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Crisi politica. Tutti contro tutti, dentro e fuori i partiti

Tre piccoli giganti con le gambe rotte. I partiti che dominano e bloccano la politica parlamentare in questo momento sono da un mese in surplace e cominciano a sentire la fatica. Come accade nelle aggregazioni di interessi spuri, senza alcun collante che non sia il puro esercizio del potere, cominciano a dividersi. Gli outsider cercano visibilità e ruolo, gli onesti soffrono e i disonesti vedono occasioni d’oro.

I berlusconiani, che pure hanno un padrone certo, sono i più discreti. Al massimo c’è una Mara Carfagna che propone Emma Bonino presidente della Repubblica, facendo tremare pensionati, lavoratori, precari, statali e anche le donne. E un Brunetta che la smentisce. Ma sotto la calma il pentolone del centrodestra sembra in ebollizione, con un Alemanno disposto a tutto per giocarsi la rielezione a sindaco, fino a organizzare marcette nere con la scusa dei “due marò”, flirtando con CasaPound che vorrebbe “incursioni militari” – sono rimasti ai tempi dei “sommergibili rapidi e invisibili”, come se l’India fosse l’Abissinia – in barba alla Soprintendenza. Berlusconi tace, aspetta che “i dieci saggi” alzino bandiera bianca, guarda alla raffica di udienze e sentenze che lo aspettano in tribunale, e fa fatica ormai a individuare persino il soggetto che dovrebbe garantirgli l’agognato “salvacondotto” giudiziario.

Soffrono i neoeletti grillini, le cui divisioni diventano ogni giorno più circostanziate, mentre Grillo ormai è costretto a strigliare anche chi lo ha votato (una settimana fa definiva “troll pagati” quanti sul suo sito criticavano la chiusura netta a una fiducia a Bersani; ha cambiato idea…), mostrando l’inconsistenza di una visione politica basata tutta su una pretesa “alterità” senza progetto e coerente visione del mondo. Strappi individuali, per ora, o a piccolissimi gruppi, ma che certificano quanto l’empasse vada logorando una macchina pensata per volare rasoterra e improvvisamente ridotta a fare i conti con le manovre in palude.

I più scombiccherati sono però i piddini (di Vendola, ormai, non parla più nessuno). Non appena lo smacchiatore di giaguari è sembrato marcare un punticino – con l’ipoteca messa sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica – ecco che immediatamente Renzi lo mitraglia alle gambe chiedendo o un governo con Berlusconi oppure nuove elezioni. La chiacchiera a ruota libera del rottamatore suona sempre suadente, a orecchie ignoranti; ma dimentica per strada “piccoli” dettagli decisivi. Per esempio, chi dovrebbe sciogliere le Camere e indire nuove elezioni? Napolitano non può farlo, perché è addirittura alla fine del semestre bianco, il nuovo presidente ancora non ci può essere (la prima votazione è prevista per il 18 aprile). Quindi, di cosa va cianciando? Semplicemente della sua candidatura e nuovo segretario del Pd e quindi a candidato premier quando – a breve, questa è l’unica cosa sicura – si tornerà alle urne. Un altro genio della politica da cortile, tutto preso da se stesso come terminale di poteri poco chiari, senza alcun disegno dicibile che vada al di là dei prossimi 60 giorni.

120 deputati del Pd (quelli che fanno riferimento a lui e Veltroni, a proposito di geni incompresi) si preparano anche a sbarrare la strada alla nomina di Romano Prodi al Quirinale, in modo da esser certi che la segreteria uscente (Bersani a volte fa persino tenerezza…) non possa esibire alcune “successo” al momento della resa dei conti interna.

Questa è tutta “la politica” italiana. Che questo personale allo sbando possa presentarsi in Europa per “ridiscutere” l’impiano dell’Unione europea, sotto stress per la crisi e la gestione egocentrica della Germania, sembra decisamente da escludere.

La domanda è: ci si mette in moto o si aspetta che qualcuno trovi una “quadra” per fotterci meglio, così ci si può sfogare a dirgli maleparole?

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