Ci sarebbe “una parte della magistratura che utilizza la giustizia per combattere ed eliminare gli avversari politici che non si riescono a eliminare con il sistema democratico delle elezioni”.
Intanto, nel processo di Milano per i diritti tv “aggiustati” da Mediaset, il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale ha chiesto per lui, al termine della requisitoria, la conferma della sentenza di condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.
Il conflitto istituzionale ci sembra evidente e clamoroso. Un tre o quattro volte presidente del consiglio, appena rieletto deputato a capo della seconda coalizione in Parlamento, quindi con abitudine conclamata al potere esecutivo e a quello legislativo (e controlla forti quote del “quarto potere”, quello dei media) chiama i suoi sostenitori a una manifestazione di piazza contro la magistratura. Ovvero contro il “terzo potere”, delegato al controllo di legalità anche nei confronti degli altri due poteri costituzionali (oltre che dei semplici cittadini, ovviamente).
Lo fa con una tesi autodistruttiva, sul piano logico e costituzionale: “una parte della magistratura che utilizza la giustizia per combattere ed eliminare gli avversari politici che non si riescono a eliminare con il sistema democratico delle elezioni”.
Se infatti il terzo potere dello stato fosse davvero una “parte” del conflitto politico ordinario, non ci sarebbe soluzione possibile in ambito democratico. Bisognerebbe “estirparlo” e sostituirlo con una configurazione inevitabilmente succube degli altri due poteri (governo e parlamento), negandone definitivamente la “terzietà”, proprio perché ogni attività di indagine contro i rappresentanti dei primi due poteri sarebbe immediatamente “un atto politico ostile”. E infatti Berlusconi parla di “certa parte della magistratura” (quella che non può comprare, vien da pensare) come di un “cancro”. Roba con cui non si può certo “convivere”.
Messa così, solo un golpe potrebbe risolvere il problema.
Diciamoci la verità. A molti “rivoluzionari senza cultura istituzionale” (è una contraddizione in termini, ma in Italia è stata una categoria diffusissima, dentro e fuori il Pci, dal ’44 in poi), è a volte risultata “simpatico” questo atteggiamento berlusconiano di irrisione della magistratura in quanto tale. Come rivoluzionari, progressisti, sindacalisti più o meno radicali, infatti, ci siamo trovati spesso a fare i conti con giudici niente affatto “oggettivi”. Le ultime condanne o richieste di rinvio a giudizio per questioni di movimento (dai fatti del 15 ottobre 2011 alla resistenza No Tav in Val Susa) sono una conferma contro cui – come sempre – alziamo la bandiera della lotta. Da sempre, infatti, manifestiamo contro le sentenze della magistratura che ci appaiono eminentemente “politiche”. Ovvero contro chi contesta che l’ordine esistente, oltre che “legale”, sia anche “giusto”.
Detta altrimenti: secondo noi il potere giudiziario in quanto tale non è un potere “imparziale”, ma uno dei poteri repressivi sul piano politico.
Eppure il Berlusconi che invita a manifestare contro la magistratura ci appare – ci deve necessariamente apparire – come un nemico mortale. Perché?
Perché ragioniamo tenendo conto dei ruoli, delle divisioni di classe, degli interessi corrispondenti. Non ci basta davvero che uno inveisca contro (alcuni) giudici per considerarlo un “garantista”.
I “rivoluzionari” – i comunisti e non molti altri, negli ultimi due secoli – vedono nei magistrati il braccio legale dello Stato, della repressione, “dei padroni” (oggi delle multinazionali e della Troika).
Quelli come Berlusconi, al contrario, li considerano un limite al proprio strapotere, alla propria volontà di potenza, al proprio bisogno di “assolutismo” per cui tutti i poteri dello Stato dovrebbero essere al proprio personale servizio. Sono i reazionari, i fascisti di ogni tempo e luogo. Con cui non si parla, non ci si confronta. Ci si scontra.
Il “nemico del mio nemico”, insomma, non sempre può essere un “amico”. Detto questo, l’iniziativa berlusconiana – se mai avrà luogo – è un passo avanti verso l’apertura di un conflitto senza limiti e senza regole, per la definizione di nuovi limiti e regole. E’ l’apertura di un Vaso di Pandora cui sarebbe impossibile rimettere i coperchio. In piena crisi economica, in piena “tempesta perfetta” sul piano delle istituzioni.
La stranezza non è nell’atteggiamento di Berlusconi, ma nel silenzio degli altri protagonisti del teatrino della politica. Vecchi e nuovi. Tutti sotto la soglia delle difficoltà del tempo presente.
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rescueitalia
Non è la magistratura a perseguitare berlusconi. è silvio berlusconi che forse continua a commettere reati e quindi continua ad essere indagato. La lettera sull’IMU, il favoreggiamento della prostituzione, i diritti TV e molti altre azioni che forse non erano legali hanno comportato nei suoi confronti indagini della magistratura che ha il dovere di indagare. Ad esempio se un cittadino commette un reato e viene indagato e il giorno dopo commette un altro reato a suo carico si aprirà un altra indagine, e se costui continua a commettere reati, alla stessa maniera si apriranno altre indagini della magistratura. Ma questo non è un cittadino che è perseguitato dalla magistratura, è un cittadino che forse delinque. La manifestazione contro un Organo dello Stato come la Giustizia e i magistrati non dovrebbe essere permessa, poiché non si possono cambiare le regole che non vogliamo rispettare. Quando gli italiani si accorgeranno di essere sfruttati non per i loro interessi ma per gli interessi altrui? I processi non riguardano tutti i cittadini ma soltanto un cittadino che deve essere considerato uguale a tutti gli altri. “La legge è uguale per tutti” come c’è scritto nelle aule di tribunale e senza eccezioni come si vorrebbe fare oggi. Non cambiamo questa frase in “La legge è uguale per tutti ad esclusione di Silvio Berlusconi”.