Sarà un’assemblea dai contorni vaghi (come tutte le procedure interne di questo partito-movimento) in cui comunque il gruppo dirigente dovrà offrire ai malumori della base qualche testa più importante di quella del Trota Sacrificale. Il quale, stamattina, si è presentato silenziosissimo al Pirellone per presentare le sue annunciate dimissioni da consigliere regionale lombardo.
In pole position per rimettere a zero l’orologio del potere appare Rosy Mauro, l’indicamenticabile vice-presidente del Senato che approvava emendamenti senza nemmeno finire di nominarli (ovviamente sbagliando in modo grossolano la scelta, fino a far approvare emendamenti dell’opposizione). Travolta da un vortice dove berlusconianamente tutto si mescola: potere, soldi, sesso, ma nemmeno un briciolo di rock and roll.
Tutti prevedono che sarà Maroni ad assumere il ruolo centrale della Lega dei prossimi anni, anche se per ora impastoiato in un triumvirato insieme a Calderoli, uno dei boss del “cerchio magico” che dovrebbe in teoria esser spazzato via per far vedere che “sono state fatte le pulizie”.
Ma anche Maroni dovrà faticare per sbianchettare tutte le sciocchezze dichiarate quando era anche lui un fedelissimo del capo. Per esempio:
«Purtroppo non voto a Brescia, altrimenti voterei certamente Bossi, un nome una garanzia». Era il marzo del 2010 quando Maroni – addirittura in veste di ministro dell’interno – sposorizzava la candidatura del figlio del gran capo.
«Renzo ha deciso di non candidarsi nel ‘listino’, dove poteva avere un posto sicuro ma ha scelto di correre per farsi eleggere dalla gente con le preferenze. È una scelta molto apprezzabile e molto seria. La Lega premia quelli che lavorano, che si fanno valere e solo dopo si possono avere delle opportunità. Da noi funziona così. Renzo Bossi ha scelto di faticare e di guadagnarsi l’elezione al consiglio regionale rappresentando veramente i cittadini».
Grande Maroni, lui sì che ha il fiuto per i militanti duri e puri…
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Aldo
La nomina a senatrice da parte di Bossi della puledra Rosy Mauro, mi fa ricordare l’episodio dell’imperatore Caligola che nominò senatore anche il suo cavallo.
Bossi come Caligola