Quello che era sembrato un confronto “in salita” è improvvisamente diventato una corsa in discesa e senza ostacoli. Quelli che venivano definiti “argomenti non disponibili alla trattativa” vengono ora scambiati tranquillamente con qualcosa che però non viene neppure detto.
E nessuno sa quale sia il motivo di un “passo avanti positivo”. Il destino di decine di milioni di persone, per oggi e per domani, viene gestito e manipolato come “cosa privata£ in mano a un pugno di psudo-sindacalisti che per storia personale ha già dimostrato di esser pronto a vendere qualsiasi conquista del movimento operaio da quando esiste.
Il documento-proposta del governo, che già ieri vi abbiamo fornito e qui alleghiamo di nuovo, è un pozzo nero in cui nulla viene salvato e ci consegna un futuro di precarietà e povertà per tutti. Il disegno? Poterci trattare come merce liquida, assumibile se serve, licenziabile quando non serviamo più, con una parvenza di “tutela” economica a breve termine e con pochi soldi (ma nessun diritto giuridico) per limitare al minimo risposte “disperate” da parte dei singoli lavoratori.
Alcuni articoli usciti stamani chiariscono bene il punto.
Il silenziatore sul confrontoFrancesco PiccioniConsegna del silenzio per tutte le parti sociali, all’uscita dell’incontro con Fornero. Ma il documento del governo disegna un mondo senza diritti e (quasi) senza tutele per i lavoratori Niente più cigs per le aziende che chiudono e mobilità sempre più corta. Nasce l’Aspi(de?)
Francesco Piccioni
Una giornata particolare. Ma Ettore Scola c’entra solo per quel sottile profumo di regime che emana ormai dai piani alti dei palazzi. Non è una forzatura. Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, uscendo dall’incontro, ha detto papale papale: «Abbiamo convenuto con il governo che i contenuti di questa conversazione rimarranno patrimonio di coloro che li hanno fatti». Bocche cucite, insomma. Il che non permette di pensar bene di quel che sta accadendo dentro quelle stanze, altrimenti sarebbe tutto un fiorir d’annunci gaudiosi e un po’ vanagloriosi.
Tanto più che mentre diceva questo, molti siti pubblicavano il testo originale – in «pdf» – della proposta del governo discussa al tavolo. O si tratta di una smagliatura pesante nel «circuito della sicurezza» governativa, oppure è una delimitazione circostanziata del terreno di gioco. da cui nessuno dei presenti può più, a questo punto, chiamarsi fuori.
Le dichiarazioni dei protagonisti, prima, per farsi un’idea del «clima» dopo la discussione. Il tema al centro dell’attenzione mediatica era comunque l’art. 18, cartina al tornasole di una scomparsa – oppure no – del soggetto sindacale nel futuro di questo paese. Ma la «ciccia» sul tavolo era anche più consistente. Andiamo con ordine.
Tutti – ed è un aspetto quasi preoccupante, avendo presente il testo – hanno detto che ora c’è un «clima positivo», «sono stati fatti fatti avanti», ecc. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil e fin qui – malgré soi – dipinta come la «signora No» della trattativa, usciva dicendo: «Diciamo che è ricominciato un confronto utile e costruttivo, mi pare stiano maturando cose positive e c’è l’impegno a costruire un sistema di tutele universali». Proveremo a vedere quali, avendo sott’occhio la bozza Fornero.
Art. 18. Per Bonanni «può essere ristrutturato, anche un grande partito come il Pd si è reso disponibile». Curioso, visto che il partito di Bersani non è una «parte sociale» ma uno dei partiti che sostengono il governo. Evidentemente serviva una «copertura» per la disponibilità mostrata già in mattinata dal segretario Cisl, da anni un «apripista» per qualsiasi accordo «a perdere» venga proposto dal governo in carica (faceva così con Berlusconi, Prodi e ora con Monti). In pratica, però, era un’apertura alla richiesta – comune a Fornero e Confindustria – di eliminare sia la parte che riguarda i licenziamenti individuali per motivi economici che quelli per motivi disciplinari. Resterebbe in vigore solo per quelli chiaramente «discriminatori»; ossia per ben pochi casi.
