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Provano il blitz sull’acqua

C’è un referendum, ci sono ventisei milioni di voti e c’è un vasto movimento che va dalle parrocchie ai centri sociali, pronto a mobilitarsi. Sull’altro fronte c’è quella precisa regola d’ingaggio arrivata da Bruxelles, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionale, che chiede – più o meno apertamente – di aprire, anzi, spalancare le porte dalle grandi corporation. Altro che Tobin Tax.

La fase due del governo Monti va dunque direttamente all’attacco dei beni comuni, mandando in avanscoperta pezzi importanti del governo. La voce più autorevole è senza dubbio Corrado Passera, ex Ad di banca Intesa, gruppo che ha molti interessi nella gestione degli acquedotti italiani. È lui il titolare del dossier privatizzazioni che il governo sta per discutere, dove – secondo rumors più che attendibili – entrerà il settore idrico, che lo stesso governo Berlusconi aveva momentaneamente accantonato dopo il risultato dei referendum di giugno. «Apertura dei mercati, lotta ai blocchi e alle rendite di posizione, aumento della concorrenza», ha annunciato il ministro dello sviluppo economico lunedì scorso, non escludendo nessun settore: «Procederemo con un decreto al mese», ha spiegato.
Ieri il ministro dell’ambiente Corrado Clini – dicastero direttamente coinvolto nel tema delle risorse idriche – è stato più diretto, anche se ha cercato di sfumare i contorni dell’imminente intervento: «Il costo dell’acqua oggi – ha detto il ministro – non corrisponde al servizio reso». Aumento delle tariffe, dunque, quando il secondo referendum ha stabilito con chiarezza l’abrogazione del profitto nella gestione dell’acqua, eliminando il 7% di remunerazione del capitale investito. Pur chiedendo genericamente di «rispettare il referendum», Clini ha poi spiegato che «la gestione dell’acqua come risorsa pubblica deve corrispondere alla valorizzazione del contenuto economico della gestione». Un principio diametralmente opposto all’autentico contenuto dei due quesiti votati il 12 e 13 giugno scorso. La stessa Corte Costituzionale, nell’ammettere i due referendum sull’acqua, affermò la chiara valenza del voto, che si opponeva alla mercificazione della gestione degli acquedotti.
Il vero pasdaran lanciato contro il voto di giugno è il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, che nella trasmissione Agorà su Rai 3 ha chiesto apertamente di riaprire la stagione della privatizzazione: «Il referendum sull’acqua – ha spiegato – è stato un mezzo imbroglio. Abbiamo esercitato un voto nei confronti delle municipalizzate. Non era sull’acqua, ma riguardava tutta una serie di liberalizzazioni di queste aziende. Sia chiaro l’acqua è e rimane un bene pubblico. È il servizio di distribuzione che va liberalizzato». Parole chiare, arrivate dall’ex consigliere economico del capogruppo del Pdl alla Camera.
Gianfranco Polillo ha un curriculum che racconta molto sul suo background politico. È direttore generale della Fondazione “Riformismo&Libertà”, think tank dei craxiani che hanno abbracciato fin dalla prima ora Forza Italia: da Maurizio Cicchitto (presidente della fondazione), a Margherita Boniver. All’interno del centro studi di Polillo ha un posto di rilievo anche Bruno Landi, ex presidente socialista della regione Lazio (fine anni ’80) ed oggi braccio destro del re di Malagrotta Manlio Cerroni.
Il programma di “Riformismo&Libertà” è annunciato con chiarezza nella home page del sito istituzionale: «Il capolavoro di Berlusconi nel 1994 è stato quello di costruire un nuovo soggetto politico, Forza Italia, che ha aggregato i moderati e i riformisti cattolici e laici dopo che la Dc, il Psi, il Psdi, il Pli e il Pri erano stati distrutti da mani pulite». Poco sorprende, dunque, l’estremismo liberista del sottosegretario all’Economia, alle dirette dipendenze di Monti.
La mobilitazione dei comitati è già partita da tempo, intuendo che dietro la mancata attuazione dei referendum vi fosse il chiaro disegno di tradire il voto. «Diciamo chiaramente a Monti, Passera, Catricalà e Polillo che non esiste nessuna liberalizzazione del servizio idrico che rispetti il voto referendario: il 12 e 13 giugno scorsi gli italiani hanno scelto in massa per la gestione pubblica dell’acqua e per la fuoriuscita degli interessi privati dal servizio idrico», spiega il Forum italiano. I movimenti intanto stanno avviando da diversi giorni la prima risposta concreta, con la campagna “Obbedienza civile”, chiedendo ai cittadini di decurtare dalle bollette quella percentuale di profitto abrogata dai referendum. Lo scontro sul tema dei beni comuni si prepara poi per allargarsi all’intera Unione Europea, vero motore propulsivo delle privatizzazioni. Il 15 marzo a Marsiglia il Forum alternativo dell’acqua (Fame) unirà i movimenti sul tema dei beni comuni per una battaglia che si annuncia decisiva.

da “il manifesto”
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«Non esiste nessuna liberalizzazione del servizio idrico che rispetti il voto referendario». Questa la reazione del Forum italiano dei movimenti per l’acqua. «Non pensi il governo Monti, con la scusa di risanare il debito, di poter aggirare il voto referendario con trucchi e trucchetti. Saremo molto attenti alle prossime mosse sul fronte delle liberalizzazioni e non permetteremo che la volontà popolare venga abbattuta a colpi di decreto, di antitrust o di direttive europee», scrive il Forum, «l’applicazione dei referendum è la prima e la più urgente emergenza democratica nel nostro Paese. Per questo chiediamo un incontro urgente con il presidente del Consiglio, Mario Monti. E a tutte le realtà che hanno sostenuto i referendum e ai partiti che da fuori o dentro il Parlamento hanno dato indicazione per il sì ai referendum di giugno, chiediamo di prendere una netta posizione in difesa del voto democratico del popolo italiano».

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