò nella guerra di bassa intensità anche alcuni criminali nazisti come Karl Hass (con cui Longo si fa fotografare insieme in un matrimonio). Gli “uomini neri” cioè gli autori delle stragi non erano più di venticinque/trenta persone organizzati su cinque cellule collocate a Milano e quattro nel Nordest.

Insomma l’inchiesta del giudice Salvini ha portato alla luce tutto o gran parte di quello che c’era da sapere dietro e dopo la strage di Piazza Fontana sul piano giudiziario. Ma la sentenza del 2005 per un verso e la complice inerzia della politica (inclusi i partiti della sinistra eredi del PCI) dall’altro, hanno scientemente perseguito l’obiettivo di lasciare impunita la strage di Stato e di depistare l’attenzione su mille piste diverse che hanno confuso quella giusta. La verità sui mandanti era scomoda per il potere democristiano ma anche per l’opposizione che scelse il compromesso storico con la DC e la subalternità agli USA e alla NATO. Quando nel primo governo Prodi (1996-2001) ci fu la possibilità di fare chiarezza, prevalse la decisione di lasciare la verità seppellita negli archivi e in sentenze assolutorie. Di questo occorre essere consapevoli e da questo occorre partire per una battaglia di verità storica e politica sulla strage di Stato che non deve e non può fare sconti a nessuno. C’è da augurarsi che prenda corpo nel nostro paese un percorso attivo e collettivo che cominci a demolire la storia rovesciata in cui hanno cercato di manipolare la conoscenza storica e la verità politica nel nostro paese.

la redazione di Contropiano


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