Contratti precari. Vengono «stretti i bulloni» per limitare gli «abusi», ma la macchina della precarietà resta in piedi alla grande. Il contratto a termine è quello che subirà le limitazioni maggiori, ma è anche quello da cui ci si attende «un incremento del costo contributivo destinato al finanziamento dell’Aspi (vedi sotto, ndr)». Idem dicasi per l’apprendistato («canale privilegiato d’accesso al mondo del lavoro»), i part time, il lavoro a chiamata,i co.co.pro., le partite Iva e l’«associzione in partecipazione con apporto di lavoro». Restano, non scompaiono. Vengono promessi più «controlli». E basta.
Ammortizzatori sociali. Qui «l’ecatombe sociale» intravista da Bonanni assume contorni danteschi. Ammesso e pure concesso che abbiano assunto «un ruolo improprio di sostituzione di uno strumento assistenziale di cui il paese è sprovvisto», la soluzione individuata è meno tutele, ma per tutti. La ratio ideologica non cambia: «separare la tutela sul posto di lavoro da quella sul mercato». Tradotto: devi essere licenziabile e «incentivato» a cercarti un altro lavoro. Per questo ci verranno tolti quasi tutti gli ammortizzatori sociali, secondo un dettagliato «programma di transizione» che – in tardissima serata – è stato nuovamente traguardato al 2017, anziché al 2015. Ma sono parole, è la «carta» a dover esser letta.
E la carta dice che – dal 2013 per il Centronord, dal 2014 per il Sud – scompariranno un mare di ammortizzatori di lunga durata. La cassa integrazione resterà solo per le crisi temporanee o per ristrutturazione, mentre sparisce quella «per cessazione di attività» (della durata di 2 anni, e riguarda direttamente noi de il manifesto), quella in deroga, ecc. La «mobilità» subisce un’amputazione pesantissima. A seconda delle fasce di età e di collocazione geografica, si riduce per tutti – dal 1 gennaio 2013 al 2016 – a un massimo di un anno per gli «under 55» e di 18 mesi per gli «over».
Tutto per portarla al livello dell’Aspi(de?) – assicurazione sociale per l’impiego – che a ragime sostituirà tutte queste forme per soli 12 mesi (18 per i «vecchietti»), con un tetto massimo di 1.119 euro (lordi). Una finezza conclusiva: viene abolito il limite minimo. Ci mancherebbe pure, pretendere un «minimo»…da “il manifesto”
Fornero: accordo sul lavoro la prossima settimana. Riforma ammortizzatori, a regime nel 2017
Sulla riforma del mercato del lavoro «il governo è relativamente pronto» e l’obiettivo «resta quello di un accordo con le parti sociali da realizzarsi entro il termine, entro il 23 marzo». Lo ha detto il ministro del Welfare, Elsa Fornero, nel corso di un’audizione in Senato, aggiungendo che il governo è pronto a «presentare proposte su un blocco complessivo della riforma del mercato del lavoro su 5 punti». Fornero ha precisato che questo «non vuol dire che abbiamo tutto blindato».
«Gli obiettivi – ha detto Fornero – rimangono quelli di un accordo con le parti sociali da realizzarsi entro il termine del 23 marzo, ma non è che ci impicchiamo all’albero. Penso che forse lo potremmo fare già la prossima settimana, non faccio uno sforzo di ottimismo di maniera, sono consapevole che ci sono molti problemi, ma conto che le parti tutte capiscano che questo dare oggi significa aprire per il domani. Noi per questo ci impegniamo. Il presidente Monti ha un impegno dal 25 e vogliamo che entro la sua partenza ci sia l’accordo».
Il ministro è tornato anche sulla polemica scaturita dall’utilizzo del termine «paccata» di soldi, che ha conquistato la rete finendo al centro dei commenti su Twitter. «Non si vede perché i soldi devono essere messi prima. Se c’è accordo si discute di tutto, se no il Governo fa la sua scelta e la finanzia». Fornero ha precisato: «Non volevo dire senza soldi niente accordo». «Noi come governo siamo relativamente pronti, ma questo non vuol dire – ha precisato ancora il ministro – che abbiamo tutto blindato. Siamo relativamente pronti a presentare proposte su blocco complessivo della riforma del mercato del lavoro su cinque punti: ordinamento contratti, sistema degli ammortizzatori sociali, flessibilità in uscita, politiche attive e servizi per il lavoro».
