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Art. 18. I dolori di Pd e Cgil, l’affondo dei “tecnici”

I problemi per il Pd (e la Cgil) stanno assumendo contorni e dimensioni devastanti. Il Pd, insieme al terzo polo casinian-finiano, è l’unico partito che sostenga senza riserve il governo, al punto da farlo identificare – nella propaganda legista e berlusconiana – come “un governo di sinistra”.

E non ci può essere cosa più esiziale di un governo tecnicamente di destra, che massacra il reddito (e i diritti acquisiti) della popolazione, fatto passare nella percezione comune per qualcosa “di sinistra”. E’ su queste basi, infatti, che da vent’anni a questa parte, hanno potuto costruire un movimento reazionario di massa. Che ora può esplodere senza più molti freni. Per venti anni, infatti, destra berlusconiana e centrosinistra si sono succeduti al governo secondo uno schema fisso: la destra se ne fregava dei conti pubblici, privilegiando le spese clientelari o le “grandi opere”, il centrosinistra si applicava al “risanamento strabico”, obbligando lavoratori e ceti polari a “sacrifici” sempre un poco più pesanti senza però nemmeno sfiorare gli interessi del blocco berlusconiano. La destra ha potuto dunque crescere avendo come alleato un centrosinistra composto e guidato da autentici idioti, passati senza nemmeno un briciolo di riflessione dall’”eurocomunismo” al liberismo concorrenziale.

Ora siamo all’assalto finale, preparato anche grazie a vampiri tecnocrati cresciuti sotto le bandiere “democratiche” (la stessa Fornero, oltre al solito Ichino), con al centro l’antico obiettivo dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.

Su questo punto la propaganda è martellante ma costretta a sparare cazzate senza né capo né coda. E’ infatti invisibile il legame tra possibilità di licenziare e “aiuto per i giovani”. Né si può credibilmente sostenere che “licenziando i padri” si assumeranno più giovani, visto che stanno allungando l’età pensionabile fino ai limite della morte fisica; chiudendo quindi le porte a qualsiasi possibilità di far entrare ondate di giovani nei posti di lavoro.

Eppure le due cose vengono pubblicamente sostenute nello stesso discorso.

E’ evidente anche che la licenziabilità non ha nulla a che vedere con “la crescita”, messa lì come argomentazione governativa particolarmente infame. E’ vero infatti che sono le imprese a chiedere da anni la licenziabilità individuale. Ma per tutt’altre ragioni.

L’art. 18 impedisce infatti loro di licenziare tutti i dipendenti considerati per il più vari motivi “poco redditizi”. L’elenco è lungo, ma ne diamo alcuni esempi a titolo indicativo: disabili (assunti grazie a una legge degli anni ’70 che obbligava a metterne al lavoro una quota), “inidonei” , quelli sche scioperano troppo e i sindacalisti conflittuali (fin qui protetti anche dall’art. 28).

L’ideale delle imprese è avere solo dipendenti in piena forma e obbedienti. Tutti gli altri sono “scarti” da scaricare altrove, anche se prodotti dall’impresa stessa (come gli inidonei), a cominciare dagli “anziani” e dai “rompicoglioni”.

A questo desiderio vuol venire incontro il governo. Ma questo significa anche la scomparsa del sindacato confederale, perché in relazioni industriali di questo tipo non c’è nulla che possa fare per “offrire un servizio” (“dare rappresentanza” sembra sinceramente eccessivo) ai lavoratori. E corpaccioni “complici” come quelli di Cgil, Cisl e Uil non sono certo riconvertibili alla ginnastica conflittuale durissima che si annuncia… La “durezza” della reazione di Susanna Camusso segnala l'”annusamento” di questo rischio.

L’ultima questione in ballo è quello della legittimità democratica di decisioni prese da un governo di “nominati” da poteri invisibili e votate da un parlamento di “nominati” da capipartito, che porterà per sempre come misura della sua indipendenza l’aver “garantito” che Ruby sembrava proprio la nipote di Mubarak.

Su questo punto si sta scuotendo anche l’Unità, organo ancora non del tutto addomesticato del Pd. Lo ha fatto oggi con questo articolo di Francesco Cundari, che riesce a centrare il problema pur dovendo ­ in modo molto evidente – tener conto delle compatibilità e dei condizionamenti pendenti sulla sua testata.

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Per toccare l`art.18 servono le elezioni

Francesco Cundari

L`intervista del ministro Elsa Fornero al Corriere della sera di ieri, e in particolare le sue dichiarazioni sulla possibilità di cancellare l`articolo 18, non pongono soltanto un problema di merito, ma anche di metodo.

Per non dire, più semplicemente, democratico.

Il governo Monti è nato infatti in condizioni eccezionali, per rispondere a un`emergenza finanziaria. E non è un caso. Ci voleva infatti una ragione molto stringente perché partiti che avevano affrontato la campagna elettorale su fronti contrapposti, e che si erano combattuti aspramente per tutta questa prima parte della legislatura, appoggiassero, insieme, un governo tecnico. Un governo chiamato ad assumere decisioni che incidono pesantemente sulla vita di ogni italiano, senza che nessuna delle forze politiche presenti in Parlamento ne abbia prima nemmeno lontanamente accennato agli elettori.

