perché due delle tre principali forze politiche (Berlusconi e Grillo) sono considerate “non affidabili” secondo i criteri dell’eurozona.
A scanso di equivoci, dunque, il nuovo presidente dell’Eurogruppo – l’olandese Jeroen Dijsselbloem – al termine dlel’incontro si è limitato a ricordare che «Ognuna delle parti interessate nella vicenda politica italiana deve contribuire alla stabilità dell’eurozona e rispettare gli accordi che abbiamo preso per mettere in sicurezza l’euro». Della serie: chiunque comandi, si farà quel che abbiamo già stabilito. E quindi la «stabilità dell’Eurozona e il rispetto degli accordi raggiunti su come affrontare la crisi saranno seguiti da qualunque governo: la responsabilità è nelle mani italiane, ed è lì che noi la lasciamo». Se qualcuno vuole sfasciare, lo dica e ne trarremo le conseguenze.
Dietro l’ostentata “fermezza”, però, si nota qualche scricchiolio di troppo nella “costruzione europea”. Proprio l’Olanda di Dijsselbloem, infatti, mostra insofferenza popolare verso il “rigore” e persino difficoltà nel rispettare i parametri di Maastricht per l’anno in corso. Il premier olandese Mark Rutte ha ufficializzato la scorsa settimana lo slittamento di un anno dell’obiettivo di riduzione del deficit di bilancio al di sotto del 3%. Tutto rinviato al 2014. «Abbiamo bisogno di portare l’economia olandese fuori dalla crisi», ha spiegato Rutte, usando la stessa argomentazione inutilmente opposta dai paesi Piigs per cercare di attenuare i diktat della Troika. Le previsioni di “crescita”, infatti, sono piuttosto cadaveriche: il deficit è stimato al 3,3% quest’anno e al 3,4% nel 2014, mentre il Pil – sceso dello 0,9% nel 2012 – è previsto ancora in calo dello 0,6% quest’anno. Due anni di recessione continuativa non sono uno scherzo neppure per u paese solido come quello dei tuilpani, dove infatti ha ripreso a crescere un fenomeno lì quasi sconosciuto: la disoccupazione (al 7,5%). Vero è che lo stock del debito pubblico non è altissimo (70,8% del Pil), ma comunque superiore al tetto del 60% previsto dai trattati di Maastricht. Tanto che Amsterdam potrebbe a breve perdere anch’essa la “Tripla A” nel giudizio delle agenzie di rating. Anche l’Olanda, insomma, deve rispettare il Fiscal Compact e iniziare a tagliare la spesa pubblica a partire da quest’anno. La differenza con l’Italia è tutta nelle quantità: l’Olanda deve fare “manovre” annuali, per venti anni, pari allo 0,5% del debito; l’Italia del 5% l’anno. Non è proprio la stessa cosa.
Il richiamo dell’Eurogruppo – che ufficialmente resta in attesa degli eventi – suona insomma come una messa in guardia da “colpi di testa” all’italiana. Il rischio è infatti il “contagio” del cosiddetto “euroscetticismo”, che coinvolge alcuni governi (come quello inglese) ma soprattutto una quota crescente delle popolazioni di diversi paesi. E persino nel partito di frau Merkel, nonché nella Confindustria tedesca, sta prendendo piede un “sentiment” negativo che parla esplicitamente di “doppio euro” per poter andare avanti.
L’equilibrio è diventato insomma altamentr instabile. Basta un soffio per avviare la slavina.
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