Oggi si sono incontrate le parti sociali: la riunione è durata quasi 5 ore. Sui contenuti è massimo riserbo. Anche se per i nuovi ammortizzatori sociali – secondo quanto trapelato da fonte sindacale – si potrebbe allungare il periodo di transizione, portando più in avanti la data di avvio e l’entrata a regime del nuovo sistema, rispetto al 2013-2015 indicato nella proposta di riforma del lavoro. Si valuterebbe l’entrata a regime nel 2017, come inizialmente ipotizzato.
Nuovo round con i sindacati. Angeletti: incontro utile
Intanto a fine terminata è terminato un nuovo round con i sindacati. Al centro dei colloqui il tema dell’articolo 18 e gli ammortizzatori sociali. «È stato un incontro utile, nei prossimi giorni gli incontri proseguiranno, non abbiamo stabilito quando e come. Abbiamo convenuto con il Governo che i contenuti di questa conversazione rimarranno patrimonio di coloro che li hanno fatti». Così il leader della Uil, Luigi Angeletti, al termine dell’incontro, durato l’intera mattinata. «Abbiamo preso l’impegno – ha spiegato Angeletti, all’uscita dal Ministero del lavoro – di non diffondere informazioni: stiamo facendo una trattativa. Le trattative non si fanno sui giornali», quando si sarà conclusa, ha aggiunto, «conoscerete i particolari». «Incontro utile – ha rimarcato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Non vi dico nulla di più».Bonanni: l’articolo 18 può essere ristrutturato
L’articolo 18 «può essere ristrutturato. Anche un grande partito come il Pd si è reso disponibile» a ragionare su alcuni aspetti. Così il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni nel corso della trasmissione di Rai 2 “L’Italia sul 2”. «Abusi e discriminazioni bisogna combatterli comunque. Fermo restando questo, l’articolo 18 può essere ristrutturato» ha specificato Bonanni facendo l’esempio dell’accelerazione dei tempi delle cause di lavoro. «Io penso che si può fare come in Germania – ha proseguito – il giudice in un tempo ridotto, con l’ausilio di un rappresentante dell’impresa e del lavoratore, decide se» ordinare «il reintegro nei casi più gravi oppure l’indennizzo nei casi meno gravi». Poi «ci sono i licenziamenti a carattere economico» ha proseguito Bonanni. Sul piano dei licenziamenti «individuali economici» a parere del segretario della Cisl «si può anche ricorrere a un sistema diverso dall’articolo 18 che peraltro andrebbe anche a favore del lavoratore il quale – ha spiegato – può essere inserito almeno nella mobilità diversamente da come oggi non avviene. Ho visto – ha concluso – che Confindustria capisce che è una proposta ragionevole».Camusso: stanno maturando cose positive
«Diciamo che è ricominciato un confronto utile e costruttivo, mi pare stiano maturando cose positive e c’è l’impegno a costruire un sistema di tutele universali». Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, intervistata da Giovanni Minoli per una puntata de ‘La Storia siamo Noi’ dedicata a Marco Biagi che andrà in onda questa sera alle 21 su Rai 2. Alla domanda se i tempi possano essere brevi, Camusso ha risposto: «Così dice il premier Monti, se ci sono le soluzioni i tempi possono essere brevi».Il ministro: ci sono abbastanza risorse per una buona riforma
Ci sono «abbastanza» risorse «per fare una buona riforma degli ammortizzatori sociali. Così questa mattina Fornero aveva risposto a Radio Anch’io. Su dove reperire le risorse, il ministro ha spiegato che «ci sono altri capitoli di spesa che possono essere ridotti e capitoli di entrata che possono essere adattati». Secondo il ministro bisogna «intervenire sulle tipologie dei contratti, magari non con l’accetta, ma rendendo più severi i controlli sugli abusi e incoraggiando forme contrattuali che riteniamo più virtuose». La volontà è quella di creare un «contratto che dovrà dominare gli altri: prevede l’entrata nel mercato del lavoro con l’apprendistato e una stabilizzazione. Si prevede poi una relativa e maggiore facilità di uscita». Il ministro ha quindi spiegato che il nuovo sussidio per la disoccupazione «non è mai inferiore all’assegno per mobilità» e quello dei 1.100 euro «è un tetto che sale con l’inflazione, non può ridursi, e questo è importante».Fornero: Posso capire la reazione di shock, ma serve al Paese