Non si tratta di una condizione che possa essere considerata fisiologica, e tanto meno auspicabile. A meno che non si vogliano contestare alla radice il principio democratico e l`intero edificio della democrazia liberale moderna.

Il fatto è che l`emergenza finanziaria non consentiva di perdere un minuto. Per questa ragione si è deciso di formare subito un governo in grado di prendere misure drastiche e di immediata efficacia. E per la stessa ragione si sono dovute accantonare misure alternative, migliori sul piano economico e sociale ma dai risultati più incerti o più lenti a manifestarsi. Al netto dei tanti miglioramenti che l`intervento della politica ha comunque ottenuto, molte delle scelte più dure assunte nella manovra si giustificano così e solo così.

Il senso di responsabilità delle forze politiche, però, non può che fermarsi qui, perché qui deve incontrare il senso di responsabilità del governo. Un governo che ora deve dimostrarsi capace di resistere alle molte interessate pressioni che in questo momento sta ricevendo, da una destra ansiosa di offrire ai suoi elettori delusi lo scalpo del sindacato, e prima ancora dai grandi giornali schierati a difesa degli interessi dei propri editori.

Un piccolo mondo industriale e finanziario che sogna un`uscita oligarchica dalla crisi economica, che lo garantisca dal rischio di doverne pagare il costo.

Nessuno, però, può illudersi di approfittare dell`emergenza finanziaria per costringere il Parlamento ad approvare scelte che con l`emergenza nulla hanno a che vedere, contro la volontà degli eletti e alle spalle degli elettori. Se la casa brucia, bisogna mordersi la lingua anche nei confronti di soccorritori ritardatari o inadeguati. Ma non si possono accettare, nemmeno in quel momento, i piromani.

Proporre oggi la cancellazione dell`articolo 18 significa gettare benzina sul fuoco. Nel pieno della crisi, con la manovra appena approvata che già colpisce duramente i lavoratori, togliere loro anche questa forma di tutela sarebbe un atto di fanatismo ideologico ai limiti dell`irresponsabilità. Un atto tanto più incomprensibile da parte di un governo che si regge anche sul sostegno del Partito democratico. E che dunque non può ignorare la posizione di ferma contrarietà a rimettere in discussione l`articolo 18 più volte chiaramente ribadita da Pier Luigi Bersani, anche in questi ultimi giorni.

Naturalmente può ben darsi che il governo Monti abbia elaborato e condiviso al suo interno un`idea diversa dello sviluppo economico, sociale e civile del Paese, e ritenga dunque indispensabile e prioritario, per uscire dalla crisi, togliere l`obbligo di reintegro per i lavoratori ingiustamente licenziati nelle imprese sopra i 15 dipendenti. Se così fosse, però, le regole della democrazia impongono di sottoporre prima una simile tesi agli elettori.

 

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L’intervista della Camusso al Corriere della sera, fiacca e disperata.

SULLE PENSIONI UN INTERVENTO FOLLE. GOVERNO SUPPONENTE

La stangata del governo Monti ha provocato la mobilitazione di tutti i sindacati, che cercano di dar voce alla protesta di lavoratori e pensionati. I motivi di questa opposizione durissima e di quella che cí sarà rispetto a ogni ipotesi di modifica dell`articolo 18 dello Statuto dei lavoratori li spiega il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.

Il governo dice che la manovra ha salvato l`Italia da una situazione dove erano a rischio i risparmi e le tredicesime. È d`accordo? «Vedo che si autoattribuiscono il ruolo di salvatori della Patria. La realtà è che la situazione era ed è grave, ma la ricetta giusta non è quella di Monti».

Perché? «Perché grava sui soliti noti: chi ha un reddito Irpef dichiarato, in genere medio basso. Perché punta a far cassa rapidamente su chi non può sottrarsi e non si è mai sottratto al Fisco. Determina recessione e quindi non mette affatto al riparo il Paese. Hanno solo preso tempo».

Servirà un`altra manovra? «Di sicuro, non c`è una spinta alla crescita. C`è invece l`impoverimento di gran parte del Paese, perché la logica è stata quella di trovare chi pagasse il prezzo del pareggio di bilancio».

Lei al posto di Monti che avrebbe fatto? «Lo abbiamo detto molte volte.

Avremmo introdotto forme serie di prelievo sulle grandi ricchezze e non misure così leggere che rasentano la trasparenza. Avremmo messo un sano tetto alle retribuzioni più alte e alla pluralità di incarichi pubblici e cumuli multipli tra stipendi e pensioni d`oro. E avremmo fatto cose più incisive sull`evasione, solo per fare qualche esempio».

La riforma delle pensioni è pesante.

Ma nell`opinione pubblica c`è anche la consapevolezza che è la conseguenza degli errori del passato. Non crede che nel `95 fu uno sbaglio, anche del sindacato, escludere dal contributivo, i lavoratori con più di 18 anni di servizio? «La Cgil già allora pensava che il contributivo pro quota potesse essere una soluzione e Sergio Cofferati lo disse pubblicamente. Oggi comunque tra i lavoratori e i pensionati che frequento io non c`è nessuno che trovi la riforma Fornero ragionevole.

