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25 Aprile: le nostre armi

Purtroppo e per fortuna. Perché da una parte c’è molto da difendere, ed è sostanziale – il risultato concreto della Resistenza contro l’occupazione nazi-fascista, che vive nella nostra Costituzione -, d’altro canto, però, la realtà ci costringe, come comunisti, a continuare ad imbracciare le nostre armi.    

Come l’arma della politica, in un momento storico in cui dalla crisi capitalistica vengono a galla i rigurgiti reazionari, con la sedicente “destra sociale” e il suo uso delle parole d’ordine del gergo fascista; come se la classe dei lavoratori avesse bisogno di questo. Così come si riaffacciano, ormai da troppo tempo, i rigurgiti di uno squadrismo armato che percorre le strade delle nostre città, dei nostri quartieri, delle nostre scuole, con la copertura di chi siede sulle poltrone istituzionali come, a Roma, il sindaco Alemanno e i suoi accoliti.

Da anni siamo costretti a vigilare con l’arma della cultura contro il revisionismo storico, che quando non ribalta i fatti alla luce di un rinnovato e sfacciato entusiasmo neo-fascista, si appropria delle figure e delle parole che hanno animato ed animano la lotta antifascista.

La polemica sul mancato invito alla manifestazione di Roma, in questo 25 aprile, ad Alemanno e Polverini, ruota attorno ad un presupposto inaccettabile, avallato anche questa volta dal presidente Napolitano – lo stesso che fiancheggia colpevolmente le politiche dell’Unione Europea contro i lavoratori e che asseconda lo stravolgimento della nostra Costituzione in nome del “pareggio di bilancio” – secondo cui il 25 aprile è “la festa di tutti”.

Sentendo sempre più forte la necessità di un nuovo antifascismo militante, è ora di ribadire con forza che il 25 aprile non è la festa di tutti. E’ la festa degli antifascisti di ieri e di oggi.

 

Rete dei Comunisti – Roma

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