«Siccome i cambiamenti che abbiamo proposto non sono piccoli, posso capire che la reazione inizialmente sia stata uno shock, ma è uno shock positivo ed è quello che serve al Paese». Così Fornero, commenta le reazioni delle parti sociali alle proposte di riforma del mercato del lavoro. «Penso di sì», ha quindi risposto alla domanda sulla conferma della chiusura dell’accordo entro venerdì 23 marzo.Rete Imprese Italia: a queste condizioni non firmiamo
Nelle ore successive all’incontro Governo-parti sociali, parole pessimiste sulle prospettive di un accordo arrivano da Rete Imprese Italia: «Alle attuali condizioni non possiamo firmare, ma auspichiamo che l’illustrazione delle nostre posizioni, fatta con estrema chiarezza, venga valutata come merita dal ministro, e porti il Governo a proporre modifiche utili a un’evoluzione positiva delle questioni in campo, come del resto sta facendo nei confronti degli altri interlocutori di questo negoziato». L’ostacolo principale, spiega Rete Imprese, è costituito dal «pesante aggravio del costo del lavoro pari a circa 1,2 miliardi aggiuntivi l’anno solo per i nuovi ammortizzatori sociali».Esodati, soluzioni normative in tempi brevi
Nel pomeriggio, sempre nel corso dell’audizione al Senato, il ministro del lavoro riferisce sui punti chiave della trattiva in corso, ma accenna anche al problema dei cosiddetti esodati, altro tema calo sul tappeto in queste settimane. «Monitoriamo la situazione, consapevoli di situazioni di sofferenza», spiega, auspicando una soluzione normativa al problema di questi lavoratori «in tempi brevi». I numeri – ricorda – «sono stati anche superiori a quelli preventivati. Spero di riuscire a dare una normativa in tempi abbastanza brevi, al momento siamo stati impegnati soprattutto sulla riforma del mercato del lavoro».da Il Sole 24 Ore
Ma il suo “metodo” non convince neppure i padroni…
Dalle lacrime alla «paccata», ecco il metodo della professoressa Fornero
Ha esordito con le lacrime sulla riforma delle pensioni e ha finito bacchettando le parti sociali sull’altra riforma cruciale del suo mandato, quella per riscrivere le regole del mercato del lavoro «Senza intesa niente paccata di miliardi», ha detto ieri, con toni certamente inconsueti per un ministro di un governo dei professori che ha tentato di fare della sobrietà il proprio stile comunicativo. Una affermazione che su Twitter è diventata un cinguettio costante, tanto che l’hashtag #paccata è da ieri in cima alla classifica dei trending topic.
La titolare del Welfare, Elsa Fornero non è certo un ministro che le manda a dire. Anche il fatto che a molti italiani risulta antipatica, come lei stessa ha sostenuto («come ministro del Lavoro e delle Politiche sociali non godo di grande simpatia perchè devo fare sempre tagli»). Certo gli attuali inquilini di via Veneto non sono condomini facili. Come il suo viceministro Michel Martone che alla sua prima uscita pubblica, parlando di giovani e lavoro ha bacchettato chi si laurea tardi (dopo i 28 anni), apostrofandoli come “sfigati”. «La frase è stata infelice, però capita a tutti», ha detto Fornero. Commento giunto a distanza di giorni e dopo che si era tanto scherzato, sul presunto “mobbing” che la titolare del Welfare eserciterebbe sul suo giovane vice.
Interpellata sulle dichiarazioni del premier Monti sulla monotonia del posto fisso, ha risposto alle accuse di ipocrisia («troverà un lavoro “monotono” anche a noi?», incalzavano gli studenti») a proposito della figlia professoressa nella stessa università dei genitori: «Mia figlia è in grado di difendersi da sola e ne ha tutti i mezzi».