C`è una straordinaria sottovalutazione e una supponenza impressionante da parte del governo nel non capire le conseguenze di questa riforma, che rappresenta un intervento brutale sui prossimi 6-7 anni per tante persone che non potranno accedere alla pensione e non avranno un sussidio. C`è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che, fatto da una donna, stupisce molto».

Ma come, si dice che Fornero ministro l`abbia voluto la Cgil, sbarrando la strada a Carlo Dell`Aringa…

«Non è vero. La Cgil non ha partecipato al totoministri e non ha posto veti di sorta. Ma mi interessa tornare sulle pensioni perché c`è una cosa che nessuno ha notato ed è gravissima».

Quale? «Nella riforma c`è una norma programmatica che affida a una commissione di studiare la possibilità che i lavoratori spostino una parte dei contributi previdenziali dal sistema pubblico alle assicurazioni private. Questa è una riforma per smontare il pilastro delle pensioni pubbliche. Quindi Fornero non tiri in ballo a sproposito Lama, perché lei ha fatto esattamente una riforma contro i suoi figli, anzi i suoi nipoti».

Mettere in sicurezza finanzia- ria le pensioni è un modo per garantire il pagamento delle stesse alle prossime generazioni.

«No, no, il sistema era già in sicurezza».

Non può negare che finora chi è andato col retributivo spesso ha ricevuto un regalo rispetto ai contributi versati.

«Guardi che il fondo lavoratori dipendenti è in attivo mentre le gestioni in passivo sono pagate coi contributi dei parasubordinati. Ha idea invece di che dramma sociale creerà questa riforma per i lavoratori dipendenti e i precari, determinando insicurezza e paure? Che senso ha tutto questo? Quello di regalare il sistema alle assicurazioni?».

Sta dicendo che Fornero lavora per le assicurazioni private? «Se guardo la manovra, sì. Ma un governo di tecnici non può pensare di trasformare il Welfare senza discuterne con nessuno».

Quasi quasi era meglio Berlusconi? «No, perché se siamo arrivati a questo punto è per colpa dei suoi governi. Ma ciò non significa che questo esecutivo possa fare qualsiasi cosa. Quando sento dire che bisogna riformare il ciclo della vita…, ma chi sono gli unti del signore pure loro?».

Meglio andare alle elezioni anticipate? «Questo governo è nato per affrontare un`emergenza. Trovo che ci sia un tratto autoritario nel voler dire che sarà il Brade riformatore del Paese, perché questo spetta alla politica».

Ci saranno altri scioperi? «Valuteremo con Cisl e Uil. Io sono per continuare la mobilitazione.

Non finisce qui. Contesto che si possa pensare che ci siano lavori che si possono fare fino a 70 anni.

Fornero scenda dalla cattedra: se la immagina una sala operatoria con infermieri settantenni? Si rende conto che c`è gente che si fa un mazzo così e non può farselo più nemmeno a 66 anni? Mica sono tutti banchieri. Invece, trattiamo la gente che va in pensione dopo 42 anni come se fossero dei profittatori mentre c`è a chi basta una legislatura».

Dopo le pensioni, tocca al mercato del lavoro. Fornero propone il contratto unico per i giovani, senza le tutele al 100% dell`articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

«Sarebbe un nuovo apartheid, a danno dei giovani. Se facciamo un`analisi della realtà, vediamo che la precarietà c`è soprattutto dove non si applica l`articolo 18, nelle piccole aziende. Quindi tutta questa discussione è fondata su un presupposto falso. Vogliamo combattere la precarietà? Si rialzi l`obbligo scolastico, si punti sull`apprendistato e si cancellino le 52 forme contrattuali atipiche».

Insomma per la Cgil l`articolo 18 resta un totem, come dice Fornero.

Ammetterà almeno che bisogna superare il dualismo del mercato del lavoro tra garantiti e precari.

«Non è un totem, ma una norma il tasso di, TITZMITAIR giovanile tratti atipici .er la Camusso da cancellare Ve la potete immaginare una sala operatoria con infermieri che imito settant`anni? Vedo che gli esponenti dell`esecutivo si autoattribuiscono il ruolo di salvatori della patria Io sono per continuare con la mobilitazione. Valuteremo cosa fare con Cisl e Uil Passera: non ci sarà una nuova manovra, avanti su liberalizzazioni e frequenze tv di civiltà. Vogliamo superare il dualismo? Lancio una sfida: facciamo costare il lavoro precario di più di quello a tempo indeterminato e scommettiamo che nessuno più dirà che il problema è l`articolo 18?».

Fornero dice che le donne non devono rivendicare compensazioni ma parità, anche nei lavori domestici.

È d`accordo? «Fornero dovrebbe intanto ripristinare la legge contro le dimissioni in bianco e farne una sulla paternità obbligatoria. Sarebbero passi in avanti concreti verso la parità».

Enrico Marro

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