Femminista, ma non troppo, Elsa Fornero. Perchè se a gennaio scorso ha detto «non chiamatemi la Fornero» – un articolo, quel ‘la’, dal sapore maschilista – il ministro del Welfare ha poi liquidato le richieste di salario minimo di un gruppo di precarie con una frase, girata più sul web che sui quotidiani: «L’Italia è un Paese ricco di contraddizioni, che ha il sole per 9 mesi l’anno e con un reddito base la gente si adagerebbe, si siederebbe e mangerebbe pasta al pomodoro». Insomma mangia-spaghetti a tradimento.
Salvo poi scendere in campo contro la farfallina di Belen Rodriguez, esibita al festival di Sanremo. «Qualche volta – ha detto il ministro – mi sono sentita offesa per come viene trattata la donna in tv. La cosa migliore è cambiare canale o spegnere del tutto, che è più salutare».
Che il ministro confonda spesso l’aplomb istituzionale della carica pubblica e il suo ruolo di professoressa universitaria è un dato di fatto.
da Il SOle 24 Ore
Plaude anche il Corriere della sera, ovviamente.
Licenziamenti per motivi economici più facili
L’articolo 18 sarà scomposto. Tetto ai risarcimenti, arretrati per 24 mesi. Contratti: più contributi contro il precariato
ROMA – La riforma del mercato del lavoro prende forma. Ieri, in un vertice con i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il ministro Elsa Fornero ha illustrato la sua proposta sui licenziamenti. Il diritto al reintegro nel posto di lavoro previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resterebbe solo nel caso dei licenziamenti discriminatori. Per quelli per motivi economici ci sarebbe invece solo un indennizzo, mentre per quelli disciplinari sarebbe il giudice a decidere se il lavoratore debba essere reintegrato oppure indennizzato, sul modello tedesco. Si prevede inoltre un tetto al risarcimento in caso di reintegro, che dovrebbe essere di 24 mesi. Significa che se anche la sentenza arriva, per esempio, dopo 4 anni, il lavoratore ha diritto a non più di 2 anni di stipendio arretrato, ma i contributi per la pensione devono essere pagati dall’azienda per tutto il periodo. Si sta infine valutando come instaurare una procedura d’urgenza per i processi in materia di licenziamento.
Braccio di ferro
La proposta Fornero è giudicata troppo dura dai sindacati, che vogliono mantenere l’articolo 18 senza modifiche (reintegro) anche sui licenziamenti disciplinari. Contro questa richiesta è schierata la Confindustria, ma anche il Pdl. «Per noi la reintegrazione va eliminata. Demandare al giudice la scelta tra indennizzo e reintegro non è una soluzione, ma aggrava i problemi», dice Maurizio Sacconi. Sul fronte opposto il Pd sostiene la posizione dei sindacati, accettando al limite di togliere dal diritto al reintegro solo i licenziamenti per motivi economici oggettivi. Sabato, al convegno della Confindustria a Milano, ci saranno tutti i protagonisti della trattativa, compreso il premier Mario Monti, e si tenterà una prima stretta. Da martedì pomeriggio, a Palazzo Chigi, comincerà la non stop per arrivare all’accordo. Fornero e Monti ci puntano. L’intesa con sindacati e imprese metterebbe le norme al riparo da modifiche in Parlamento.
Il ministro del Lavoro ieri ha lanciato segnali distensivi verso i sindacati: «Non vogliamo consentire alle imprese di licenziare in maniera selvaggia, non è questo il nostro scopo». La Cgil comincerà da oggi le verifiche interne in vista di un possibile accordo. Ma a questo punto sono le associazioni imprenditoriali a preoccuparsi. La Confindustria teme alla fine sull’articolo 18 l’intervento minimo e intanto guarda con agitazione alle proposte sul riassetto dei contratti, che determinerebbero un irrigidimento delle norme e un aumento dei costi. Insostenibile per artigiani e commercianti, i più lontani dall’accordo.Il documento sui contratti
Anche questo è stato mandato da Fornero alle parti sociali, come quello sugli ammortizzatori sociali, illustrato ieri dal Corriere . Si compone di 5 pagine ed è intitolato: «Linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali». Obiettivo: «Rendere più dinamico il mercato del lavoro (…) contrastando al contempo il fenomeno della precarizzazione». Per questo ci vuole flessibilità in entrata e in uscita, rendendo «più adeguata la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, e in particolare di quelli per motivi economici». Molte le novità. Accanto al contratto a tempo indeterminato, che resta la forma normale di lavoro, il contratto di apprendistato diventerebbe il canale principale di ingresso al lavoro, mentre resterebbero 7 tipi di contratto a termine ma sarebbero più difficili da utilizzare.Apprendisti solo se l’azienda assume
Si parte dalla riforma Sacconi e si aggiungono alcuni correttivi. In particolare, si legge nel documento, si vuole «condizionare la facoltà di assumere tramite apprendisti al fatto che il datore di lavoro possa dar conto di una certa percentuale di conferme in servizio nel passato recente». Insomma le aziende potranno assumere apprendisti beneficiando del fortissime agevolazioni sui contributi solo se dimostreranno di avere stabilizzato a tempo indeterminato una parte di quelli assunti in precedenza. Inoltre la formazione dovrà essere certificata e garantita dalla «presenza obbligatoria del tutore».Contratto a termine più costoso
Ci sarà una «maggiorazione contributiva» (aliquota dell’1,4%) sui contratti a termine che l’azienda potrà recuperare, sotto forma di «premio di stabilizzazione», se assume il lavoratore a tempo indeterminato. Per «limitare il fenomeno della successione abusiva di contratti a termine» ci sarà «l’aumento dell’intervallo temporale» tra un contratto e l’altro. Verrà inoltre eliminato l’obbligo di impugnare il contratto a termine davanti al giudice entro 60 giorni dalla cessazione dello stesso e si ridurrà a 9 mesi il termine entro il quale proporre l’azione in giudizio».Più contributi sui co.co.pro.
Sui contratti a progetto verrà «introdotto un incremento dell’aliquota contributiva» all’Inps, così da proseguire l’«avvicinamento alle aliquote previste per il lavoro dipendente» (33%). Sarà inoltre eliminata la possibilità delle clausole che consentono il recesso del committente prima della scadenza del termine, anche in mancanza di giusta causa. Si propone anche «una definizione più stringente del progetto» e «l’abolizione del fuorviante concetto di programma».Stretta sulle partite Iva
«Per contrastarne l’abuso» Fornero pensa a «norme rivolte a far presumere, salvo prova contraria, il carattere coordinato e continuativo della collaborazione tutte le volte che duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno» e da essa il lavoratore ricavi «più del 75% dei corrispettivi» e comporti «una postazione di lavoro presso il committente».Bonifica delle associazioni in partecipazione
Potranno ricorrere a questa forma di lavoro solo le «piccole attività», fino a 5 persone, compreso l’associante, fatte salve le associazioni in ambito familiare. Inoltre va provata «l’effettività della partecipazione agli utili», altrimenti il rapporto di lavoro si trasforma in subordinato.Part time, job on call e voucher
Per ogni variazione di orario in attuazione delle «clausole elastiche del part-time» scatterà un «obbligo di comunicazione amministrativa». Stesso obbligo sul job on call ogni volta che l’azienda chiama il lavoratore. Infine si prevede di «restringere il campo di operatività» dei voucher.Resta l’indennità di mobilità
Rispetto al documento sugli ammortizzatori, nell’incontro di ieri, i sindacati avrebbero ottenuto da Fornero la disponibilità ad allungare la fase transitoria dal 2015 al 2016-17, prima dell’andata a regime del nuovo sistema. Nel quale, inoltre, dovrebbe sopravvivere l’indennità di mobilità che sussidierebbe il lavoratore terminata l’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione. Il tutto per accompagnare il più possibile i lavoratori espulsi dalle aziende in crisi vicino alla pensione. Il testo sugli ammortizzatori prevede comunque per i lavoratori anziani la possibilità di costituire, con accordi sindacati-imprese, fondi di solidarietà a carico delle aziende (sul modello del settore bancario) per consentire il prepensionamento con 4 anni di anticipo rispetto alle regole generali.Enrico Marro
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